La rubrica dedicata al Sinodo dei giovani firmata da don Armando Matteo per la rivista Vita pastorale prosegue «Dopo il Sinodo», con alcune considerazioni a partire dal documento finale. Riprendiamo di seguito la quarta puntata della rubrica del dopo Sinodo.
Più di una sono le provocazioni che un’attenta lettura del quarto capitolo del Documento finale del Sinodo sui giovani consegna ad una comunità parrocchiale davvero interessata alla vita buona delle nuove generazioni. Una su tutte ci pare urgente. Con realismo i padri sinodali riconoscono che «un numero consistente di giovani, per le ragioni più diverse, non chiedono nulla alla Chiesa perché non la ritengono significativa per la loro esistenza».
Sono parole scomode, queste, ma tratteggiano un movimento di distanziazione delle nuove generazioni rispetto all’universo cristiano, che da tempo ha iniziato ad interessare anche il nostro Paese. Si tenga presente il seguente dato relativo alla rilevanza assegnata dai giovani italiani alla dimensione religiosa nella propria vita: «Si direbbe: irrilevante! Il 26,6% dichiara che non è per nulla importante e il 32,8% poco importante. Dunque quasi il 60% degli intervistati potrebbe vivere senza alcune riferimento religioso, e questo non cambierebbe nulla nella propria vita. È abbastanza importante per il 31,3% e molto importante per il 9,3%» (Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto giovani 2018).
È, dunque, vero ciò che il Documento finale del Sinodo afferma: «Per molti giovani Dio, la religione e la Chiesa appaiono parole vuote». Per fortuna, però, non c’è solo questo: è, infatti, altrettanto vero che i giovani «sono sensibili alla figura di Gesù».
È, dunque, tempo di Gesù. È cioè tempo, come da anni indica Enzo Bianchi, di lasciar trasparire la piena e intensa umanità di Gesù. Vero Dio e vero uomo, in Gesù nulla di veramente umano è rimasto al di sotto della sua piena e felice fioritura. In lui ci è dato di cogliere un’esistenza umana infinitamente contenta di essere al mondo; in lui ci è dato di avvertire il fascino delle nostre reali possibilità, quando, al pari di lui, ci convertiamo all’idea che siamo qui su questa terra per amare, per prenderci cura degli altri, per cooperare alla loro piena riuscita, alla loro felicità.
La sensibilità giovanile per Gesù trova la sua ragion d’essere nel fatto che in lui possiamo vedere coniugate e armonizzate le due tensioni che più animano il cuore dell’uomo contemporaneo: la tensione alla libertà e quella alla cura, al legame, all’altro. Nessuno è stato più libero di Gesù, perché nessuno è stato più dedito di lui alla causa dell’altro. E nessuno ha manifestato un amore più grande di quello di Gesù, perché nessuno è stato più libero di lui.
Di fronte a tale provocazione, come non pensare alle difficoltà dei giovani per un incontro pieno con Gesù con l’attuale struttura del catechismo, con la scarsa circolazione del Vangelo nella ferialità delle nostre parrocchie? Si leggano, allora, di più i Vangeli: per intero e dai primi anni del catechismo. Nessuno più degli evangelisti sa aiutare chiunque ad entrare nel cuore di Gesù. E nessuno più di loro riesce a permettere a Gesù di entrare nel cuore di chiunque.