«Quante sono le tue opere, Signore!» (Sal 104,24). Coltivare la biodiversità. Imparare a guardare alla biodiversità, per prendercene cura: è uno dei richiami dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco. Esso risuona con particolare forza nel documento preparatorio per il sinodo che nell’ottobre del 2019 sarà dedicato all’Amazzonia, una regione che è «un polmone del pianeta e uno dei luoghi in cui si trova la maggior diversità nel mondo» (Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per un’Ecologia Integrale, n. 9).
La Giornata per la custodia del creato è allora quest’anno per la Chiesa italiana un’occasione per conoscere e comprendere quella realtà fragile e preziosa della biodiversità, di cui anche la nostra terra è così ricca. Proprio il territorio italiano, infatti, è caratterizzato da una varietà di organismi e di specie viventi acquatici e terrestri, a disegnare ecosistemi che si estendono dagli splendidi boschi delle Alpi – le montagne più alte d’Europa – fino al calore del Mediterraneo.
Uno sguardo contemplativo
Al centro della sezione della Laudato si’ dedicata alla biodiversità (nn. 32-42) c’è uno sguardo contemplativo rivolto ad alcune aree chiave del pianeta – dal bacino del Congo, alle barriere coralline, fino alla foresta dell’Amazzonia – sedi di una vita lussureggiante e differenziata, componente fondamentale dell’ecosistema terrestre. Prende così corpo e concretezza la contemplazione del grande miracolo di una ricchezza vitale, che – evolutasi da pochi elementi semplici – si dispiega sul pianeta terra in forme splendidamente variegate.
In tale sguardo papa Francesco sembra fare eco alle parole del Salmo: «Quante sono le tue opere, Signore! Le hai fatte tutte con saggezza; la terra è piena delle tue creature» (Sal 104,24). Quel canto alla potenza creatrice di Dio attraversa l’intera Scrittura, celebrando l’ampiezza della sua misericordia: «Tu hai compassione di tutte le cose, perché tutte sono tue» (Sap 11,26).
Davvero il Dio trino mostra la ricchezza del suo amore anche nella varietà delle creature e lo stesso sguardo di Gesù alla bellezza del mondo – nota ancora la Laudato si’ – esprime la tenerezza con cui il Padre guarda ad ognuna di esse (cf. LS n. 96).
Dopo la Pasqua, poi, le creature «non ci si presentano più come una realtà meramente naturale, perché il Risorto le avvolge misteriosamente e le orienta a un destino di pienezza» (LS. n. 100).
Siamo chiamati, dunque, a lasciarci coinvolgere in tale sguardo, per contemplare anche noi – grati, ammirati e benedicenti, come Francesco d’Assisi – le creature della terra e in particolare il mondo della vita, così vario e rigoglioso.
Uno sguardo preoccupato
Nell’enciclica Laudato si’, però, l’invito alla contemplazione della bellezza si salda con la percezione della minaccia che grava sulla biodiversità, a causa di attività e forme di sviluppo che non ne riconoscono il valore: «per causa nostra migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza, né potranno comunicarci il loro messaggio. Non ne abbiamo il diritto» (n. 33).
La logica dell’ecologia integrale ricorda che la struttura del pianeta è delicata e fragile, ma anche fondamentale per la vita della famiglia umana. In una creazione in cui tutto è connesso, infatti, ogni creatura – ogni essere e ogni specie vivente – dispiega il suo grande valore anche nei legami alle altre. Intaccare tale rete significa mettere a rischio alcune delle fondamentali strutture della vita con un comportamento irresponsabile. Si eviti, quindi, di distruggere realtà di grande valore anche dal punto di vista economico, con impatti che gravano soprattutto sui più fragili. L’attenzione ai più poveri è condizione di possibilità per una vera salvaguardia della biodiversità.
Non a caso l’esortazione apostolica Evangelii gaudium sottolineava che «mediante la nostra realtà corporea, Dio ci ha unito tanto strettamente al mondo che ci circonda, che (…) possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione» (n. 215): la perdita di biodiversità è una delle espressioni più gravi della crisi socio-ambientale. Ed anche il nostro paese è esposto ad essa: con dinamiche che interessano sia il mondo vegetale che quello animale, depotenziando la bellezza e la sostenibilità delle nostre terre e rendendole meno vivibili.
Coltivare e custodire la biodiversità
Che fare allora? La stessa Laudato sì’ ricorda che «siamo chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre, perché il nostro pianeta sia quello che egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace bellezza e pienezza» (n. 53): siamo chiamati, dunque, a convertirci, facendoci custodi della terra e della biodiversità che la abita.
Sarà importante favorire le pratiche di coltivazione realizzate secondo lo spirito con cui il monachesimo ha reso possibile la fertilità della terra senza modificarne l’equilibrio.
Sarà necessario utilizzare nuove tecnologie orientate a valorizzare, per quanto possibile, il biologico.
Sarà altresì importante conoscere e favorire le istituzioni universitarie e gli enti di ricerca, che studiano la biodiversità e operano per la conservazione di specie vegetali e animali in via di estinzione.
Si tratterà, ancora, di opporsi a tante pratiche che degradano e distruggono la biodiversità: si pensi al land grabbing, alla deforestazione, al proliferare delle monocolture, al crescente consumo di suolo o all’inquinamento che lo avvelena; si pensi altresì a dinamiche finanziarie ed economiche che cercano di monopolizzare la ricerca (scoraggiando quella libera) o addirittura si propongono di privatizzare alcune tecnoscienze collegate alla salvaguardia della biodiversità.
Ma andranno pure contrastati – con politiche efficaci e stili di vita sostenibili – quei fenomeni che minacciano la biodiversità su scala globale, a partire dal mutamento climatico. Occorrerà al contempo potenziare tutte quelle buone pratiche che la promuovono: anche per l’Italia la sua valorizzazione contribuisce in molte aree al benessere e alla creazione di opportunità di lavoro, specie nel campo dell’agricoltura, così come nel comparto turistico.
E ha pure un grande valore il patrimonio forestale, di cui l’uragano Vaia ha mostrato la fragilità di fronte al mutamento climatico. È allora forse il momento che ogni comunità si impegni in una puntuale opera di discernimento e di riflessione, facendosi guidare da alcune domande: Qual è la “nostra Amazzonia”? Qual è la realtà più preziosa – da un punto di vista ambientale e culturale – che è presente nei nostri territori e che oggi appare maggiormente minacciata? Come possiamo contribuire alla sua tutela? Occorre conoscere il patrimonio dei nostri territori, riconoscerne il valore, promuoverne la custodia.
Il creato attende
Il messaggio inviato da papa Francesco per la Quaresima 2019 ricorda che il creato attende ardentemente la manifestazione dei figli di Dio: attende, cioè, che finalmente gli esseri umani manifestino la loro realtà profonda di figli, anche in comportamenti di amore e di cura per la ricchezza della vita. Solo un’umanità così rinnovata sarà all’altezza della sfida posta dalla crisi socio-ambientale: che lo Spirito creatore guidi ogni uomo e ogni donna ad un’autentica conversione ecologica, secondo la prospettiva dell’ecologia integrale della Laudato si’, perché – nel dialogo e nella pace tra le diverse fedi e culture – la famiglia umana possa vivere sostenibilmente sulla terra che ci è stata donata.
Roma, 31 maggio 2019, Visitazione della Beata Vergine Maria
La Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace
La Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo
Non mi meraviglierei se in cielo constateremo ancor più chiaramente che dall’ultimo concilio abbiamo avuto, almeno sino ad ora, il dono di papi tutti santi. Dunque parlo con amore, per un possibile contributo ad una crescita comune. Mi pare davvero un dono di Dio che ci si stia aprendo con più frequenza all’elezione di papi non italiani. Può apparire sotto molti aspetti positivo che i pontefici vengano via via da ogni parte del mondo. Tra l’altro eventualmente nuove aperture, stimoli originali, sblocco di possibili apparati.
Però con una mentalità diffusa ancora poco sinodale vi è l’inconveniente che un papa straniero porta l’esperienza della sua terra mentre magari conosce meno la storia italiana. Può così tendere a cercare di riproporre in Italia certe piste del proprio paese di origine che in Italia risultano variamente artefatte. Per cui non solo si può riscontrare il problema generalizzato del bisogno di un discernimento rinnovato, per esempio non spiritualista o razionalista o pragmatista. Dunque passaggi meno schematici, distinzioni più adeguate. Ma anche, all’interno di ciò, la poca sinodalità, la confusione dei vissuti di popoli diversi o comunque il pericolo di non maturare un adeguato polso delle diverse situazioni.
Ecco un’ulteriore spinta ad intuire che forse è bene che il papa, i pastori, diventino sempre più appunto anche accoglitori, stimolatori, dei carismi altrui, anche nei vari paesi. Un’autentica partecipazione, sinodalità, dalle quali ancora oggi si può essere talora molto lontani. Al di là delle parole nuove. Non concretizzandosi tali percorsi si possono creare ostacoli alla vita di fede a tutto campo.
Non va escluso insomma che un pontefice straniero venga mal consigliato da poche persone. Mi chiedo se questo rischio lo corre oggi anche Francesco. Per qualcuno il male minore è appoggiare la parte politica meglio disposta all’accoglienza degli immigrati. Pazienza, si afferma, se sui temi identitari prevale l’omologazione nihilista.
A me pare che quello dell’accoglienza dei migranti sia di fatto l’unico valore sotto molti aspetti positivo di compagini politiche che hanno metodicamente svuotato il paese immergendolo in una drammatica alienazione politicamente corretta-consumista che sta portando il mondo verso il crollo. Non è un caso che un numero crescente di persone si senta totalmente estranea a tale sistema individualista-finanziario imperante per esempio in Europa e in Italia. Imperante anche quando va in minoranza alle elezioni. Davvero ormai la distinzione essenziale è tra questa oligarchia al potere, a sua volta rigidamente teleguidata, irreggimentata, da pochi signori del denaro e la gente che subisce tale continua espropriazione della propria storia, di ogni ricerca autenticamente libera, umana. E che poi viene anche accusata, a seconda della convenienza, di immaturità.
Dunque il tema dei migranti, sia pure subliminalmente in versione omologante, spegnente, è stato l’ancora elettorale di salvezza di un potere che va implodendo. Altro che favore ricevuto che orienta noi cristiani a sopportare lo svuotamento di cui sopra. Il profondo sostegno profuso per un sistema in crisi apre spazi per stimolare, sia pure nei tempi e nei modi adeguati, una strada ora più nitida. Non per esempio la rivendicazione di un maggiore spazio educativo per i soli cattolici. Ma invece il favorire per ciascuno la libera scelta della formazione nella vissuta identità ricercata e nello scambio con le altre. Ossia una strada tendente a riscattare le persone dalla dittatura del pensiero unico rendendole sempre più capaci di maturare, di confrontare, valutazioni personali, non programmate dall’alto. E dunque desiderose di una partecipazione più consapevole e concreta, meno disposte a venire lasciate nel solito cantuccio. Magari in nome di uno scientismo ad uso dei dominatori e isolato da una più autentica maturazione complessiva, personale e comunitaria.
Il sistema tecnicista-consumista sembra procedere in gran parte automaticamente, con i teleguidati ruoli, le asfittiche incanalate competenze, verso lo sfinimento totale, a tutto campo. Questi meccanicismi tendono a chiudere ogni esponente dell’oligarchia nel cortissimo respiro dell’interesse personale, con persino nessuna attenzione ad un’autentica, partecipata, ricerca del vero. Masse crescenti sperimentano un annullamento totale e dunque una non sempre matura ribellione che viene stigmatizzata dallo stesso apparato artefice di tale situazione. Ma per i motivi suddetti impossibilitato a comprendere tutto ciò. Penso che non pochi funzionari della stessa oligarchia saranno via via ben felici di aggregarsi a piste più costruttive, capaci di coinvolgere davvero le persone, di alimentare concrete speranze. http://gpcentofanti.altervista.org/dove-viene-il-regno-di-dio/