Carpe diem. Nel film L’attimo fuggente, questo famoso verso dell’ode di Orazio viene visto in chiave sostanzialmente positiva. Il professor Keating (Robin Williams) invita i suoi studenti a «cogliere l’attimo», gustando la vita da un punto di vista più estetico, percependo la bellezza del presente, contro la rigida struttura mentale del college, tutta basata sulla preparazione e sul “costruirsi seriamente un domani”.
Questo i giovani di oggi l’hanno imparato benissimo. Ed è una cosa bella. Le generazioni più giovani sanno intercettare la bellezza della vita così come si dà e hanno la capacità di gustarne il dolceamaro quotidiano. La frase evangelica: «non preoccupatevi del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso» (Mt 6,34) sembra trovare piena sintonia nella filosofia dei giovani di oggi. D’altronde, è quasi obbligatorio, soprattutto per loro, contemplare il presente: non c’è molto altro da contemplare.
Il passato evapora presto, sotto i colpi di una memoria – personale e sociale – fragile, ferita, incapace di far tesoro e di guidare. Il futuro, d’altro canto, non è decisamente roseo per i giovani. Molti di loro dubitano di avere un futuro. Tutte le volte – e dico tutte – che incontro un giovane che si sta per laureare, sento sempre la frase: «sì, mi laureo, così sarò disoccupato laureato». Si dice col sorriso, con una sana dose di spensieratezza, certo, ma l’affermazione conserva una dura verità: il futuro è in salita, per i giovani. O, per lo meno, tale viene percepito. E non solo per quel che riguarda il lavoro: la speranza per il futuro deve combattere contro le prospettive sociali e globali, indubbiamente preoccupanti.
Forse sono situazioni comuni ad ogni epoca, ma oggi in particolare i giovani trovano facile rifugiarsi nel presente. Qui scoprono cose oggettivamente belle, scoprono uno stile di vita prezioso, che può offrire crescita e sana leggerezza. Qui possono disinnescare, tra le altre cose, certe rigidità legate a progetti di vita statici e imposti da contesti familiari e sociali. Il pericolo è però quello di ridurre il tempo al solo presente, senza riuscire a comprendere più il significato delle parole «progetto» e «memoria», parole che vanno inevitabilmente a braccetto e che si aiutano a vicenda nella costruzione della propria vita. Il rischio peggiore è che anche la parola «desiderio», di conseguenza, perda spessore e importanza: «visto che non posso pensare il futuro, perché coltivare e costruire il proprio desiderio profondo?».
«Non preoccupatevi per il domani», dice Gesù nel vangelo. I giovani sono quasi costretti a farlo, se non vogliono soffocare in ansia e tensione – le grandi malattie di oggi. Tuttavia il consiglio evangelico presuppone che l’attenzione per il momento attuale sia dettata da una sostanziale fiducia per il futuro, che non è nelle nostre sole mani. Oggi, forse, il rischio è che la centralità del presente sia causata quasi all’opposto, cioè da una terapeutica e necessaria indifferenza per il domani.