Il Sinodo, il poliedro e i suoi “spigoli”

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AP Photo/Andrew Medichini via Lapresse

Il poliedro ha degli spigoli e così ha sporgenze che sono frutto d’incastro ma possono pungere, mentre il documento del Sinodo nasce con la volontà di evitarli (cf. la Relazione di sintesi). Durante la sua lettura sembra di sentire il brusio educato e attutito da qualche parete insonorizzante dei padri e delle madri sinodali. Ma tutto questo fa fare un po’ di fatica a chi legge perché – si sa – nella comunità per questo Sinodo c’erano attese e paure.

Ora abbiamo tra le mani un documento che consapevolmente indica alcuni passi importanti, come il principio di revisione comunitaria rispetto all’operato del vescovo e del presbitero, ma che sembra più preoccupato di non urtare, mentre lascia solo intravvedere il nuovo, senza preoccuparsi di incoraggiare chi aspetta cambiamenti.

Tuttavia i poveri e le tragedie del mondo non sono rimaste fuori dal dibattito sia per richiamare alla Chiesa la direzione del cammino sia per esprimere la solidarietà. Sugli abusi, poi, le parole sono precise.

Tra teologia e diritto

Proprio nello spirito di revisione faccio alcune sottolineature consapevolmente nate da una lettura e non dall’esegesi del testo.

Lo stupore nasce all’ammissione di dover crescere molto sullo stile sinodale senza che da alcuna parte ci sia il riconoscimento che non è così ovvio essere arrivati a questo punto e aver  dimenticato una prassi e uno stile che appartengono alla comunità cristiana sin dal suo sorgere.

Per questa mancanza molti hanno sofferto e soffrono e per questo le raccomandazioni di approfondimenti teologici e di diritto canonico sono importanti, ma qualcosa di altrettanto importante, come le fatiche di tanti che hanno aspettato questo giorni, resta fuori.

Nel parlare di approfondimenti teologici sembra poi che si inizi dal nulla. È chiaro che un Sinodo, e soprattutto un documento finale, non possono essere una dispensa di ecclesiologia, ma anche in questo caso lo stesso Sinodo, la stessa intuizione di papa Francesco, non spunta come un fiore nel deserto.

Tutto questo ha un effetto un poco debilitante per chi ha riflettuto, innovato, custodito nonostante venti contrari, la riflessione sulla sinodalità e i temi conseguenti: sembra che adesso semplicemente si ricominci da zero.

Le donne nella Chiesa

Infine, sono andata a leggere il punto dedicato alle donne nella Chiesa, per via del diaconato femminile permanente e della vita religiosa.

Il tema del diaconato è incastonato nel paragrafo indicato come Le donne nella chiesa. Alle donne si riconosce la pari dignità battesimale. Affermazione assolutamente vera, ma anche qui dobbiamo ricordare che è solo con il motu propio che papa Francesco rende operativa un’affermazione teologica e un canone presenti da tempo.

Poi, come accade spesso, posta la reciprocità e e la corresponsabilità, il documento si premura di sottolineare che essa è non competitiva. E qui sorge una domanda. Data la fragilità del ruolo delle donne della Chiesa, quando si è vista una competizione tra uomini e donne, soprattutto se gli uomini sono ministri ordinati? Come potrebbe darsi?

È la solita paura che serpeggia e di cui un’assemblea, ancorché mista, se pur con disparità di percentuali, non si rende conto. A memoria, un’affermazione simile è la raccomandazione alle esegete femministe di lavorare con umiltà, raccomandazione unica in tutto il documento della Pontificia commissione nel documento per lo studio della Bibbia, del 1993.

Ancora, quando si parla di donne che potrebbero essere giudici nel processo ecclesiastico si raccomanda che siano adeguatamente preparate, che cosa si teme? Che il fascino femminile conquisti ruoli senza competenze? Non so e non voglio cercare, ma parlando dei giudici laici uomini c’è la stessa raccomandazione?

Nel testo poi ricorre l’idea che la Chiesa debba accompagnare le donne; è un gesto materno, ma che infantilizza le beneficiarie. Non dovrebbe la Chiesa, e a questo punto forse qui si intende la gerarchia, ascoltare quello che teologhe, vere e proprie maestre dello spirito, hanno da dire?

Corresponsabilità

Non sono poi la prima a sottolineare che la donna è presentata come giovane, poi madre e, infine, si fa riferimento al resto della sua vita sociale, ancora una volta veicolando l’idea che l’adultità coincide con la maternità. Una donna europea, e occidentale in genere, fa certo un po’ fatica a presentarsi passando dalla gioventù alla maternità: la propria persona è pensata in un orizzonte esistenziale più ampio la cui ricchezza sostiene l’essere madre e non viceversa.

Sono molte le donne che, per scelta o semplicemente per le vicende della vita, madri non sono. Sappiamo della maternità spirituale, ma evidentemente questa è sempre un poco seconda e umbratile. Il Sinodo è mondiale e in molte culture non c’è questa sensibilità, neppure tra le donne. Ma in un’affermazione diversa forse anche loro si sarebbero ritrovate.

Sempre in un atteggiamento di difesa delle donne, il documento denuncia le ingiustizie sociali e in seconda battuta quelle ecclesiali. Quest’ultime poi sono concentrate negli abusi, che sono una realtà orrenda. Ma guardare questi terribili buchi neri dell’umanità, non dovrebbe distrarre dalle responsabilità di un ritardo nel coinvolgimento nella vita ecclesiale delle donne. Ci sono comunità e uomini di Chiesa che non abusano, ma sono comunque incapaci di dare il giusto rilievo alle donne che partecipano alla vita della Chiesa.

Tra le proposte, la ricerca di una corresponsabilità che prende ad esempio l’agire del papa. Esso è davvero di esempio, ma non sarebbe stato utile ricordare anche in questo caso il diritto canonico, semplicemente da rileggere prima che da cambiare? Se la corresponsabilità è lasciata al buon cuore dei pastori e dei laici, uomini, il rischio di azzeramento di ogni passo è ben presente.

Per il diaconato, il merito di aver rimandato alle due commissioni e di aprire gli studi credo che denunci la volontà di non sbilanciarsi. Il riferimento è negativo perché dalle due commissioni non è uscito nulla di pubblico, d’altra parte indicare le due commissioni significa sottolineare che il papa ha insistito sul voler studiare il tema.

Sul tema donne nella Chiesa è sempre possibile far saltare ogni affermazione come fuori tempo e inadeguata. Credo sia più strategico sottolineare quello che si può. Ma a tutti va ricordato che ormai sono le sessantenni a tenere alta la bandiera, molte giovani per questo hanno già abbandonato la comunità ecclesiale.

Su questo tema nel mondo abbiamo detto ci sono molte differenze, il principio di una riflessione continentale proposta per il diaconato permanente tout court potrebbe essere importante.

Vita religiosa

Per la vita religiosa rallegra la consapevolezza di una pratica sinodale che è restata nel tempo, nonostante ecclesiologie più verticistiche.

Stupisce la denuncia di casi che non si muovono in questo senso. Non è la constatazione ovvia, ma è il fatto che si sottolinea con chiarezza solo per la vita religiosa quando possiamo immaginare che nel mondo ci siano vescovi, parroci e semplici  preti a fare lo stesso con gli organismi di partecipazione. Il fatto di rendere obbligatori i consigli pastorali a vari livelli, sottintende che, qua e là, questi non siano neppure istituiti.

La stessa considerazione vale per gli abusi, da cui vita religiosa e movimenti purtroppo non sono esenti. Ma anche in questi caso nella denuncia si impegnano toni diversi quando si parla di gerarchia. Tutto questo lascia trasparire una mentalità, che forse senza neppure saperlo, è clericale.

In quest’ottica anche l’attenzione ai carismi sembra un poco clericale. Un carisma, se vissuto, non può che essere un dono per la vita della Chiesa. Certo, poi c’è la struttura ecclesiale che chiede un poco di ordine. Meglio sarebbe parlare di un’attenzione alla comunione ecclesiale piuttosto che  sottolineare l’esigenza di mettere a servizio della Chiesa i propri carismi. In questa seconda formulazione sembra che i religiosi possano vivere egoisticamente il carisma, ma questo è semplicemente un ossimoro. E forse su questo specifico punto sarebbe bene distinguere tra vita religiosa e movimenti.

Abbiamo davanti un tempo in cui la Chiesa è chiamata ad ascoltare, così dice il documento. In Deuteronomio 6 non c’è dubbio: l’ascolto muove tutta la persona in ogni momento.

L’esperienza da allora in poi ha smentito e reso inefficace l’ascolto. Il papa ha indicato nella necessità di sinergie un principio che potrebbe allontanarci dal rischio di un ascolto che non trasforma: «Il mondo in cui viviamo, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio» (Papa Francesco, 17 ottobre 2015).

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Un commento

  1. Fabio Cittadini 12 novembre 2023

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