La Relazione di sintesi della prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi contempla tra le proposte quella di «promuovere, in sede opportuna, il lavoro teologico di approfondimento terminologico e concettuale della nozione e della pratica della sinodalità prima della seconda Sessione dell’Assemblea, giovandosi del ricco patrimonio di studi successivi al Concilio Vaticano II e, in particolare, dei documenti della CTI su La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa (2018) e Il sensus fidei nella vita della Chiesa (2014)» (I, 1, p).
La Relazione formula peraltro anche la seguente proposta: «Si valutino i frutti della Prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi» (III, 20, j).
L’esigenza di un apporto più organico e articolato della teologia e del diritto canonico è stata in effetti ampiamente registrata ed espressa a conclusione dell’Assemblea, invitando a un impegno più preciso e determinato sia nella fase di istruzione dei temi sia nella fase di elaborazione del discernimento e della presa di decisione.
Tutto ciò invita a un ulteriore impegno nella previsione della metodologia da implementare per promuovere un adeguato contributo della competenza teologica e canonistica allo sviluppo del processo sinodale.
Tre, a mio parere, possono essere le direttrici di marcia per raggiungere questo obbiettivo nel percorso tra la prima e la seconda Sessione dell’Assemblea del Sinodo:
- tenendo conto della necessità che sia «approfondito e chiarito il modo con cui gli esperti di diverse discipline, in particolare teologi e canonisti, possono dare il loro apporto ai lavori dell’assemblea sinodale e ai processi di una Chiesa sinodale» (III, 20, g), mettere a fuoco il metodo di lavoro dell’intelligenza teologica e canonistica precisandone il rapporto ermeneutico e critico di circolarità, alla luce della Parola di Dio e della Tradizione, con il sensus fidei e l’esperienza del Popolo di Dio, col magistero vivo, con i segni dei tempi, nella prospettiva del “cambiamento d’epoca” che stiamo vivendo – trattasi di una imprescindibile messa a fuoco epistemologica dello statuto e del metodo della teologia e del diritto canonico che, in sintonia col Vaticano II, si traduce nell’invito a compiere un passo in avanti per molti versi inedito, sintonizzandosi in profondità sulla novità propiziata dal processo sinodale;
- attivare questa rinnovata coscienza epistemologica grazie a una dinamica effettivamente sinodale nella messa in opera della competenza teologica e canonistica attraverso l’ascolto reciproco, il dialogo, il discernimento comunitario che coinvolga i teologi e i canonisti che partecipano al processo – trattasi di una imprescindibile condizione di esercizio dell’intelligenza teologica e canonistica che si produca in forma sinodale al fine di poter con pertinenza offrire il contributo richiesto allo sviluppo e all’esito efficace del processo sinodale che coinvolge l’intero Popolo di Dio;
- rivedere, anche tenendo conto di ciò, la configurazione e la pratica del metodo della «conversazione nello Spirito» affinché preveda un’opportuna e incisiva coniugazione tra la dimensione spirituale-esistenziale e la dimensione intellettuale-pratica, in conformità alla vocazione d’intelligenza della fede, che è propria della teologia, e all’impegno della determinazione normativa della prassi ecclesiale, che è propria del diritto canonico – trattasi di rispondere con ciò, da un lato, all’invito rivolto in generale a «chiarire in che modo la conversazione nello Spirito possa integrare gli apporti del pensiero teologico e delle scienze umane e sociali» (I, 2, h), e, dall’altro, all’invito rivolto in particolare a «gli esperti nei diversi campi del sapere a maturare una sapienza spirituale che consenta alla loro competenza specialistica di divenire un vero servizio ecclesiale. La sinodalità in questo ambito si esprime come disponibilità a pensare insieme a servizio della missione, nella diversità delle impostazioni, ma nell’armonia degli intenti» (III, 15, i).
Per avviare una riflessione in merito e giungere a risultati apprezzabili e fruibili nel processo sinodale, risulta essenziale un’adeguata riconfigurazione, sulla base del cammino sin qui svolto, di un gruppo di lavoro snello e sinergico con questo obiettivo che sia espressione qualificata delle diverse competenze in gioco.
Sapete costruire un castello di sabbia senza fondamenta porta solo alla fine ingloriosa. Le soffiate dello ” Spirito” quello ” Santo ” andavano esattamente nella direzione opposta ad un sinodo che non è dei vescovi visto l ingresso di agenti estranei. Poi ribadisco il mio ulivo per fare un esempio a forza di portarlo non possiede più rami originali ma la sua capacità di fruttificare è raddoppiata avendo le sue originali radici. La nuova chiesetta post CVII non ha prodotto nulla e lo vediamo nei seminari e nella frequenza alla messa. ( Fanno bene a non andare alla N.O. mentre le V.O. sono stracolme di giovani) Quindi i nuovi paradigmi , i nuovi codici i nuovi catechismo alla gretina non servono ne alla Santa Madre Chiesa e neppure al mondo il quale se ne infischia alla grande di sinodi e di Bergoglio.
Inseguire lo spirito del principe di questo mondo vi ha già messo all inferno. Fermatevi!
Le riflessioni di Coda sono formalismi – teologia e diritto – piene zeppe di regoline dottrinarie dentro le quali muoversi cercando di non urtare contro qualche enunciato ecclesiastico… un vero labirinto clericale che fa perdere senso a tutto il grande senso di una assemblea sinodale. per di più c’è da dire che i singoli sinodi diocesani sono la stragrande maggioranza governati e gestiti dal potere dei vescovi e dei loro collaboratori clericali e laicali. per cui tutti i principi metodologici invocati da papa Francesco sono spesso caduti nel vuoto o superati per non lasciare spazio a cristiani critici, dissenzienti, dubbiosi… Per cui fin quando il potere clericale dominerà la chiesa di Roma, dalla curia romana, in giù, non ci potrà mai essere un vero sinodo o concilio del Popolo di Dio. Saluti, Piero
I racconti parabolici (meschal) del seminatore, del granello di senape e della zizzania pongono il rapporto tra sensus fidei e segni dei tempi oltre le aspettative socio-epistemiche convocando nuove incarnazioni sul crinale della morte (orci vecchi) e della resurrezione (vino nuovo), del canonismo clericale e dello spirito che soffia dove vuole…
Purtroppo nella retorica sul sinodo che ha preceduto l’assemblea sinodale si è perso di vista quanto di prezioso la CTI aveva già fatto. Comprendo che il documento elaborato dalla CTI non sia dei più agevoli, ma andava letto con più attenzione (https://iltuttonelframmento.blogspot.com/2023/08/sul-sinodo-1.html).
Per arrivare ad una formulazione nuova della disciplina ecclesiale, soprattutto di quella di diritto divino, ci vuole il pronunciamento della suprema autorità della Chiesa (Papa o Concilio) non di un sinodo. Solo dal dato dottrinale certo si può pensare un rinnovato diritto canonico, che stabilisca diritti e doveri delle persone.