Nessuno tocchi Caino, anche se Caino ha ucciso Nadia de Munari in Perù. Vuol dire: no alla pena di morte, neppure agli assassini può essere comminata.
Ma no, non mi sta bene, non mi basta la giustizia divina, sono sdegnato, amareggiato, deluso. So bene che Nadia lavorava, donava la vita per i bimbi poveri, i figli di nessuno nel deserto di Chimbote, e così dava pratica attuazione agli insegnamenti del Padre nostro.
Perché “sia fatta la tua volontà” non significa una debole resa al fato, una scontata rinuncia di fronte a problemi irresolubili: vuol dire affrontarli perché la bontà divina su questa terra si concretizza nel dare a tutti il pane quotidiano, questa è la via perché sia santificato il suo nome, non solo in cielo, ma qui, oggi, su questa terra, a principiare dal soccorrere i bimbi, le creature più fragili.
Il Caino di Chimbote ha ucciso Nadia, ha sputato sul Padre nostro, ha reso ancor più ardua la fatica di chi verrà dopo Nadia: non desidero la morte per l’ignoto Caino, ladro di vita e di speranza, ma che sia preso sì.
E che la giustizia degli uomini lo ponga nella condizione non più nuocere, di creare altri martiri, di privare altri bambini degli affetti per loro indispensabili quanto l’acqua ed il cibo, da Nadia generosamente dispensati.
Profonda, ma troppo breve la mia esperienza con l’Operazione Mato Grosso per dare maggior peso alle mie parole. Valgano quindi quelle di Padre Hugo de Censi, quando in situazione ahimé, ahinoi, speculare venne ucciso padre Daniele Badiali, anch’egli in Perù per soccorrere gli ultimi: cerchino loro, gli ultimi, tra loro, in ogni angolo, in ogni casa, in ogni strada, in ogni valle, ovunque la mano assassina, perché non colpisca più, perché le nostre mani possano fraternamente continuare a distribuire il pane tra voi.
E così avvenne, se Dio vuole così avvenga per Nadia. Se mi riesce, per questo vorrei pregare, ma ora proprio non mi riesce.