Le Chiese in Italia hanno celebrato la Prima assemblea del loro Cammino sinodale, giunto alla sua fase conclusiva («profetica»). Da venerdì 15 a domenica 17 novembre, nella cornice solenne della basilica papale di San Paolo fuori le mura − trasformata in uno spazio assembleare multimediale −, i delegati delle diocesi italiane e gli altri invitati, hanno preso posto ai cento tavoli di lavoro attrezzati (cf. qui su Avvenire) con il mandato di fare discernimento sulle «schede per la costruzione dello strumento di lavoro» preparate dalla Segreteria del Cammino sinodale.
Il pomeriggio di venerdì 15 novembre è stato riservato ai saluti istituzionali e alle relazioni introduttive, quelle del presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Matteo Zuppi (cf. qui per il testo integrale), di Erica Tossani, in rappresentanza della presidenza del Comitato nazionale per il cammino sinodale, e del Presidente dello stesso Comitato, mons. Erio Castellucci (pubblicata su SettimanaNews). Con una felice scelta, i lavori dell’Assemblea sono stati introdotti da una preghiera ecumenica che ha fatto entrare i partecipanti nel giusto clima, sotto lo sguardo del Pantocratore gigante che dominava l’assemblea dal mosaico absidale della Basilica.
Una bella «icona della Chiesa» – ha riconosciuto il card. Zuppi nel suo intervento a quella che è stata per i partecipanti un’esperienza di contemplazione del volto di una Chiesa in cammino per divenire «più partecipativa e missionaria». Il presidente della CEI non ha mancato di ricordare che proprio in quel luogo, nel 1959, Giovanni XXIII diede l’annuncio della convocazione del Concilio. «La nostra Assemblea ci spinge a riannodare i fili di un cammino che anche per la Chiesa in Italia è stato di progressiva accoglienza e di recezione della lezione conciliare».
Partecipazione
La giornata di sabato 16 novembre è stata interamente dedicata al lavoro nei tavoli. Ogni tavolo era composto di dieci delegati di diverse provenienze, genere, età, competenze e vocazioni ecclesiali. Il metodo di lavoro – denominato «conversazione nello Spirito» – ha messo tutti i partecipanti «alla pari» (nel diritto di espressione e anche nei tempi) e li ha impegnati nel tentativo non facile di raggiungere attivamente un consenso intorno alle questioni assegnate, a partire da prospettive ed esperienze anche molto diverse. Un esercizio che ha richiesto di riferirsi anzitutto e costantemente al fondamento, all’orizzonte che univa, e ha impegnato tutti i partecipanti a coniugare la responsabilità di offrire un contributo personale e la fatica dell’ascolto attento delle ragioni altrui.
Il documento che aveva preceduto e preparato l’assemblea – i Lineamenti – era il frutto di un lavoro di elaborazione e sintesi del materiale raccolto dalla Segreteria del Cammino, in particolare le sintesi diocesane e i documenti preparati dalle cinque Commissioni del Comitato nazionale. Approvato dall’Assemblea dei vescovi dello scorso maggio, il testo aveva suscitato un certo scontento e raccolto diverse osservazioni critiche tra gli esperti del Comitato nazionale. Un ultimo incontro del Comitato con i vescovi e la Segreteria, a inizio settembre, ha accolto alcune emendazioni e integrazioni che hanno prodotto le 17 schede di lavoro distribuite ai delegati.
Ora, una volta recepiti i frutti del confronto ai tavoli dell’Assemblea, le schede tematiche verranno consegnate alle diocesi. Qui dovranno essere attivate le istanze di partecipazione locali in vista del passo successivo: la costruzione dello Strumento di lavoro per la Seconda assemblea convocata a Roma per l’inizio di aprile 2025.
Tutte le 226 diocesi italiane hanno inviato i loro delegati. Si tratta di un segnale importante, tenendo presenti le difficoltà di un progetto ambizioso, inedito e ormai lungo (siamo entrati nel quarto anno), ma anche le resistenze – non piccole – incontrate tra coloro che dovevano avviare e sostenere a livello locale tale processo. La conversione sinodale, diceva il teologo don Dario Vitali intervistato su Settimana News, «bisogna volerla. E sono in molti a non volerla». Parlava del Sinodo universale. Ma la stessa considerazione si può far valere per il Cammino nazionale.
I frutti più significativi
La giornata conclusiva, domenica 17 novembre, si è aperta con una prima restituzione all’assemblea di quanto emerso dai tavoli. Soltanto alcuni «titoli» del compito da svolgere: sviluppare un atteggiamento più capace di autocritica; fare attenzione al linguaggio (ancora troppo tecnico e interno); la domanda di una formazione sistematica, intergenerazionale e inter-vocazionale per abitare e vivere gli ambiti della riforma in modo competente e cercando alleanze con la ricchezza dei territori; l’attenzione alle soggettività da valorizzare (giovani, donne, situazioni marginali, comunità celebrante…); verifica dei formulari e avvio di una sperimentazione liturgica; il riconoscimento della ministerialità specifica della famiglia; il passaggio da una ministerialità individuale a forme con mandato a tempo e in equipe; riconoscere e valorizzare buone prassi pastorali già in atto sulle quali riflettere affinché esperienze particolari diventino patrimonio comune; rendicontazione trasparente a tutti i livelli della vita ecclesiale (dotandosi degli strumenti adeguati); ripensamento dei percorsi della formazione teologica …
«È per il fatto di avere assaporato questa esperienza che registriamo oggi una gioia profonda tra di noi», ha detto mons. Castellucci chiudendo i lavori. «Gioia per avere insieme celebrato, pregato, interagito; per avere potuto confrontarci liberamente: allo stesso tavolo donne, uomini, presbiteri, vescovi, laici, consacrati e consacrate, giovani e anziani, delegati provenienti da tutte le zone della Penisola e persone di diversa formazione, sensibilità, ruolo. Abbiamo sperimentato – seppur rapidamente – la bellezza di essere “popolo profetico”. Questo è il Cammino sinodale, prima ancora e forse più ancora che un testo scritto».
Un testo scritto è comunque previsto: sarà discusso e votato nella Seconda assemblea sinodale (aprile 2025) e nella prossima Assemblea generale della CEI (maggio 2025). Sarà quello il testo consegnato alle diocesi come guida per le scelte operative dei prossimi anni. Mai gli «orientamenti pastorali» della Chiesa italiana erano stati il frutto di un simile processo, partito «dal basso» e attento a lasciare sempre aperta a tutto il popolo di Dio, e in tutte le fasi, la possibilità di intervenire ed esercitare il «senso di fede», che è proprio dell’intera famiglia dei battezzati.
L’obiettivo dei prossimi mesi, ha rilanciato il vescovo di Modena, è quello di «adattare e tradurre gli orientamenti sinodali nella nostra situazione, nelle Chiese locali e in alcune scelte della Chiesa italiana». Ovviamente, non si potrà fare tutto. I temi sul tavolo sono forse ancora troppi. Ma si dovrà primariamente e senza esitazioni «proseguire nell’esperienza di uno stile, quello sinodale, che sta diventando prassi nelle nostre Chiese e che ora domanda di potersi consolidare e disporre di strumenti perché diventi anche fatto strutturale».
Quattro gli elementi dello stile sinodale richiamati: l’ascolto, il dialogo, la partecipazione e un progressivo affinamento dello sguardo: «Il Cammino di questi tre anni ci ha dotato, per così dire, di una vista più profonda; ci ha abituato a scrutare le pieghe della nostra storia, cogliendo con umiltà sia le ferite dentro e fuori la Chiesa, sia i raggi di speranza e di vita (…). Anche in questi giorni, ai nostri tavoli, abbiamo fatto circolare esperienze belle e positive, autentiche spie della crescita del Regno di Dio nel nostro tempo. Sono solo germogli, ma la sfida della ricezione sinodale sarà poi quella di sostenere questi stili perché diventino strutturali nelle nostre Chiese».
In sostanza, prima dei contenuti e delle singole scelte, «è l’esperienza sinodale a doversi incidere in maniera indelebile nelle nostre Chiese». Stili e prassi sinodali sono e saranno «i frutti più significativi del Cammino».
Mi domando: ma tutto questo sforzo monumentale in anni di lavorio molto complesso per giungere a cosa? Se il Sinodo e’ profetico allora, illuminato da un raggio di ispirazione divina, giungera’ alle conclusioni che il mondo laico e scientifico ha annunciato da molto tempo. Onestamente penso che questo atteggiamento della Chiesa finisca per essere arido e burocratico. La lieta novella da annunciare e’ l’avvento della Apocalisse e questo e’ chiaro, limpido e incrovertibile. Ci siamo dentro e sta avvenendo. Pochi anni ancora e 4 miliardi di persone moriranno di fame e di sete. I rimanenti moriranno di guerre e mutamenti climatici. Questo e’ lo scenario. Il Sinodo di cosa parla? Vogliamo dirlo o no?