Puntata V della rubrica «Verso il Sinodo sui giovani», firmata da don Armando Matteo per la rivista Vita pastorale, che ringraziamo per il consenso a pubblicare la rubrica anche su Settimana News. Qui gli interventi finora pubblicati: Crescere in una società senza adulti /1; Se credere non è più di moda /2; Ripartire dagli adulti/3; La vocazione all’adultità /4.
Il terzo principio della Pastorale giovanile vocazionale è dato dalla riscoperta della centralità della domenica. Tante volte, nei dibattiti sulla disaffezione del mondo giovanile nei confronti della fede, mi sono visto rinfacciare l’insistenza con la quale sottolineo il fatto che, proprio alla domenica, sono le nuove generazioni che più mancano. Per i miei interlocutori, ciò non andrebbe fatto pesare, più di tanto, nel decifrare la dimensione religiosa dei più giovani.
Eppure, avverto che qui c’è in gioco qualcosa in più della semplice rilevazione statistica. C’è in gioco la mancata consapevolezza da parte della comunità ecclesiale di che cosa effettivamente desidera lasciare in eredità ai ragazzi e agli adolescenti che la frequentano nei percorsi di iniziazione cristiana. La questione diventa ancora più problematica, quando, da parte della sociologica della religione, viene fatto notare che, a fronte del rescisso legame con la fede, i giovani manifestino una notevole apertura verso una più ampia dimensione della spiritualità.
Come non chiedersi, allora, con che cristianesimo questi ragazzi e adolescenti si sono incontrati? Ovvero che tipo di cristianesimo abbiamo dato loro occasione di incontrare, se, divenuti giovani, arrivano a pensare che la loro ricerca di spiritualità sia da trovare in tutt’altra parte che non nelle nostre comunità? Da qui l’urgenza di riscoprire la centralità della domenica. La direzione ce l’offre una recente catechesi di papa Francesco: «Alcune società secolarizzate», ha ricordato, «hanno smarrito il senso cristiano della domenica illuminata dall’eucaristia. È peccato, questo! In questi contesti è necessario ravvivare questa consapevolezza, per recuperare il significato della festa, il significato della gioia, della comunità parrocchiale, della solidarietà, del riposo che ristora l’anima e il corpo».
Ebbene, che altro sono tutti gli elementi qui rapidamente richiamati se non cibo spirituale di cui ciascuno ha bisogno per reggere al sempre complicato mestiere di vivere? Ci potrebbe, infatti, essere una spiritualità più autentica, più liberatoria, più umanizzante di quella che si nutre della dimensione della festa, della gioia e della fraternità? E non sono, questi, tutti doni della domenica? Papa Francesco così suggella il suo ragionamento: «Senza Cristo siamo condannati ad essere dominati dalla stanchezza del quotidiano, con le sue preoccupazioni, e dalla paura del domani. L’incontro domenicale con il Signore ci dà la forza di vivere l’oggi con fiducia e coraggio e di andare avanti con speranza».
È a tutti nota ora la fatica con la quale le comunità cristiane inneschino processi di rinnovamento al suo interno; a volte, anche solo spostare l’orario di una celebrazione diventa causa di infiniti dibatti che portano a non modificare nulla perché si è sempre fatto così! Ma se i giovani ci stanno veramente a cuore, è tempo di chiederci quanto davvero “crediamo” nella domenica, quanto ci impegniamo perché sia sul serio visibile e sperimentabile il suo carattere di giorno di festa, di gioia, di fraternità, di solidarietà, di riposo; in una parola, di incontro con il Signore Gesù. E qui non ci può essere «si è sempre fatto così» che tenga!