Edipo e Sisifo

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sisifo

Due personaggi diversi della mitologia greca – Edipo e Sisifo – assurgono, a mio avviso, a simbolo e metafora della condizione umana, senza con ciò, beninteso, esaurirne la complessità.

Che si guardi alle vicende dei singoli o delle famiglie o di altri gruppi e dei popoli, il conflitto è onnipresente: “Pólemos è padre di tutte le cose”, come ci insegna Eraclito. E quale espressione più profonda di esso se non il conflitto interiore, quella sorta di guerra civile del Sé che ci accompagna per tutta la vita? Odio e amore, appunto: questo è Edipo.

Odio che, inconsapevolmente, può condurre al parricidio, trasformandosi magari in senso di colpa e disprezzo per se stessi: l’oggetto dell’odio, infatti, era nello stesso tempo oggetto d’amore. Amore che può approdare, altrettanto inconsapevolmente, all’incesto, alimentando altri sensi di colpa o odio nei confronti dell’“oggetto” tanto desiderato.

Non a caso fiumi d’inchiostro sono stati versati sull’Edipo dalla letteratura psicoanalitica e oggi tutte e tutti ne abbiamo un’idea, magari legata anche al mito di Elettra.

Pure Sisifo vive, ama, odia. Ma finisce per spingere indefinitamente un masso che, giunto in cima, ogni volta ricade giù. Un destino, a ben vedere, che coinvolge ciascuno di noi: re o straccioni, vinti e vincitori, deboli e forti, travolti dalle sventure e baciati dalla fortuna.

Chi è al vertice soffre, fino a impazzire (e talora fino a provocare distruzione e morte, magari di milioni di altri esseri umani), per il timore di venir rovesciato; chi sta giù si affanna per migliorare la propria condizione e provare a “salire”. E tale saliscendi rischia di risolversi nel non senso, nella “noia” intesa come insensatezza. I filosofi dell’esistenza ne hanno discusso a lungo.

Gesù di Nazareth, il Dio della Bibbia e di Gesù Cristo offrono, a chi ha fede (nutrita magari dal dubbio), un’altra prospettiva. Indicano una via che, senza negarli (come potrebbe negare l’umanità degli esseri umani Gesù, che nasce in una stalla e patisce e muore in croce?), porta oltre Edipo e oltre Sisifo. Una via viva grazie alla quale la debolezza si fa forza, e viceversa. E qui si situa la speranza; non una speranza collocata in un futuro indefinito, però, bensì una speranza vissuta.

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