Dove l’intelligenza artificiale ci ha già superati

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In questi giorni gli sviluppi politici hanno innescato una serie di crolli sui mercati finanziari. I dazi promessi da Donald Trump fanno scendere i titoli azionari negli Stati Uniti e in Europa, la necessità di emettere nuovo debito per finanziare le spese per la difesa in grandi Paesi come la Germania fa salire i rendimenti dei titoli di Stato e dunque riduce i loro prezzi.

C’è soltanto una spinta che va in direzione contraria, che si oppone alle rovinose conseguenze delle scelte degli esseri umani: l’ascesa dell’intelligenza artificiale.

A parte la geopolitica, la variabile decisiva per spiegare l’andamento delle Borse negli ultimi due-tre anni è stata soltanto la scommessa degli investitori sulle potenzialità dell’intelligenza artificiale, sulla rapidità della sua diffusione, dunque sulle prospettive di utili per le aziende che offrono servizi basati su questa tecnologia o vendono i chip necessari ad addestrare gli algoritmi.

L’ossessione per il breve periodo, però, ci ha fatto perdere di vista una questione più generale: mentre OpenAI, Elon Musk, Anthropic e DeepSeek cercano di sviluppare una intelligenza artificiale generale, che sia simile a una mente umana, in molti compiti specifici le macchine sono già superiori a noi.

Soltanto nel 2016 è stata una notizia di rilevanza mondiale il fatto che una intelligenza artificiale di AlphaGo avesse battuto il campione umano Lee Sedol nel complesso gioco del Go, una specie di scacchi. Oggi sarebbe impossibile per un umano battere l’algoritmo, che ha continuato a evolversi.

Nello Cristianini è professore di intelligenza artificiale all’Università di Bath, in Gran Bretagna e firma di Appunti. Nei suoi libri La Scorciatoia e Machina Sapiens (entrambi editi dal Mulino) ha raccontato l’ascesa di questa nuova generazione di intelligenze artificiali. Ora pubblica Sovrumano. Oltre i limiti della nostra intelligenza (il Mulino).

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  • In quali campi l’intelligenza artificiale ha già superato le prestazioni degli esseri umani? Come si sta evolvendo?

L’essere umano si considera capace di risolvere problemi molto diversi tra loro: dal tradurre il latino al fare diagnosi mediche, fino a inventare un nuovo tipo di farmaco. La stessa intelligenza può occuparsi di compiti variati, ed è ciò che oggi si definisce “intelligenza artificiale generale”.

Per arrivare a questa ipotetica intelligenza artificiale generale, al momento si seguono due strade diverse. La prima è la cosiddetta scaling hypothesis (congettura della scala), ovvero l’idea che, aumentando le dimensioni dei modelli attuali, si accresca l’intelligenza generale della macchina.

In questa ipotesi si crede molto, tanto che le grandi aziende hanno investito miliardi di dollari, ritenendo che basti aumentare la scala, senza modificare l’architettura, per ottenere risultati significativi.

La seconda strada, esplorata da poco, riguarda il ragionamento, ossia la capacità delle macchine di formulare veri e propri ragionamenti logici. Entrambi i percorsi potrebbero funzionare, forse in combinazione. Non si tratta di opinioni o sensazioni, ma di vera ingegneria.

  • Come facciamo a capire se la macchina è più intelligente di noi?

Se vogliamo creare una macchina sempre più intelligente, serve un modo per misurarne i progressi.

Se puntiamo a eguagliare una nostra abilità, dobbiamo poter stabilire chiaramente il momento in cui questo accade. Esiste infatti una scienza della misurazione delle macchine intelligenti, una sorta di “psicometria delle macchine”, in cui si sottopongono alle IA batterie di test sofisticati e se ne valuta la prestazione.

A ogni nuova generazione, le macchine migliorano. Possiamo poi somministrare gli stessi test agli esseri umani per verificare il punto in cui vengono raggiunti o superati. Non parliamo di opinioni, ma di misure oggettive e ripetibili.

Le aziende competono in questo campo, i test diventano sempre più difficili e le macchine sempre più capaci, avvicinandosi alle prestazioni umane: un fenomeno che non possiamo ignorare.

  • A che punto siamo?

Le grandi aziende hanno già elaborato una sorta di “roadmap” per raggiungere l’intelligenza artificiale generale. OpenAI, che ha sviluppato GPT, prevede cinque fasi:

  1. I conversatori (le macchine che interagiscono a livello linguistico, realtà in cui ci troviamo da un paio d’anni).
  2. I ragionatori (sistemi capaci di ragionare in modo logico, e già da qualche mese esistono soluzioni di ottima qualità).
  3. Gli agenti (macchine in grado di agire in autonomia sul web, cercare informazioni, abbonarsi a servizi, pagare bollette, sempre per raggiungere un obiettivo).
  4. Gli innovatori (sistemi capaci di creare o innovare).
  5. Le organizzazioni (insiemi di agenti che collaborano per obiettivi complessi).

Al momento siamo al terzo stadio, quello degli “agenti”.

  • Quali sono le conseguenze del fatto che in vari campi l’IA risulta già “superumana”?

Dobbiamo prendere atto che in alcuni settori siamo già stati superati, in altri potremmo esserlo a breve, e su questo occorre basare la discussione.

Oltre ai sorpassi specialistici (come nel caso degli scacchi), le macchine generaliste – per esempio GPT-4 o Cloud 3.7 – in diversi ambiti, se testate in modo rigoroso, ottengono prestazioni superiori alle nostre.

Per esempio, in recenti batterie di test di matematica e programmazione risultano spesso migliori dell’essere umano medio e talvolta superano anche persone molto competenti. In certi casi superano persino il livello dei migliori specialisti, ma almeno il 10 per cento di vantaggio sulle persone comuni è ormai assodato.

Possono passare esami universitari, formulare diagnosi mediche e tradurre fluentemente in circa 200 lingue. Insomma, in molti campi si avvicinano alle nostre capacità, ci eguagliano o ci superano.

Le conseguenze pratiche sono evidenti. Il settore della traduzione, per esempio, è stato uno dei primi a sperimentare questo impatto: fino a pochi anni fa, un traduttore specializzato in lingue rare (come il lituano e il portoghese) poteva guadagnare bene per questo servizio.

Oggi, però, qualunque combinazione di 200 lingue viene gestita a costo zero dalle macchine.

Lo stesso potrebbe capitare presto al radiologo (dal momento che le macchine già leggono alcune radiografie meglio di un essere umano), al tassista, al giornalista, all’insegnante e persino al medico.

È un mondo in cui tutto si evolve molto in fretta, dunque dobbiamo prepararci. Bisogna anche lavorare per rendere l’IA più sostenibile a livello ambientale, con costi energetici ridotti e maggior rispetto delle normative.

In futuro, inoltre, sarà necessario superare l’attuale dipendenza dal testo: ora le macchine leggono principalmente il web in forma testuale, ma un giorno dovranno generare i propri dati nel mondo reale, con robot o automobili, e in quel caso non potremo più “vedere” facilmente tutto ciò che apprendono. La ricerca, insomma, non è affatto terminata.

Per quanto riguarda il lavoro, la sensazione di essere superati che oggi prova il traduttore – notando che la macchina fa il suo lavoro in modo efficiente – potrà presto coinvolgere anche radiologi, programmatori informatici, medici, insegnanti e giornalisti, in diversi contesti e applicazioni.

  • Quale ruolo rimane per gli esseri umani?

A me interessa sia a livello filosofico sia a livello pratico. Filosoficamente, questo è il momento di concentrarci: cerchiamo di capire quali sono quelle cose che noi non potremo mai fare.

Io lo chiamo, scherzando ma non troppo, “il residuo”: ciò che resta quando la macchina ha preso tutto ciò che può. Ecco, quel residuo è ciò che è unicamente umano. Teniamo presente che vale in entrambe le direzioni: ci sono cose che la macchina fa e che noi non possiamo fare — anche quello è un “residuo”.

Troveremo questi territori man mano che diverranno gradualmente più impervi, perché la macchina si spingerà sempre più lontano, finché supererà la frontiera e si collocherà in un mondo per noi incomprensibile. Dalla nostra parte, però, esistono anche cose che noi possiamo fare e che la macchina non riuscirà mai a fare.

Troviamole adesso, perché è lì che si gioca la nostra identità, il nostro lavoro e la nostra competitività. Non dico che sia facile rispondere a questa domanda umanistica, ma bisogna affrontarla ora. Non facciamo l’errore di scartare queste riflessioni ripetendo la solita storia secondo cui saremmo “insuperabili” per qualche motivo non spiegato.

Spieghiamolo, se lo conosciamo, il motivo per cui siamo insuperabili, perché i dati ci raccontano una storia un po’ diversa.

  • Stiamo vivendo una nuova rivoluzione industriale?

Ci sono stati momenti nella storia simili a questo, in cui una grande innovazione tecnica — la macchina a vapore, per esempio — ha determinato cambiamenti profondi. È vero che quando si introduce la macchina a vapore c’è uno stravolgimento, ma poi la gente si adatta. Ci si può aspettare che anche stavolta ci adegueremo.

Tuttavia, ricordiamo che la macchina a vapore ha avuto conseguenze interessanti: avviò un certo tipo di industria, portò il lavoro nelle città, spostò la popolazione dalla campagna ai centri urbani e creò un proletariato che prima non esisteva, dando origine al socialismo e alle rivoluzioni. Il mondo prese una piega diversa grazie a un’innovazione tecnica e credo che questo possa capitare di nuovo.

È il genere di innovazione capace di cambiare il mondo. Teniamo presente che “sovrumano” può sembrare un termine altisonante, ma indica semplicemente ciò che supera i limiti degli esseri umani. Non è soprannaturale, non è magico: una macchina sovrumana è una macchina con capacità superiori alle mie.

Parlando di intelligenza, in questo caso, significherebbe una macchina più intelligente di un essere umano, e dobbiamo affrontare la questione con il distacco dello scienziato: come si misura, come si individua, come si costruisce, come si controlla, come si contiene.

Ecco, questa è la missione del 2025 per i ricercatori in questo campo.

  • Dal Substack di Stefano Feltri, Appunti, 8 marzo 2025

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