Nelle cancellerie e nelle canoniche di tutto il mondo sta arrivando The Synodal Process Is a Pandora’s Box («Il processo sinodale è un vaso di Pandora: 100 domande e risposte»). E sta arrivando con un obiettivo ovvio: tentare di minare il processo sinodale che papa Francesco ha avviato. Mi ha sorpreso che gli autori non si siano fermati a 95 e che non abbiano inchiodato il testo alle porte di San Pietro.
Il mio collega Christopher White, corrispondente vaticano di NCR, ha spiegato lunedì l’origine del volume. Il libro è pubblicato da «Tradition, Family and Property» (Tradizione, Famiglia e Proprietà), un gruppo reazionario nato in Brasile nel 1960, che si è distinto per l’opposizione al Vaticano II e l’affinità con le giunte di destra.
Collezione di citazioni
Non sorprende che gli autori siano riusciti a ottenere un’introduzione al volume da parte del cardinale americano Raymond Burke, figura tragicomica della Chiesa di oggi, avvolto in vesti di seta annacquata e in una nostalgia malinconica per una Chiesa che non è mai esistita al di fuori della sua immaginazione.
Sebbene due membri di «Tradition, Family and Property» vengano indicati come autori, la maggior parte del libro consiste in una collezione di citazioni di altri autori:
- Padre Michael Nazir-Ali, ex vescovo anglicano di Rochester, in Inghilterra, e ora sacerdote cattolico;
- Gavin Ashenden, anch’egli ex ecclesiastico anglicano;
- Edward Pentin, corrispondente dal Vaticano per il National Catholic Register di EWTN;
- Gerald Murray, sacerdote dell’arcidiocesi di New York, ospite regolare della trasmissione di EWTN «The World Over with Raymond Arroyo»;
- Jayd Henricks, ex lobbista di punta della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti e ora direttore del gruppo Catholic Clergy and Laity for Renewal, che analizza i dati dei cellulari per incastrare i sacerdoti che utilizzano siti web moralmente problematici;
- Carl Olson, redattore del Catholic World Report, pubblicato dalla conservatrice Ignatius Press;
- il vescovo Robert Mutsaerts, ausiliare della diocesi olandese di S. Hertogenbosch, che ha già lasciato la maggior parte delle sue funzioni amministrative a causa di disaccordi con il suo ordinario.
L’elenco mostra quanto è evidente ormai da tempo: l’opposizione a Francesco è localizzata soprattutto nell’anglosfera ed esprime tutto il ripiegamento difensivo emerso tra cattolici cresciuti in una cultura non cattolica. Ovviamente ce ne sono altri di regioni diverse, come Sandro Magister, e tuttavia la maggior parte delle citazioni di opinioni e critiche raccolte nel volume sono di lingua inglese.
Non sono uno studioso e non pretendo di esserlo, ma vale la pena notare che nessuno dei personaggi citati si è distinto per una particolare competenza nell’ambito della teologia cattolica.
Amo i convertiti come chiunque altro, ma ammetto di trovare strano il fatto che Nazir-Ali e Ashenden abbiano vissuto la maggior parte della loro vita fuori dalla comunione con il vescovo di Roma, accettando posizioni e privilegi dentro una comunità ecclesiale con un’ecclesiologia molto diversa, per poi nuotare nel Tevere e dichiararsi più cattolici del papa.
Pentin e Murray sono i tipici portavoce di EWTN favorevoli a un particolare tipo di cristianesimo conservatore, e la rivista online di Olson è decisamente reazionaria. Non so nulla di Mutsaerts, se non che la sua devozione ai riti liturgici tridentini sembra averlo messo in opposizione a Francesco.
Cosa dice il libro
Cosa dice il libro? In una parola, sciocchezze. In una frase, sciocchezze datate.
Ci si chiede: «Possono un papa o un Sinodo di vescovi cambiare la dottrina o le strutture della Chiesa cattolica?». La risposta potrebbe essere stata scritta nel 1870. «No. Né il papa, né il Sinodo dei vescovi, né alcun altro organismo ecclesiastico o secolare ha l’autorità di cambiare la dottrina o le strutture della Chiesa, fissate e affidate in deposito dal suo divino Fondatore». La citazione è presa infatti dal Concilio Vaticano I.
Ora, io amo il Concilio Vaticano I e mi è piaciuto particolarmente recensire il libro magistrale di John Quinn Revered and Reviled: A Re-examination of Vatican Council I. Ma, a meno che non si sia familiari con il clima e il fervore ideologico dell’epoca, è difficile fare un copia-incolla di una citazione del Vaticano I e inserirla in una discussione sulla Chiesa del XXI secolo senza fare violenza alla storia e alla teologia.
A volte, il problema non è tanto lo sbandamento storico, ma l’incapacità di presumere la buona fede del papa, unita a un bizzarro bisogno degli autori di esibire le loro paure. Ad esempio, viene posta la domanda: «Cosa c’è dietro la proposta di “inclusione”?». Risponde Ashenden:
«Il trucco delle parole è facilmente spiegabile. L’associazione con l’essere esclusi è l’essere non amati. Poiché Dio è amore, ovviamente non vuole che nessuno sperimenti il non essere amato e quindi escluso; ergo Dio, che è amore, deve essere a favore di un’inclusione radicale. Di conseguenza, il linguaggio dell’inferno e del giudizio nel Nuovo Testamento non può che essere una forma di iperbole aberrante che non deve essere presa seriamente, perché l’idea di Dio come amore inclusivo ha la precedenza. E poiché questi due concetti sono in contraddizione tra loro, uno dei due deve sparire. L’inclusione rimane, il giudizio e l’inferno se ne vanno. Che è un altro modo per dire: “Gesù se ne va e Marx resta”. Questo viene poi applicato per rovesciare tutto l’insegnamento dogmatico ed etico della Chiesa».
Suppongo si tratti di un modo di interpretare i documenti preparatori. A mio giudizio, l’invito all’inclusione significava semplicemente che non si dovevano porre ostacoli non necessari davanti alle porte della Chiesa.
Trapelano preoccupazioni
Alcune domande sono talmente dirette, talmente aggressivo-passive, che non c’è bisogno di attendere la risposta. Ad esempio: «24. I promotori del Sinodo distinguono tra il ruolo attivo del Magistero e il ruolo passivo dei fedeli nello sviluppo organico del deposito della fede?»; e: «59. Ci sono secondi fini dietro il cammino sinodale tedesco?». L’equivalente della domanda del genitore arrabbiato al figlio adolescente: «Quindi, è questo che indosserai oggi?».
Trapela, inoltre, la preoccupazione che i prelati che sollevano questioni difficili in buona fede vengano puniti per aver disturbato le povere coscienze dei trogloditi. Si legge, ad esempio: «Colpisce l’assenza di qualsiasi rimprovero da parte delle autorità vaticane al cardinale Robert McElroy per il suo scandaloso articolo sulla rivista dei gesuiti America». Oppure, ancora: «Da parte sua, il cardinale [Jean-Claude] Hollerich è stato confermato nel ruolo decisivo di relatore generale del Sinodo anche dopo le sue dichiarazioni scandalose sulla necessità di cambiare il magistero della Chiesa sull’omosessualità».
Ora, io non sono d’accordo con alcune parti dell’articolo di McElroy su America e penso che Hollerich sottostimi quanto sarà difficile cambiare l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità. Ma, «scandaloso»? Ho l’impressione che questi oppositori del Sinodo si scandalizzino con troppa facilità. Non è chiaro poi perché sia l’omosessualità a costituire di solito la fonte delle loro paure più pervicaci.
Sorprende un po’ anche il fatto che gli autori si siano rivolti alla mitologia greca per il titolo di quest’opera. Evidentemente non riuscivano a trovare nelle sacre Scritture o nell’insegnamento magisteriale qualcosa che esprimesse pienamente le loro paure. Credo valga la pena di notare anche questo.
La paura che il Sinodo funzioni
Il volume di cui scriviamo non è l’unico attacco preventivo al Sinodo. Su Catholic Culture, Phil Lawler ha lanciato l’allarme in modo simile. Ecco come introduce un «esperimento mentale»: «Immaginate che in qualche modo un eretico dichiarato venga eletto papa». Questo, e quanto segue nel suo articolo, non ha alcuna somiglianza con quanto Francesco ha fatto o ha intenzione di fare. La rubrica di Lawler, come il libro di cui scriviamo, ha lo scopo di paralizzare il sinodo. E per farlo, non vengono lesinati attacchi personali per gettare discredito sul santo padre e sul suo carattere.
Coloro che muovono critiche in questo modo dovrebbero ricordare il Canone 1373: «Chi pubblicamente suscita rivalità e odi contro la Sede Apostolica o l’Ordinario per un atto di ufficio o di funzione ecclesiastica, oppure eccita alla disobbedienza nei loro confronti, sia punito con l’interdetto o altre giuste pene».
Il processo sinodale può sbagliare? Spero di no. E non credo che lo farà. Francesco non ha avuto paura di rifiutare la raccomandazione del Sinodo amazzonico di ordinare uomini maturi di provata virtù, i viri probati, davanti a una maggioranza che non rifletteva un consenso sinodale. Non trovo nulla in nessuno dei suoi scritti che suggerisca un’intenzione di rovesciare le dottrine fondamentali della Chiesa.
Se la Chiesa diventa più evangelica e meno rigida, più partecipata e meno distante, non è forse una buona cosa, a prescindere da ciò che il processo sinodale potrà decidere su qualsiasi questione particolare?
Questi pregiudizi, tuttavia, emergono non perché gli autori siano convinti che la sinodalità fallisca. Al contrario: sono terrorizzati dal fatto che possa avere successo. Questi estremisti di destra riconoscono che la maggior parte dei cattolici ama Francesco, anche nell’anglosfera. Sanno, nel profondo, che le persone non sono confuse dalla sua predilezione per la tenera misericordia di Dio. Sanno, nel profondo, che nessuno di noi dovrebbe giudicare i fratelli e le sorelle che vivono situazioni difficili. Sanno che quando la leadership è meno distante crimini orribili come l’insabbiamento degli abusi sessuali del clero hanno meno probabilità di verificarsi.
Sono infastiditi perché sono persone felici solo quando irritate, soddisfatte solo quando guardano gli altri dall’alto in basso, cacciatori di eresie che hanno scrutato il mondo così a lungo con un solo tipo di lenti da non riuscire più a distinguere la realtà dai loro occhiali. Non sopportano che qualcuno si intrometta nella loro ricerca di un senso distorto di punizione divina. Non vanno ascoltati, vanno compatiti.
Reprinted by permission of National Catholic Reporter Publishing Company, 115 E Armour Blvd, Kansas City, MO 64111 NCRonline.org. Qui l’originale inglese: «Conservative critics of the synod and Francis are embarrassing themselves», 13 settembre 2023.
Non sono riuscito a sapere se agli oppositori è stata data l’opportunità di partecipare al Sinodo, oppure no. Se fosse stata loro offerta questa opportunità ed essi avessero declinato l’invito, avrebbero torto marcio anche se solo alzassero dubitosamente un sopracciglio. Se non è stata data loro questa opportunità, allora il torto sta da questa parte. Come sappiamo Sinodo è “syn-odos”, fare una strada assieme. La strada, quando – per esempio – si va in montagna, la si fa con chi ha il passo veloce e chi ha il passo lento, con gli allenati e con i meno allenati.
Due anni fa, quando il Sinodo era in preparazione nelle diocesi, seppi che girava un questionario nella mia diocesi e mi chiesi come mai io non avessi l’opportunità di compilarlo. Me lo procurai, risposi, inviai. Riscontri? Nessuno. Ma non mi diedi per vinto. Scrissi alla segreteria del Sinodo. Non scrissi un cahier des doléances, ma un contributo per la riforma della chiesa che, fra altri aergomenti, prevedeva anche quello di una nuova concezione del sacerdozio ministeriale (rigorosamente maschile e celibe per il mondo cattolico romano d’occidente). Risposte,riscontri? Nulla. Qualche anno fa, dopo l’ennesima delusione dalla mia ricerca di dialogo con i Pastori, mi misi volontariamente in esilio. Il Sinodo mi fece tornare la voglia di riprendere il cammino, ma sono tornato alla conclusione di allora: quel mondo, quello al quale appartenni per sette anni come prete, è e rimane assolutamente autoreferenziale. Se la canta, se la suona e continua a ballare sulla tolda del Titanic.
Secondo me la montagna partorirà un topolino, nel senso che il tanto pubblicizzato evento del Sinodo finirà in un vuoto esercizio retorico, parole ,parole, parole . A quel punto si muoverà di autorità, come ha sempre fatto, il papa che imporrà la sua personale visione di Chiesa , e addio Sinodalità. Come nelle migliori tradizioni gesuitiche ,il Superiore comanda ,gli altri obbediscono o obbediranno. Tranne naturalmente quelli che sono esentati dall’ obbedienza, come padre Rupnik
Il termine progressismo (come pure modernismo, buonismo e simili), è stato coniato dai tradizionalisti al fine di distorcere la realtà e incolpare quanti si impegnano per incarnare la fede nella storia. Trattasi di una mistificazione. La vera opposizione non è tra progressisti e tradizionalisti, ma è tra chi vuole lealmente riformare la Chiesa e chi non vuole alcun rinnovamento serio e strutturale. E questo vale sia per Valdo, che per Lutero, sia per Erasmo da Rotterdam che per Rosmini, sia per Hans Küng che per papa Francesco. http://www.settimananews.it/chiesa/falsa-contrapposizione-quella-vera/
C’è un progressismo che vuole riformare la Chiesa mantenendola coerente con sé stessa. Ma c’è anche un progressismo che vuole fare a meno della Storia della Chiesa e fare a meno di ogni continuità
Se l’atmosfera che si respirerà nel sinodo sarà quella di quest’articolo o quella del libro che denigra allora stiamo freschi…
Tutto questo non mi stupisce. Personalmente sono convinto che il Sinodo non sia ancora iniziato. I vari sinodi nazionali e continentali – ai quali forse i citati protagonisti avranno partecipato – non sono altro che una pallida ombra di quello che può essere definito Sinodo (https://iltuttonelframmento.blogspot.com/2023/08/sul-sinodo-1.html e https://iltuttonelframmento.blogspot.com/2023/08/sul-sinodo-2.html). Gli oppositori al Sinodo alzano la testa perché hanno intuito che quello che inizierà ad ottobre prossimo e terminerà ad ottobre 2024 sarà il vero Sinodo.
Condivido la difesa del Papa e del processo sinodale. Quello che però aggiungere è che reputo ingiusta questa affermazione sui convertiti dall’anglicanesimo: “ammetto di trovare strano il fatto che Nazir-Ali e Ashenden abbiano vissuto la maggior parte della loro vita fuori dalla comunione con il vescovo di Roma, accettando posizioni e privilegi dentro una comunità ecclesiale con un’ecclesiologia molto diversa, per poi nuotare nel Tevere e dichiararsi più cattolici del papa.”. Perché squalificare il contributo che queste persone possono portare alla Chiesa con una frase del genere? Se non avessero voluto obbedire al Papa, non sarebbero entrati nella Chiesa Cattolica abbandonando peraltro la loro posizione – erano entrambi considerativi vescovi nella chiesa anglicana e Gavin Ashenden era anche cappellano della Regina, ora è un laico. Queste persone meritano di essere ascoltate anche in virtù del loro cammino, soprattutto se vogliamo capire dove ha sbagliato la chiesa anglicana, e come possiamo noi cattolici evitare gli stessi errori.
Ormai nella Chiesa si esiste ad una match calcistico con due opposte tifoserie, slogan e offese reciproche sono all’ordine del giorno e rimbalzano sui media. Entrambe le fazioni (ribattezzate progressisti e tradizionalisti) sono convinte di essere nel giusto e di beneficiare di una speciale assistenza divina. Che lo spirito “del mondo” sia profondamente penetrato nella mente e nei gesti della Chiesa, e di chi la rappresenta, lo testimonia proprio questa incapacità di dialogare con franchezza, intelligenza e rispetto. Se solo ci si fermasse un attimo a riflettere e a guardarci anche come ci guarda chi è esterno alla Chiesa, forse ci renderemo conto del tragicomico spettacolo che stiamo dando a beneficio innanzitutto delle telecamere e dei social media.
concordo: ormai è una guerra aperta per un poco di potere e popolarità, sia da parte dei tradizionalisti che dei progressisti
stiamo dando controtestimonianza