50ª Settimana sociale. La sfida della ferialità

di:

trieste-estefano

Una signora senza fissa dimora ferma un vescovo e gli chiede di «incontrare il papa». Costui la ascolta con gentilezza, rispondendo però di non avere il potere di avvicinarla al pontefice.

Era ben informata, la donna: sapeva che fra qualche ora il santo padre sarebbe arrivato a Trieste. C’erano, però, le Forze dell’ordine: unico intralcio, a suo avviso, alla stretta di mano con Francesco.

In realtà, non lo incontra, se non a distanza di qualche chilometro in mezzo alle circa 9.000 persone che il 7 luglio hanno presenziato alla concelebrazione eucaristica in piazza Unità d’Italia.

A tema la democrazia

È tuttavia nella spontaneità di dialoghi come questo, nato in uno scenario di ordinaria ferialità – alle 17 meno un quarto del 6 luglio all’angolo di un bar di piazza Verdi – che la Settimana sociale tocca lievemente un’arteria di quel «cuore ferito» che è la democrazia.

E ci riesce proprio laddove il povero prende la parola, rompendo per qualche minuto quei sensi di colpa e di inadeguatezza proiettati su di sé; riprendendo così un dialogo sospeso dell’umano con sé stesso.

«Non possono esistere persone invisibili in un tessuto democratico», diceva Annalisa Caputo, e nessuno è talmente povero da non poter partecipare «alla costruzione del bene comune», come affermato da padre Giacomo Costa SJ il pomeriggio del 6 luglio al Centro congressi, alla presenza di milleduecento delegati per metà giovani e donne.

Entrambi legittimi rappresentanti delle questioni aperte nella Penisola, come emerso dall’ultimo rapporto Istat che li vede più poveri fra i poveri. Il che non è uno svantaggio ma piuttosto una risorsa se si vuole far democrazia e se si vuole intercettare il Paese reale.

E a loro è stata data parola più che ai relatori, con il tempo dei laboratori che ha triplicato quello dei discorsi in plenaria, invertendo lo stile congressuale che rende sterili molte iniziative.

Ogni laboratorio riguardava un tema diverso – attenzione politica, comunicazione, scuola, welfare, ambiente e altri argomenti – con vescovi e laici che si confrontavano a parità di condizioni esprimendo posizioni talvolta divisive, ma in un clima di rispetto verso le idee altrui.

A comporre i gruppi erano due decine di persone, poi suddivise a tre per un confronto più serrato. Si lavorava a risonanze, con la finalità di far partecipare tutti. Non sono mancati interventi più lunghi, che però risultavano quelli meno ascoltati.

Difficile dire, a distanza di una settimana, tutto ciò che è emerso: si è parlato dell’urgenza di luoghi di confronto che non esistono più da quando le piazze sono diventate digitali e di tornare all’essenziale con una formazione aperta a tutti.

Occorre però fare altrettanto nei propri territori: porsi in ascolto dell’invisibile, dell’ultimo, dello scartato. E farlo nel rispetto della «dignità umana»: cioè superando l’assistenzialismo che è «nemico della democrazia». Così ha detto il papa, spiegando che «certe forme di assistenzialismo, che non riconoscono la dignità delle persone, sono ipocrisia sociale. Non dimentichiamo questo». Ha utilizzato a tale proposito le parole di Aldo Moro per ribadire che «uno Stato non è veramente democratico se non è al servizio dell’uomo, se non ha come fine supremo la dignità, la libertà, l’autonomia della persona umana, se non è rispettoso di quelle formazioni sociali nelle quali la persona umana liberamente si svolge e nelle quali essa integra la propria personalità».

Non una ricetta, ma un metodo

Nessuna ricetta quindi ma un metodo che – citando monsignor Luigi Renna, presidente del Comitato Scientifico della Settimana – è chiamato a «diventare stile». Risiede, allora, nella profezia della ferialità – menzionata dal santo padre il 7 luglio – la più dura di tutte le sfide: il processo avviato, che precede lo spazio e, ancor di più, il singolo evento.

Altresì rilevanti, in questa direzione, le buone pratiche esposte in piazza Borsa, circa un centinaio, chiamate però a convergere; a passare «dalla carità dei gesti» a una «carità organizzata», capace di tradursi in amore politico.

Un primo segnale è stato dato dagli amministratori locali presenti – 80 circa – che hanno superato le trincee partitiche di riferimento per collaborare attorno ai princìpi che li accomunano.

Un altro esempio riguarda sempre il mondo associazionistico presente, che ha dato vita a una raccolta firme per ricordare ai fautori del premierato e dell’autonomia che «la Costituzione non va cambiata ma compiuta».

Prese di posizione che hanno senz’altro scandalizzato alcune testate intente a gettare fango sull’iniziativa. Perché scandalizza il volto umano di una Chiesa che è «spirituale e sociale», come ha detto il card. Matteo Maria Zuppi rivolgendosi alla stampa a conclusione dei lavori.

Tutta questa umanità non poteva che prendere forma in un crocevia che dell’uomo ha testimoniato virtù e miserie. Dal transito della salma dell’arciduca Francesco Ferdinando, che vi fece tappa il 2 luglio 1914, all’esodo di chi scappava dalle terre di Dalmazia, Fiume e Istria. L’elenco è lungo e comprende il passato, con le foibe di Basovizza, e il presente, con i migranti che vi giungono a piedi attraverso la rotta balcanica.

Lo vivono sulla propria pelle i 450 richiedenti asilo che qualche settimana prima dell’evento sono stati sgomberati dal Silos di proprietà di Alleanza Coop 3.0. Alcuni di loro, non trovando un’adeguata sistemazione, sono stati in seguito aggrediti e insultati da bande nelle strade della città.

Non è mancato in queste ore un altro dramma, con la rivolta verificatasi nella Casa circondariale “Ernesto Mari”. I detenuti, dimenticati tra i dimenticati, ricordano allo Stato la propria esistenza. E con loro c’è anche Dio, «che si nasconde negli angoli scuri della nostra città»; angoli che non vogliamo attraversare, perché «abbiamo paura di incontrare Cristo lì».

La partecipazione

Ma Trieste è anche memore delle lotte di Franco Basaglia che, negli anni Settanta, chiuse il manicomio situato nel parco di San Giovanni, dove ora ha sede una sartoria sociale fondata sull’inclusione sociale e sul riuso di stoffe per confezionare i suoi prodotti. Un’operazione simile è stata realizzata da circa duemila studenti delle scuole italiane e slovene che, con le stoffe portate da casa, hanno confezionato una tovaglia poi estesa su una grande tavolata di solidarietà in piazza Unità d’Italia.

Alla Settimana sociale hanno partecipato anche migliaia di anziani e bambini, che hanno scritto al pontefice.

C’erano, in qualche modo, anche le persone detenute, le cui mani hanno confezionato i mosaici esposti sull’ambone e sull’altare di piazza Unità d’Italia.

Storie di partecipazione che, usando le parole di Filippo Pizzolato, ristabiliscono un «collegamento tra la base e le istituzioni» riattivando «l’immaginario del noi» di cui parlava Mara Gorli.

Quella partecipazione, come ha sottolineato Michele Nicoletti, «non è un esercizio intellettuale, ma una lotta». Lo dimostra la storia stessa, fatta da rapporti di dominio e di subalternità, dove la democrazia «non è che il frutto di lotte e sacrifici». E si lotta anche nelle piccole cose: perché, se la democrazia cede lì, muore anche altrove, diceva Alexis De Tocqueville.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto