La demografia è tema che dovrebbe interessare tutte e tutti. Sono le elaborazioni che essa fornisce che consentono, o dovrebbero consentire, al decisore politico di programmare il nostro futuro. Si pensi, ad esempio, alla progettazione di un nuovo ospedale e ai dati necessari per dimensionarlo correttamente.
Per tale motivo, a inizio dicembre, è stato organizzato a Bologna [1] un incontro sul tema dell’inverno demografico che ha visto presenti in qualità di relatori il dottor Gianluigi Bovini, che ha svolto la sua carriera professionale come «uomo dei numeri» del Comune di Bologna, e il professor Roberto Impicciatore, associato di demografia presso l’Università degli Studi di Bologna.
È stata portata una piccola nota di colore: da secoli le parrocchie raccolgono dati sulle nascite, sulle morti, sui matrimoni. Per il vescovo l’analisi dei dati della popolazione a lui assegnata è un vero e proprio strumento di governo della diocesi.
È stato in quella sede affrontato un aspetto delle tematiche demografiche necessarie a progettare il territorio e lo spazio politico della polis; forse quello chiave: l’indice di fertilità femminile nelle sue dinamiche dal dopoguerra; a Bologna e nel nostro Paese.
I riflessi più critici di questo «inverno» potranno vedersi sul mercato del lavoro – con un drammatico problema di mancanza di manodopera nel prossimo decennio, se non si avrà finalmente la lungimiranza di attivare vere politiche attive di gestione del fenomeno migratorio sul modello della Germania; e sul sistema del Welfare, con seri problemi di finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale e di sostenibilità del nostro sistema pensionistico, a fronte di una popolazione sempre più anziana, e con aspettative di vita sempre più «lunghe», sempre più «inattiva» e sempre più bisognosa di assistenza socio – sanitaria.
Le cause
Interessante la discussione sulle cause di questo «inverno»: recenti e di lungo periodo. Le cause recenti si comprendono appieno confrontando il numero di bambini nati con il numero di bambini desiderati dalle coppie italiane: se è vero che sono nati nel 2022 meno di 1,3 bambini per coppia – quindi con un tasso di fertilità ben lontano dall’equilibrio demografico –, altrettanto vero è che il numero di bambini desiderati avvicinerebbe le nascite al dato dell’equilibrio demografico.
Questi elementi evidenziano un serio problema di progettazione di politiche attive di sostegno alla persona e alle famiglie, problema che riguarda un po’ tutti i paesi OCSE, ma in particolare il nostro: consentire alle giovani generazioni di poter contare su uno scenario lavorativo, di reddito, economico, politico e sociale solido, sul quale costruire il futuro, consentirebbe di approssimare il necessario equilibrio dinamico della popolazione.
Altrettanto interessanti le considerazioni riguardanti i motivi per i quali in tutto l’Occidente si è registrato un drastico calo dei figli per coppia dagli inizi del XX secolo. In primo luogo è stato sottolineato il passaggio epocale da una società contadina alla società «industriale» che è cominciato, nel nostro Paese, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, per poi consolidarsi definitivamente nel secondo dopoguerra.
Ugualmente importanti sono i fenomeni sociali, che incidono in maniera strutturale sulle dinamiche demografiche. Si pensi ai fermenti culturali che hanno attraversato l’Occidente dall’inizio del XX secolo.
Difficile credere, si è sottolineato, che le battaglie per il diritto di voto alle donne dell’inizio del XX secolo, la provocazione di Mary Quant nel 1963, quando mise in vetrina la prima minigonna, o la scoperta di Carl Djerassi del 1951, quando sintetizzò in un laboratorio di Città del Messico la pillola anticoncezionale, non abbiano direttamente e indirettamente avuto effetti sul tasso di fertilità delle donne, e quindi sulla dinamica demografica della famiglia industriale in Occidente. Così come la musica della beat generation, o i film di Truffaut: sono tutti fenomeni che, assieme a molti altri, hanno accompagnato, assecondato, direzionato quei mutamenti nei costumi dei quali oggi si leggono i riverberi anche nelle dinamiche demografiche.
Il deficit politico
Durante le relazioni è stato sottolineato che per il decisore politico, il quale dovrebbe essere consapevole del pensiero di Franco Modigliani e del suo modello sul ciclo vitale del consumo, o del pensiero di Joan Robinson, che tematizza un circuito virtuoso di sviluppo economico strettamente agganciato anche alle dinamiche demografiche, per il decisore politico, dicevamo, «stare sul pezzo» delle dinamiche della sua popolazione di riferimento dovrebbe essere un fatto fondamentale.
Purtroppo entrambi i relatori hanno sottolineato che, in genere, nella classe politica manca del tutto una sensibilità a questi problemi, con effetti che ciascuno di noi può sperimentare direttamente sulla sua pelle nella vita di tutti i giorni e di fronte alla necessità di assumersi responsabilità di lungo periodo.
[1] L’incontro si è tenuto presso la sala del Consiglio di Quartiere Porto-Saragozza