Coraline Ada Ehmke, una programmatrice molto famosa nel mondo dell’open source e nota per il suo attivismo a difesa dei diritti umani, ha proposto una licenza open source che richiede agli utenti di non danneggiare il prossimo. Il software open source può essere generalmente copiato e riutilizzato liberamente, grazie a questa licenza, definita ippocratica per l’analogia con il giuramento medico, si vogliono imporre vincoli etici a questa pratica.
Il software deve il suo nome al fatto di essere un prodotto tendenzialmente immateriale – soft – . Tuttavia ha numerosi effetti nel mondo reale. E da quando la tecnologia IT sta toccando ogni ambito della nostra vita non sempre ha un uso che si può definire buono. La Cina utilizza la tecnologia di riconoscimento facciale per rintracciare i musulmani uiguri. L’esercito americano usa droni per uccidere i sospetti terroristi e tutti i civili vicini. Gli agenti dell’immigrazione e del controllo doganale degli Stati Uniti – gli stessi che hanno rinchiuso i bambini figli dei migranti in gabbie vicino al confine messicano – si affidano a software per le comunicazioni e il coordinamento, esattamente come tutte le organizzazioni moderne.
Il codice e il potere
Qualcuno ha dovuto scrivere il codice che rende tutto ciò possibile. Sempre di più, alcuni sviluppatori chiedono ai loro datori di lavoro e al governo di smettere di usare il loro lavoro in modi che ritengono non etici. I dipendenti di Google hanno convinto l’azienda a interrompere il lavoro di analisi dei filmati con i droni e ad annullare i piani per fare offerte su un contratto di cloud computing con il Pentagono. I dipendenti Microsoft hanno protestato per il lavoro della società per l’US Immigration and Customs Enforcement (ICE) e per i militari, anche se finora con scarso successo.
Ma è difficile impedire a una società o un governo di utilizzare software già in suo possesso, soprattutto se quel software è open source. Il mese scorso, ad esempio, un programmatore, Seth Vargo, ha eliminato parte del suo codice open source dai repository online per protestare contro il suo potenziale utilizzo da parte dell’ICE. Ma poiché il codice open source può essere copiato e distribuito liberamente, il suo codice è presto tornato online altrove.
Resistenza al male
Coraline Ada Ehmke vuole dare ai suoi colleghi sviluppatori un maggiore controllo su come viene utilizzato il loro software. Il software rilasciato con una nuova licenza, che ha chiamato Licenza Ippocratica, può essere condiviso e modificato per quasi tutti gli scopi della programmazione, con una grande eccezione: «Individui, società, governi o altri gruppi per sistemi o attività che mettono in pericolo attivamente e consapevolmente, danneggiano o minacciano il benessere fisico, mentale, economico o generale di individui o gruppi in violazione della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite».
Definire cosa significa fare del male non è però così facile e si può arrivare a definizioni anche molto controverse. Tuttavia Ehmke spera che legare la licenza agli standard internazionali esistenti ridurrà l’incertezza. La dichiarazione dei diritti umani «è un documento che ha 70 anni ed è piuttosto ben consolidato e accettato per la sua definizione di danno e di che cosa significa veramente violare i diritti umani» – ha affermato in un’intervista a Wired.
È una proposta audace, ma è esattamente il genere di cose per cui Ehmke è nota. Nel 2014 ha scritto la prima bozza di un codice di condotta per progetti open source chiamato Patto dei Collaboratori. All’inizio ha incontrato scetticismo, ma oltre 40.000 progetti open source l’hanno adottato, dalla piattaforma di intelligenza artificiale di Google TensorFlow al kernel Linux.
Per ora, pochi usano la Licenza Ippocratica. La stessa Ehmke non lo sta ancora usando. Deve ancora passare una revisione legale, cosa per la quale ha assunto un avvocato, e ci sono molte potenziali insidie, come la compatibilità con altre licenze, da affrontare. Ma Ehmke afferma che la licenza è meno per indurre le persone a usarla e più per iniziare una conversazione sull’etica dell’open source e il controllo dei programmatori sul loro lavoro.
Proteggere il codice dagli abusi
Ehmke riconosce che cambiare il modo in cui i tecnici concedono in licenza il loro lavoro non impedirà di per sé la violazione dei diritti umani. Ma vuole fornire ai tecnologi uno strumento per impedire alle aziende, ai governi o ad altri attori potenzialmente malintenzionati di usare il codice open per commettere abusi.
Il termine inglese open source (cioè fonte aperta) viene utilizzato per riferirsi ad un tipo di software o al suo modello di sviluppo o distribuzione. Un software open source è reso tale per mezzo di una licenza attraverso cui i detentori dei diritti ne favoriscono la modifica, lo studio, l’utilizzo e la redistribuzione.
Caratteristica principale dunque delle licenze open source è la pubblicazione del codice sorgente (da cui il nome). Il fenomeno ha tratto grande beneficio da Internet, perché esso permette a programmatori distanti di coordinarsi e lavorare allo stesso progetto.
Attualmente, l’open source tende ad assumere rilievo filosofico, consistendo in una nuova concezione della vita, aperta ed ostile a qualsiasi appannaggio esclusivo, che l’open source si propone di superare mediante la condivisione della conoscenza.
Open source e software libero, seppure siano sovente utilizzati come sinonimi, hanno definizioni differenti: l’Open Source Initiative ha definito il termine «open source» per descrivere soprattutto libertà sul codice sorgente di un’opera. Il concetto di software libero descrive più generalmente le libertà applicate ad un’opera ed è prerequisito che il suo codice sia consultabile e modificabile, rientrando generalmente nella definizione di open source.
Software non discriminatori
L’Iniziativa Open Source no profit afferma che il software open source «non deve discriminare alcuna persona o gruppo di persone» e «non deve impedire a nessuno di utilizzare il programma in uno specifico campo di attività».
Se le violazioni dei diritti umani si qualifichino come un «campo specifico di impegno» ai sensi di tale definizione è una questione aperta, perché Ehmke non ha formalmente sottoposto la licenza di Ippocrate all’OSI per la revisione. Ma in un tweet il mese scorso , l’organizzazione ha suggerito che la licenza non si adatta alla sua definizione di open source. Il cofondatore dell’OSI Bruce Perens ha anche scritto sul suo blog che la licenza è in conflitto con la definizione dell’organizzazione.
Ehmke spera di radunare la comunità open source per fare pressione sull’OSI affinché cambi la sua definizione o ne crei una nuova. «Penso che la definizione dell’Iniziativa Open Source sia orribilmente datata», afferma Ehmke. «In questo momento come comunità open source non abbiamo gli strumenti per assicurarci che la nostra tecnologia non sia utilizzata dai fascisti».
Le preoccupazioni di Ehmke risuonano con quelle di altri tecnologi. Michael Cafarella, il co-creatore della popolare piattaforma di analisi dei dati open source Hadoop, ha visto il suo lavoro utilizzato in modi che non si aspettava, anche dalla National Security Agency.
Il software e il suo uso
«È una buona idea che le persone siano molto preoccupate per l’abuso del loro software», afferma. «Sono personalmente più preoccupato per gli abusi da parte di governi non democratici, che dispongono di ingenti risorse ingegneristiche che possono utilizzare per modificare e implementare questi progetti. Non ho abbastanza background per sapere se [la Licenza Ippocratica] sarà efficace con questo tipo di abuso ».
Cercare di cambiare la definizione di open source per soddisfare le preoccupazioni etiche ha una storia lunga e controversa. Ehmke è tutt’altro che la prima a scrivere una licenza volta a fermare usi dannosi di codice liberamente disponibile. La GPU per applicazioni informatiche peer-to-peer è stata rilasciata nel 2006 con una licenza che ne vietava l’uso da parte dell’esercito. Finora ha avuto scarso effetto, ma potrebbe cambiare.
All’inizio di quest’anno decine di progetti software hanno adottato la «Licenza Anti-996», che impone agli utenti di conformarsi agli standard di lavoro sia locali che internazionali, in risposta alle segnalazioni di estenuanti condizioni di lavoro presso aziende tecnologiche cinesi. Ehmke ritiene che il contraccolpo contro l’ICE, che si estende oltre la comunità tecnologica, potrebbe essere un punto di non ritorno.
Open source
Altri indicano la possibilità di stabilire un nuovo termine per il codice che è aperto per la maggior parte degli usi ma limitato per gli altri. «Forse smettiamo di chiamarlo “open source” e iniziamo a chiamarlo “open for good source”», ha twittato Vargo, il programmatore che ha eliminato il codice per protestare contro ICE, il mese scorso.
Il termine «open source» è stato adottato alla fine degli anni ’90 come alternativa al «software libero», che era legato a scopi più ideologici. Tutto ebbe inizio negli anni Ottanta quando al MIT la sostituzione dei computer fece sì che i programmatori non potessero accedere al sorgente del nuovo driver di una stampante Xerox per implementarvi una funzionalità gradita in passato: la segnalazione automatica che vi erano problemi con la carta inceppata.
Contemporaneamente, società private cominciarono ad assumere diversi programmatori del MIT, e si diffuse la pratica di non rendere disponibili i sorgenti dei programmi firmando accordi di non divulgazione (in inglese: NDA, ovvero Non-Disclosure Agreement).
In questo contesto molti programmatori – fra i quali Richard Stallman, che sarebbe diventato il portabandiera del software libero – si rifiutarono di lavorare per una società privata. Stallman fondò nel 1985 la Free Software Foundation (FSF), un’organizzazione senza fini di lucro per lo sviluppo e la distribuzione di software libero. In particolare lo sviluppo di un sistema operativo completo, compatibile con UNIX, ma distribuito con una licenza permissiva, con tutti gli strumenti necessari altrettanto liberi.
Si tratta del progetto nato l’anno precedente, ovvero GNU, acronimo ricorsivo per contemporaneamente collegarsi e distinguersi da UNIX, ovvero “GNU’s Not UNIX”. «L’obiettivo principale di GNU era essere software libero. Anche se GNU non avesse avuto alcun vantaggio tecnico su UNIX, avrebbe avuto sia un vantaggio sociale, permettendo agli utenti di cooperare, sia un vantaggio etico, rispettando la loro libertà.»
Tale progetto, finanziato dalla FSF, venne pertanto portato avanti da programmatori appositamente stipendiati. I principali contributi vennero da Stallman stesso: il compilatore gcc e l’editor di testo Emacs. Furono sviluppate anche altre componenti di sistema UNIX, alle quali si sono aggiunte varie applicazioni e veri e propri giochi. Questi programmi furono distribuiti per circa 150$ che oltre a coprire i costi di riproduzione garantivano un servizio di supporto al cliente.
L’unica condizione era che tutte le modifiche eventualmente effettuate su tali programmi venissero notificate agli sviluppatori.
Nacque così la GNU General Public License (GPL), il preambolo del cui manifesto comincia con: «Le licenze per la maggioranza dei programmi hanno lo scopo di togliere all’utente la libertà di condividerlo e di modificarlo. Al contrario, la GPL è intesa a garantire la libertà di condividere e modificare il free software, al fine di assicurare che i programmi siano “liberi” per tutti i loro utenti».
La licenza ippocratica potrebbe sembrare un’idea ingenua o una forma di irreale pretesa ma in realtà mostra una questione molto significativa. I programmatori non solo stanno prendendo coscienza del loro lavoro ma anche della potenza degli strumenti che stanno realizzando. Inoltre sembrano sempre più emergere nella scena pubblica con una sorta di coscienza corporativista che li rende un interlocutore politicamente significativo per lo sviluppo e l’innovazione.
Movimenti come quelli messi in atto da Coraline Ada Ehmke vanno non solo ascoltati ma anche accompagnati perché possano dare forma a nuove istanze algor-etiche che possano innervare il software, il suo sviluppo e il suo utilizzo. Spetta a noi il compito di ascoltare, accompagnare e portare a fruttificare queste istanze di bene che nascono nelle coscienze degli addetti ai lavori.
L’articolo è ripreso dal blog dell’autore, che si ringrazia per il permesso di pubblicazione su SettimanaNews.