Sta per arrivare l’estate: siete sulla spiaggia e guardate i bambini che giocano sulla sabbia, facendo castelli, buche, modificano in modo sostanziale la battigia, ma, alla sera, le onde del mare rimettono tutto a posto.
La mattina seguente, il gioco riprende con allegria e spensieratezza. In fondo, abbiamo tutti la convinzione che le nostre azioni, anche in collaborazione con gli altri, possano modificare solo in modo marginale il pianeta che ci ospita; alla fine, la Terra, come un gigante buono, rimetterà le cose a posto, esattamente come le onde del mare sistemano la spiaggia alla sera.
In effetti, è proprio quello che è successo nel passato: gli uomini costruivano città, disboscavano terreni, ma dopo un po’, la Natura riprendeva il sopravvento, riportando l’ambiente al suo aspetto naturale.
Lo sviluppo e i suoi limiti
Oggi, però, ci sono ampie zone del nostro pianeta che sono state modificate radicalmente dall’azione umana in modo definitivo, tanto che la Comunità Scientifica ha chiamato Antropocene l’attuale era geologica.
È un importante riconoscimento delle capacità e delle forze che il genere umano ha costruito nei secoli e le rivoluzioni industriali sono il coronamento di un’evoluzione millenaria. L’uomo è ancora molto piccolo rispetto alla Terra, ma tutti insieme siamo stati capaci di sfruttare le risorse per soddisfare i nostri bisogni primari e non solo.
Il risvolto della medaglia, messo in evidenza già a metà del secolo scorso, sono le conseguenze del progresso umano sul nostro Pianeta.
Il punto di svolta arriva con la pubblicazione de I limiti dello sviluppo nel 1972 ad opera del Club di Roma. La tesi è che la crescita economica illimitata, in un contesto di risorse finite, non è possibile, e indicava i primi decenni del 21° secolo come il momento in cui le risorse si sarebbero ridotte in maniera significativa e l’umanità avrebbe dovuto affrontare i problemi conseguenti.
Nonostante il grande scetticismo, in particolare degli economisti, la tesi del libro si è dimostrata corretta. Da almeno venti anni, esiste una mole colossale di documenti che attestano che l’uomo è la causa principale dei cambiamenti ambientali che si stanno manifestando con sempre maggiore intensità in tutto il mondo.
Giusto per dare un’idea, un negazionista climatico, che sostiene che il cambio del clima non sia conseguenza delle attività umane, ha lo stesso valore scientifico di un terrapiattista, ovvero colui che ritiene la Terra piatta! Attenzione, quindi, ai dibattiti televisivi dove si mettono a confronto due persone, una che rappresenta il 99,9% della Comunità Scientifica e l’altra che rappresenta sé stessa: l’obiettivo è nascondere la verità e non rendere consapevoli le persone degli effetti delle nostre azioni.
Perché sta proprio qui il punto, oggi siamo di fronte a sfide che l’umanità non ha mai affrontato e la gran parte delle persone non ha la consapevolezza di ciò che sta accadendo; molti vivono con la certezza che oggi sarà più o meno come ieri e così pure il domani, eliminando dalla mente i tanti campanelli d’allarme che si stanno accendendo dappertutto.
Infatti tutti vogliamo mantenere le nostre comodità e non siamo disposti a cambiare radicalmente il nostro modo di vita. Molti pensano, infatti, che il cambiamento porterà ad un peggioramento della qualità della vita, ma è non è sempre così, anzi, a volte ci sono grandi opportunità.
Leggere gli eventi “estremi”
L’esempio più interessante è la mobilità elettrica, osteggiata da molti, soprattutto in Italia. Chiudete gli occhi e immaginate che, domani, tutti i mezzi di trasporto siano elettrici: la prima conseguenza è la quasi totale scomparsa delle polveri sottili, che, solo nella Pianura Padana, abbassano la qualità dell’aria per decine di milioni di persone e causano oltre 50.000 morti premature all’anno, un cambio niente male.
Certo, non sempre funziona tutto così, ma è importante valorizzare le grandi opportunità che ci sono nella Transizione Ecologica, che inizia proprio da quella Energetica, la quale sta alla base del nostro sistema economico. È evidente che i gruppi di potere che si sono arricchiti, e continuano a farlo, cerchino di rallentare il processo che è già in corso e che è travolgente in alcune parti del mondo.
Il primo concetto da fissare è che l’apparente equilibrio che c’è tra l’uomo e il pianeta in realtà non esiste e la conferma è negli eventi estremi, che stanno diventando la normalità.
L’aumento della temperatura terrestre è di almeno 1,2 °C rispetto al 1800, per l’Italia è mediamente il doppio, mentre ai Poli è il quadruplo.
Quali sono le ragioni che hanno determinato un aumento così rapido (poco più di un paio di secoli) della temperatura terrestre? La risposta sta nella concentrazione di particolari gas, chiamati gas serra, nell’atmosfera. Il principale è l’anidride carbonica, a cui si aggiungono il metano e il diossido di azoto. Tutti sono prodotti dall’attività umana e vengono dispersi nell’ambiente, dove si accumulano e aumentano la capacità dell’atmosfera di conservare il calore solare.
Tenendo conto solo dell’anidride carbonica, la concentrazione è passata da 280 ppm (parti per milione) dell’epoca preindustriale a 425 ppm di aprile 2023, con un aumento di oltre il 50%! Sono cifre clamorose, perché gli studi fatti attestano che questi livelli sono stati raggiunti più di tre milioni di anni fa.
La Terra, quindi, ha già vissuto con livelli di gas serra più elevati, ma non il genere umano e buona parte delle altre specie viventi, quindi siamo in un territorio completamente inesplorato.
Altro aspetto importante è la rapidità con cui avviene il fenomeno, siamo passati da scale di milioni di anni a decenni. Tutto questo fa dire agli scienziati che «il genere umano sta conducendo un gigantesco esperimento geofisico, inimmaginabile in passato e irripetibile nel futuro: nel giro di qualche secolo immetteremo nell’atmosfera e negli oceani, tutto il carbonio organico immagazzinato nei sedimenti durante centinaia di milioni di anni».
L’aumento della temperatura dà forza a fenomeni che già ci sono, come El Niño, un riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico che ha effetti su tutto il mondo.
Ai primi di maggio, l’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni Unite ha comunicato che «lo sviluppo di un El Niño porterà molto probabilmente a un nuovo picco nel riscaldamento globale e aumenterà la possibilità di battere i record di temperatura» e continua affermando che «il mondo dovrebbe prepararsi allo sviluppo del Niño. Potrebbe portare sollievo dalla siccità nel Corno d’Africa, ma potrebbe anche scatenare più eventi meteorologici estremi», come ondate di calore, siccità ed alluvioni nel resto del mondo.
Occorre una consapevolezza collettiva
L’avvertimento è forte e chiaro, qualcuno lo ascolterà e agirà di conseguenza? I decisori politici sono chiamati in causa, ma ognuno di noi può fare la propria parte. È un tema decisivo, che ha bisogno di un approfondimento specifico.
Ritornando al tema della consapevolezza collettiva, l’allarmismo sull’aumento della temperatura non ci colpisce molto, perché abbiamo gli strumenti per difenderci, almeno entro certi limiti.
Purtroppo, la temperatura media è solo uno degli effetti del cambiamento climatico di origine antropica, altri sono molto più difficili da gestire. Ne porto all’attenzione due, tra i diversi fenomeni che sono già in atto, ovvero la siccità e l’innalzamento dei mari.
Uscito pochi mesi fa, l’ultimo rapporto dell’IPCC (l’organismo dell’ONU che si occupa dello studio del clima) indica che in tutti gli scenari sviluppati da qui al 2050 e 2100, si registrerà una significativa riduzione delle piogge in tutta l’area nord del Mediterraneo e un loro aumento in tutta l’area sub-sahariana. È come se il Tropico del Cancro si stesse spostando verso nord e, in questo movimento si porta dietro l’anticiclone nordafricano che staziona sul Sahara.
Di conseguenza, il deserto si avvicina a noi, mentre a sud del Sahara si apre uno spazio di correnti che, nel giro di qualche decennio, potrebbero alleviare i cronici problemi di mancanza d’acqua in quella zona. Gli ultimi anni confermano quanto scritto sopra; infatti, in Catalogna, non ci sono piogge significative da quasi tre anni, situazione simile all’Italia Nord-occidentale.
Le conseguenze sono diverse: dalla significativa perdita di produzione agricola fino all’arrivo delle autobotti perché sorgenti e fiumi sono secchi.
L’acqua è decisiva per la vita umana e tutte le previsioni indicano guerre per il controllo della poca che resta disponibile.
L’altro effetto molto difficile da gestire è l’innalzamento del livello del mare, che rischia di essere la principale causa di migranti climatici dei prossimi anni. Giusto per dare un’idea, il completo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia comporta un aumento di sedici metri del livello dei mari, mentre per l’Antartide si parla di quaranta metri. Sono numeri pazzeschi, ma il delicato equilibrio di innumerevoli aree costiere sarebbe compromesso già con un aumento intorno al metro. Dalle isole polinesiane alle Maldive, fino a megalopoli come Shangai, Dacca, Giacarta o Bombay fino a New York, Venezia e il litorale olandese, solo per fare alcuni esempi. Un giro del mondo che coinvolge miliardi di persone che, in pochissimo tempo, dovrebbero spostarsi per evitare di essere sommersi.
La sfida che abbiamo davanti è immensa e solo con una presa di coscienza forte è possibile agire in tempi rapidi per limitare o rimuovere le cause del cambiamento climatico antropico e, nel contempo, attivare azioni per mitigare gli effetti che già oggi, e ancora di più domani, vediamo su tutto il pianeta.
- Andrea Tolomelli è vicepresidente Circolo Legambiente Pianura Nord Bologna.
Chissà cosa avrebbe fatto Legambiente se, durante il riscaldamento terrestre del periodo medoevale (Optimum climatico medievale)? Avrebbe trovato, come nel mondo cosiddetto moderno, tanti gonzi pronti a bersi tutte le loro catastrofiche previsioni? Quanto al malthusiano “Club di Roma”…
Il ‘periodo caldo medioevale’ fu meno caldo di adesso, e fu limitato ad alcune zone del pianeta, mentre il cambiamento climatico attuale è molto più rapido e globale
Riguardo allo scioglimento dei ghiacciai ho un interrogativo. Se si tratta dei ghiacciai terrestri, capisco l’innalzamento del livello del mare (ilm). Ma se si parla di ghiacciai del tipo “iceberg” non si può parlare di ilm. Ora io mi chiedo: Groenlandia o Polo Nord sono ghiacciai terrestri o simili agli iceberg?
Il Polo Nord è ghiaccio galleggiante
La Groenlandia è l’Antartide invece sono ghiacciai terrestri spessi alcuni chilometri