Dio eterno, fonte e creatore della vita; dagli abissi ti abbiamo invocato e ti invochiamo ancora affinché tu ci dia coraggio, forza e sapienza in questo anniversario della nostra tragedia nazionale.
Dacci il coraggio di confrontare i nostri nemici. Conforta coloro che sono soli senza sposo o sposa, genitori, fratello, sorella o amico. Apri i nostri cuori a loro e a coloro che sono rimasti orfani dieci anni fa. Rendici capaci di amare più profondamente tutti i bambini che soffrono. Accetta con misericordia le nostre preghiere di guarigione che ti eleviamo a nome delle famiglie delle vittime, e a nome dei soccorritori che hanno contratto delle malattie lavorando a Ground Zero.
Nonostante l’orrore e la tragedia dell’11 settembre il nostro paese rimane una dimora di pace, un simbolo di libertà, un faro lumino di compassione e giustizia per tutti gli oppressi e per gli ultimi del mondo.
Rafforza le mani del nostro popolo nel difendere questo paese e i nostri valori comuni di libertà e giustizia. Ispira i nostri leader e diplomatici affinché agiscano con saggezza e cerchino la pace ovunque nel mondo.
Che ci sia possibile insegnare ai nostri figli di imparare e di pensare, di riflettere e di ragionare, di essere coraggiosi nei pensieri e nelle opere, e di coltivare cuori sapienti così che essi possano combattere contro la paura, l’odio e l’intolleranza settaria usando le armi dello spirito e cuori che amano.
Ti offriamo le nostre preghiere in nome del nostro paese e del suo governo, del nostro presidente e dei giudici, dei nostri funzionari e delle nostre istituzioni, dei nostri soldati e dei nostri concittadini – su tutti coloro che si impegnano fedelmente per il bene del nostro paese, per preservare la democrazia qui da noi, per aprire percorsi di relazioni civili fra avversari, e per trattare ogni essere umano come infinitamente degno e reso degno in virtù dell’essere creato b’Tzelem Elohim – a immagine di Dio.
Fa discendere su di noi benedizioni di pace, affinché possiamo vivere fino al giorno in cui le spade saranno trasformate in vomeri e i popoli non si eserciteranno più nell’arte della guerra.
Rabbi John L. Rosove
Caro Dio, mentre il nostro paese ricorda i drammatici eventi dell’11 settembre 2001 noi ci rivolgiamo umilmente a Te in preghiera. In un momento in cui la nostra nazione si trova davanti a sfide inedite, noi abbiamo bisogno del Tuo Spirito, Misericordia e Forza – ora più che mai – affinché ci guidino lungo la retta via.
Caro Signore, preghiamo che tu abbia preso solo le Tue al Misericordiose gli innocenti che sono morti quel giorno. Noi siamo grati per il fatto che essi siano stati parte della nostra vita. Ti ringraziamo per l’amore e la gioia che essi hanno dato ai loro genitori, spose e sposi, figli, amici e collaboratori. Ti ringraziamo per la testimonianza della loro fede nelle loro chiese, moschee, sinagoghe e templi. Ti ringraziamo per la consolazione e coraggio che hanno donato ad altri nei loro ultimi momenti di vita. Caro Dio, con la Tua compassione rispondi, per favore, alla nostra preghiera.
Caro Onnipotente, dispensa la Tua consolazione sulle famiglie delle vittime. Preghiamo per tutti coloro che hanno setacciato strade, ospedali, macerie, con una speranza sempre più evanescente di trovare in vita i loro cari. Ricambia il dolore che è nei loro cuori con la consapevolezza che i loro cari sono ora in una dimora di pace. Preghiamo che le loro lacrime e il loro lutto sia rimpiazzato con la pace dell’anima che solo Tu puoi donare. Caro Dio, con la Tua compassione rispondi, per favore, alla nostra preghiera.
O tu che sei il nostro Sussistente, benedici i bambini delle vittime. Benedicili con vita in abbondanza, con l’indicazione della via e con il ricordo, con la disciplina e la virtù. Benedicili con tutto quello che è buono, proteggili da tutto ciò che è male. Possa la perdita di uno o di entrambi i loro genitori essere ricambiata dalla tua guida Misericordiosa e Benedicente. Perché Tu sei la migliore di tutte le guide. Possa la nazione fare quello che deve fare per garantire il loro futuro. Caro Dio, con la Tua compassione, per favore, rispondi alla nostra preghiera.
Caro Dio, noi preghiamo per i soccorritori e per i volontari provenienti da tutta la nazione, che hanno lavorato instancabilmente e fedelmente per trovare i sopravvissuti e sgombrare le macerie. Sostieni tutti loro, caro Dio e per favore rispondi alla nostra preghiera.
O Signore rafforza la nostra nazione e proteggici dal male. Guida i nostri leader, solleva la nostra società, arricchisci il tessuto vitale del nostro paese. Caro Dio, con la Tua compassione rispondi, per favore, alla nostra preghiera.
O Caritatevole e Misericordioso, abbiamo visto il peggio di cui siamo capaci – vendetta, avidità e omicidio. Ma abbiamo visto anche il meglio di cui siamo capaci – coraggio, compassione, servizio, fede, eroismo, comunità, amore.
Rafforzaci e fa di noi persone migliori che sceglieranno l’ultima e migliore via.
Caro Dio, è in te che riponiamo la nostra fiducia ultima; e a Te che rivolgiamo la nostra preghiera; e a Te che abbiamo chiesto guida e vicinanza.
Caro Onnipotente, per favore benedici le vittime; Caro Sussistente, benedici le famiglie; Caro Dio, per favore benedici l’America.
Khadija Abdullah (dottorando all’UCLA di Los Angeles)
Dio di misericordia, principe della pace,
questo giorno dell’undici settembre porta con sé un grave peso della memoria.
Questo non giorno non passa sul calendario senza il nostro ricordo.
Ricordiamo le immagini di morte e distruzione. Immagini che gli occhi umani non avrebbero mai dovuto vedere. Ricordiamo parole che le nostre orecchie non avrebbero mai dovuto udire, le dolci ultime parole di mariti e mogli che non si sarebbero mai più riabbracciati.
Immaginiamo la sensazione di vuoto nelle braccia dei bambini che alla fine di quel giorno non poterono abbracciare le loro mamme o papà al loro rientro a casa. Ricordiamo i nostri sentimenti di vuoto quando il nostro senso di sicurezza, quando la nostra confidenza in un ordine scontato della vita e delle cose venne scosso in maniera radicale.
Questo giorno dell’undici settembre porta con sé un grave peso della memoria.
Ricordiamo l’eroismo di molti che persero la loro vita per salvare quella di altri. Ricordiamo tutti quelli che hanno sofferto e sono morti, noi li piangiamo ancor’oggi, amici e sconosciuti, insieme alle loro famiglie e amici.
Questo giorno dell’undici settembre porta con sé un grave peso della memoria.
Ed è giusto che esso non scivoli via dal nostro ricordo. Ma oggi e in questa preghiera, insieme al nostro ricordo di una perdita profonda, ci sembra giusto anche dare voce al nostro profondo desiderio di pace e, con questa preghiera, impegnare noi stessi a quei gesti che ci portano più vicino al nostro più antico e santo desiderio: pace tra tutti i figli di Dio.
Dona nobis pacem. Amen
Old St. Patrick Church. A Roman Catholic Church in Chicago
Ci riuniamo in questa splendida mattina,
l’anniversario di un giorno doloroso da ricordare
ma impossibile da dimenticare…
Ricordiamo tutti gli eroi, uomini e donne, di quel giorno,
i vigili del fuoco e le forze di emergenze
che dimostrarono un tale coraggio nel mezzo della crisi.
Ricordiamo gli innocenti che sono morti,
nostri amici e vicini e le migliaia di sconosciuti
che furono vittime di una violenza casuale
Ricordiamo di aver sentito per un attimo
di essere stati legati a ogni vita preziosa,
ai sopravvissuti e coloro che sono morti,
con un legame di comune umanità
che le forze dell’odio non potranno mai distruggere.
Ricordiamo le voci calme contro in fanatismo
in tutte le sue forme,
contro la jihad, contro il militarismo, contro il razzismo e l’intolleranza religiosa,
Pregando che la conflagrazione di quel giorno
possa ora gettare addirittura un luce più dolce e delicata,
guidando a un futuro in cui tutti possano vivere in libertà
e senza paura.
Reverendo Gary Kowalski (Unitarian Universalist Minister)
Che cosa è rimasto a “Ground Zero” nella punta meridionale di Manhattan che richieda ancora un’attenzione internazionale, dopo quindici anni di cerimonie e di cerimoniosità? Soprattutto, forse, il silenzio – e non solo nella ricorrenza fatidica dell’undici settembre, ma anche (va sottolineato) in ogni giorno in cui capiti di visitare quel luogo. Il silenzio come senso di quella dimensione altra che i luoghi della grande morte sempre rivelano, non è un fenomeno che si possa dare per scontato: mantenere il silenzio richiede un alto senso di dignità comunitaria – insomma, un senso di civiltà; e su questo punto gli Stati Uniti ne danno prova. (Non così, troppo spesso, in Italia: basti pensare alla gazzarra pseudo-politica che a ogni agosto contamina la commemorazione della strage alla stazione di Bologna.)
Con ciò non si vuol certo suggerire che esistano paesi civili e paesi incivili: l’esperienza della vita rivela che ogni paese ha i suoi punti forti e quelli deboli, in fatto di civiltà. In quella mattinata dell’undici settembre appena trascorsa fra le ex-rovine delle Torri Gemelle, da un gruppetto di forse ex-soldati si è sentito a un certo punto risuonare l’urlo “USA! USA!”. Scritto così, non fa impressione; ma chi nel corso degli anni l’ha ascoltato nella sua sonorità effettiva : “Yu Es Ei! Yu Es Ei!”, non può dimenticarlo. È il grido selvaggio che ha accompagnato tante invasioni, quando dopo avere urlato “Yu Es Ei! Yu Es Ei!”, nei primi anni dopo l’undici settembre, si gridava “Asfalteremo l’Iraq e ne faremo un’area di parcheggio!”; e purtroppo questa minaccia è stata in larga misura mantenuta.
Del resto, anche il silenzio può essere il mezzo in cui trasmettere messaggi sinistri. Come quello, raggelante, espresso dalla scritta sulla maglietta nera indossata da uno dei presenti alla cerimonia di domenica, ritto in silenzio come tutti noialtri: “Attenzione, state indietro di 100 metri o vi spariamo” – e la frase era seguita dalla sua trascrizione stampata in arabo. Costui non aveva bisogno di dire una sola parola per presentarsi orgogliosamente, con questo suo souvenir, come uno dei conquistatori; e in effetti ci faceva capire senza tante dissertazioni che cosa significa vivere sotto un esercito di occupazione – l’esercito scaturito dalle macerie delle Torri Gemelle. Dopo l’undici settembre di un quindicennio or sono è scattata in USA un’abile strategia del doppio binario: il complesso militare-industriale ha scatenato la vendetta, distruggendo un paio di nazioni; mentre l’apparato governativo-propagandistico mascherava questa vendetta sotto una retorica dell’inclusività, del multiculturalismo, dell’anti-discriminazione ecc. ecc.
E cosi, fra i due partiti in lotta elettorale il più belligerante è quello che affila le sue armi sotto il mantello delle parole più “corrette”. Non è detto che, come alcuni dicono, l’impero nordamericano si rivelerà il più breve nella storia degli imperi moderni; ma quello che è chiaro è che si tratta dell’impero più raffinatamente ipocrita – che come tale ci avvolge in una rete di complicità.
Per sfuggire all’atmosfera di confusione etica e di stanchezza dopo anni di reiterata violenza che emanava da “Ground Zero” in quel giorno, bisognava rifugiarsi ai suoi margini: come nel giardinetto discretamente annidato fra gli angoli del quartiere di Wall Street – il giardinetto donato dalla regina Elisabetta in memoria di quelli, tra i caduti nell’attacco alle Torri Gemelle, che erano originari del Regno Unito e del suo Commonwealth – dove abbiamo ascoltato il suono, insieme rude ed elegiaco, delle cornamuse; o nel cimitero-giardino di Trinity Church scampata al disastro, con le sue semplicissime lapidi che risalgono ai tempi in cui gli Stati Uniti stavano nascendo come tali. E almeno con il suo passato settecentesco, questo paese ha fatto la sua pace.
Paolo Valesio (dal Blog dell’autore)
Suscita in me diversi sentimenti, emozioni, trovarmi qui a Ground Zero, dove migliaia di vite sono state strappate in un atto insensato di distruzione. Qui il dolore è palpabile. L’acqua che vediamo scorrere verso questo centro vuoto, ci ricorda tutte quelle vite che stavano sotto il potere di quelli che credono che la distruzione sia l’unico modo di risolvere i conflitti. E’ il grido silenzioso di quanti hanno sofferto nella loro carne la logica della violenza, dell’odio, della vendetta. Una logica che può causare solo dolore, sofferenza, distruzione, lacrime. L’acqua che scorre giù è simbolo anche delle nostre lacrime. Lacrime per le distruzioni di ieri, che si uniscono a quelle per tante distruzioni di oggi. Questo è un luogo in cui piangiamo, piangiamo il dolore provocato dal sentire l’impotenza di fronte all’ingiustizia, di fronte al fratricidio, di fronte all’incapacità di risolvere le nostre differenze dialogando. In questo luogo piangiamo per la perdita ingiusta e gratuita di innocenti, per non poter trovare soluzioni per il bene comune. E’ acqua che ci ricorda il pianto di ieri e il pianto di oggi.
Qualche minuto fa ho incontrato alcune famiglie dei primi soccorritori caduti in servizio. Nell’incontro ho potuto constatare ancora una volta come la distruzione non è mai impersonale, astratta o solo di cose; ma che soprattutto ha un volto e una storia, è concreta, possiede dei nomi. Nei familiari, si può vedere il volto del dolore, un dolore che ci lascia attoniti e grida al cielo.
Ma, a loro volta, essi mi hanno saputo mostrare l’altra faccia di questo attentato, l’altra faccia del loro dolore: la potenza dell’amore e del ricordo. Un ricordo che non ci lascia vuoti. Il nome di tante persone care sono scritti qui dove c’erano le basi delle torri, e così li possiamo vedere, toccare e mai più dimenticarli.
Qui in mezzo al dolore lacerante, possiamo toccare con mano la capacità di bontà eroica di cui è anche capace l’essere umano, la forza nascosta a cui sempre dobbiamo fare appello. Nel momento di maggior dolore, sofferenza, voi siete stati testimoni dei più grandi atti di dedizione e di aiuto. Mani tese, vite offerte. In una metropoli che può sembrare impersonale, anonima, di grandi solitudini, siete stati capaci di mostrare la potente solidarietà dell’aiuto reciproco, dell’amore e del sacrificio personale. In quel momento non era una questione di sangue, di origine, di quartiere, di religione o di scelta politica; era questione di solidarietà, di emergenza, di fraternità. Era questione di umanità. I pompieri di New York sono entrati nelle torri che stavano crollando senza fare tanta attenzione alla propria vita. Molti sono caduti in servizio e col loro sacrificio hanno salvato la vita di tanti altri.
Questo luogo di morte si trasforma anche in un luogo di vita, di vite salvate, un canto che ci porta ad affermare che la vita è sempre destinata a trionfare sui profeti della distruzione, sulla morte, che il bene avrà sempre la meglio sul male, che la riconciliazione e l’unità vinceranno sull’odio e sulla divisione.
In questo luogo di dolore e di ricordo, mi riempie di speranza l’opportunità di associarmi ai leader che rappresentano le molte religioni che arricchiscono la vita di questa città. Spero che la nostra presenza qui sia un segno potente delle nostre volontà di condividere e riaffermare il desiderio di essere forze di riconciliazione, forze di pace e giustizia in questa comunità e in ogni parte del mondo. Nelle differenze, nelle discrepanze è possibile vivere un mondo di pace. Davanti ad ogni tentativo di rendere uniformi è possibile e necessario riunirci dalle diverse lingue, culture, religioni e dare voce a tutto ciò che vuole impedirlo. Insieme oggi siamo invitati a dire: “no” ad ogni tentativo uniformante e “sì” ad una differenza accettata e riconciliata.
Per questo scopo abbiamo bisogno di bandire i nostri sentimenti di odio, di vendetta, di rancore. E sappiamo che ciò è possibile soltanto come un dono del cielo. Qui, in questo luogo della memoria, ciascuno nella sua maniera, ma insieme. Vi propongo di fare un momento di silenzio e preghiera. Chiediamo al cielo il dono di impegnarci per la causa della pace. Pace nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nelle nostre scuole, nelle nostre comunità. Pace in quei luoghi dove la guerra sembra non avere fine. Pace sui quei volti che non hanno conosciuto altro che dolore. Pace in questo vasto mondo che Dio ci ha dato come casa di tutti e per tutti. Soltanto, pace. Preghiamo in silenzio.
Così la vita dei nostri cari non sarà una vita che finirà nell’oblio, ma sarà presente ogni volta che lottiamo per essere profeti di ricostruzione, profeti di riconciliazione, profeti di pace.
Papa Francesco