Aprire il mondo

di:

fratelli tutti

Nel capitolo “Pensare e generare un mondo aperto” di Fratelli tutti papa Francesco chiarisce fin dall’inizio che la verità umana è legata all’alterità. La prima e radicale forma di apertura avviene nell’incontro con l’Altro.

L’amore, la trascendenza e l’alterità sono vasi comunicanti e denotano una realtà che allontana dal mondo limitato del proprio egocentrismo e conduce l’essere umano al suo vero destino, cioè la comunione con l’Altro e con Dio, che conserva e non livella le rispettive differenze.

Questa apertura non è lasciata solo alla responsabilità personale, ma dovrebbe anche determinare l’esistenza sociale. Valori fondamentali come la libertà, l’uguaglianza e la fraternità sono dovuti a tale cultura dell’apertura e la condizionano.

Come già indicato, non si tratta mai di duplicare il proprio, ma di individui, culture e religioni – compresa la Chiesa, naturalmente – che si aprono all’altro.

Oltre alla dimensione sociale, Francesco sottolinea anche un aspetto temporale dell’apertura: il samaritano, come scrive nel paragrafo 97, era libero da “titoli e strutture”, cioè libero da tutte le zavorre che non solo separano le persone nella Chiesa, nella politica e nella società, ma le imprigionano anche nel loro status sociale. In questa libertà, il samaritano era in grado di “cambiare i suoi piani così come essere aperto agli imprevisti, ai feriti che avevano bisogno di lui” (FT 31).

L’apertura al futuro va di pari passo con l’ascolto delle ferite e delle vulnerabilità che sono espressione dell’apertura dell’esistenza creaturale. All’apertura dell’ascolto del bisogno dell’altro corrisponde un’interruzione del flusso cronologico del tempo, che continua sempre uguale.

L’accompagnamento della dimensione futura dell’esistenza umana ricorda l’ordine della creazione (cf. Gen 1,1-2,3), il cui momento più intimo è il sabato come determinazione festiva e interruzione del tempo, che viene aperto dal settimo giorno alla sua determinazione trascendente.

Si potrebbe dire, allora, che la conversione all’Altro esprime la dimensione escatologica del vero sabato, che unisce le persone e in cui l’Altro diventa il prossimo.

In queste riflessioni sull’apertura all’imprevisto come condizione della vera fraternità, Francesco accenna a un programma ecclesiologico: essere Chiesa non significa la continuità dell’eterno, cioè un’eternità trascendente eretta sopra le incertezze dell’esistenza temporale come ultimo rifugio, ma piuttosto l’apertura verso l’Altro che, allo stesso tempo, significa apertura verso il futuro e infine l’arrivo festivo di Dio stesso.

Il potere integrativo dell’apertura

L’instaurazione di una società aperta ha il suo metro di giudizio nel suo potere integrativo. Di nuovo, non si tratta di sottomettere tutti gli abitanti di un territorio a una cultura maggioritaria e di essere “integrati” in questo “melting pot“. Piuttosto, è fondamentale che le persone non siano escluse a motivo della loro alterità.

La particolare enfasi di papa Francesco sull’apertura è illustrata da un “no” intransigente a tutte le ideologie basate sull’esclusione – siano esse legali, economiche, politiche o sociali. Di passaggio, va notato che il papa trova anche parole chiare riguardo all’esclusione delle donne dalla partecipazione sociale (FT 23).

Tuttavia, soprattutto per quanto riguarda questo tema, saranno necessari nell’immediato futuro concetti chiari su come tale esclusione delle donne, non ultimo dai processi decisionali della Chiesa, possa essere cambiata, per poter effettivamente invitare in modo credibile a una narrazione globale di apertura.

Non è una coincidenza che Francesco ponga l’accento sull’apertura verso le persone con disabilità, molte delle quali si sentono “senza appartenenza e partecipazione” (FT 98). Questo non solo perché molte persone disabili sono sul gradino più basso della società, ma anche perché sono una particolare espressione della vulnerabilità umana.

Poiché l’apertura e la vulnerabilità sono inseparabilmente legate, questi gruppi vulnerabili sono precisamente il luogo dove non solo l’individuo aperto e la comunità aperta trovano la loro misura, ma in definitiva anche la trascendenza di Dio che è inseparabilmente legata a questa apertura, indicata dal lato aperto della ferita di Gesù risorto da cui scaturisce la Chiesa.

Una preoccupazione urgente di Fratelli tutti è quella di “ripensare la funzione sociale della proprietà” (cf. FT 118-127), poiché certe forme di proprietà finiscono per creare confini insormontabili tra chi ha e chi non ha, escludendo interi gruppi di persone da una vita dignitosa e rendendo loro impossibile il riconoscimento.

L’essere umano regredisce a essere un consumatore o un supplicante e non può più venire riconosciuto nella sua dignità, che si esprime nell’autodeterminazione e nell’azione paritaria sul piano sociale e politico.

Il documento mostra una particolare sensibilità e potenza profetica nella sua critica all’idea economico-liberale della performance. Il papa sottolinea che la dignità umana non deve essere guadagnata, ma è insita nell’essere umano (cf. FT 107).

Soprattutto, il rendimento si basa su un criterio diverso da quello del liberalismo: non si misura in termini di avanzamento personale, ma in termini di contributo a una comunità e a una società inclusive. La conquista sta nell’instaurazione di una comunità basata sulla solidarietà, in cui tutti hanno ciò che è necessario per una vita dignitosa, per cui, oltre alla sicurezza materiale, anche il riconoscimento è parte essenziale di questa dignità.

La creazione di una tale comunità include la costruzione di una società civile inclusiva, la partecipazione e la promozione dei movimenti sociali, e uno stato che abbia la responsabilità non solo del cittadino, ma di tutti coloro che risiedono sul suo territorio, quindi soprattutto anche dello straniero, perché “ogni paese [è] anche un paese dello straniero” (FT 124).

La visione di una società inclusiva, fraterna e – se si tiene conto della Laudato si’ – anche ecologicamente orientata è completata dalla richiesta di una “nuova rete nelle relazioni internazionali” (FT 126), che dovrebbe rendere possibile l’ascolto delle voci, dei diritti e dei bisogni dei popoli che sono altrimenti pedine impotenti della politica globale.

Apertura e benevolenza

L’atteggiamento fondamentale di apertura è descritto da papa Francesco anche con il termine “bene-volentia“, “cioè l’atteggiamento di volere il bene dell’altro” (FT 112). Questa benevolenza come atteggiamento di base è in radicale contraddizione con una perversa pretesa di potere – che si trova oggi in alcune conferenze episcopali -, che pretende di essere moralmente superiore e da questa apparente superiorità morale mira all’esclusione per garantire così la propria auto-assicurazione e autolegittimazione.

Per Francesco la benevolentia diventa una misura del bene morale, che si misura così con la simpatia e la compassione per l’altro e non può essere ridotta a comandamenti astratti. L’ascolto della storia dell’altro, che è sempre legato alle ferite, diventa in tal modo la base di questa nuova narrazione indicata da Fratelli tutti.

In questo contesto, si pone la questione del destinatario o anche dell’autore dell’enciclica: in molti passaggi, i destinatari primari sono le élites, soprattutto del mondo occidentale, a cui viene fatto un appello ad aprirsi a una nuova comunità con coloro che sono ai margini.

Va notato che l’apertura come motivo di base di Fratelli tutti può essere applicata anche alla narrazione dell’enciclica stessa: aperta agli aggiornamenti e richiedendo così l’aggiunta di molte storie e voci, specialmente quelle delle periferie.

Anche se papa Francesco è particolarmente preoccupato in questa enciclica di far sentire chi non ha voce, il prossimo passo sarà quello di rendere ancora più chiara la polifonia di Chiesa e mondo e di spostare ulteriormente la prospettiva in direzione delle cosiddette periferie.

L’ospite come modello di apertura e le questioni di apertura e confine

Nel complesso, l’enciclica Fratelli tutti è un documento di ospitalità universale. Papa Francesco cita da un’ampia varietà di documenti e fonti attraverso tempi, spazi e religioni. Parla anche del “sacro dovere dell’ospitalità” (FT 90) e di una cultura dell’accoglienza che è paradigmaticamente vissuta nella spiritualità benedettina.

L’ospitalità e la figura dell’ospite ad essa associata vanno ben oltre le esigenze etiche; piuttosto, la figura dell’ospite implica dimensioni teologiche e ontologiche. In Mt 25,31-46, Gesù stesso si identifica con l’ospite, e Gen 18 collega la promessa fatta ad Abramo all’accoglienza dell’ospite, che si trova così non solo all’origine di ogni esistenza umana – tutti abbiamo iniziato la nostra esistenza come ospiti delle nostre madri – ma anche all’origine del popolo di Dio.

YHWH è l’ospite del suo popolo nella tenda dell’alleanza; e Gesù non appare mai nei vangeli come il proprietario di una casa propria, ma sempre come un ospite. Il regalo che l’ospite porta simboleggia lui stesso, alla cui storia e al cui desiderio l’invitante può partecipare. Questo si esprime in ogni celebrazione eucaristica quando Gesù, come ospite della comunità, si dona e così raccoglie la comunità.

Di particolare importanza, soprattutto per l’enciclica Fratelli tutti, è il fatto che l’ospite sospende la dicotomia tra il proprio e lo straniero – e quindi anche tra immanenza e trascendenza.

Come colui che non appartiene, l’ospite è al centro dell’io, nel quale si inscrive un momento di apertura nell’accoglienza ospitale, che lo costituisce come cosa viva. Al contrario del soggetto cartesiano, l’ospite non è mai con se stesso, ma è legato nella sua esistenza alla ricezione. L’essere ospite è più fondamentale dell’autopossesso del soggetto, e l’accoglienza e l’essere ricevuto stabiliscono l’esistenza vivente.

Il Dio della Bibbia è anche un Dio che si lega all’accoglienza dei fedeli (nella preghiera, nel discepolato e nell’annuncio) e si rivela in questo come un Dio vivo.

Anche la narrazione dell’enciclica Fratelli tutti va su questo binario: è forse l’enciclica più ospitale mai scritta da un papa, perché nasce dall’incontro ospitale con il rappresentante di un’altra religione, accoglie con ospitalità i documenti più diversi e invita a coltivare un ethos e una narrazione dell’ospitalità da cui nessuno è escluso a motivo della sua origine religiosa, ideologica o culturale.

Epilogo

Come i demoni incontrati nei vangeli, anche Gesù attraversa permanentemente i confini. Il cammino dei demoni, tuttavia, conduce a un’infinità completamente uniforme, entropica, a un infinito da cui non ci può essere uscita. L’infinità del demoniaco chiude quindi definitivamente anche la possibilità dell’Altro e quindi dell’incontro ospitale.

Gesù, invece, sospende quei confini inospitali che rendono impossibili nuovi incontri. È la sovversione vivente di strutture, istituzioni, ideologie e pratiche inospitali. Così facendo, conduce a un approccio giocoso e aperto ai confini senza annientare il momento dell’Altro.

L’enciclica Fratelli tutti, e in essa soprattutto il terzo capitolo, si rivela essere un racconto di apertura dell’aperto – il cui ethos sarà misurato dall’accoglienza ospitale dell’Altro e delle sue storie, che sono sempre anche storie di esistenza vulnerabile.

Relazione tenuta nella giornata di inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto Superiore di Scienze dell’Educazione e della Formazione G. Toniolo di Modena.

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