Festival della letteratura e ambiente

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L’edizione 2024 di Festivaletteratura (Mantova, 4-8 settembre) ha organizzato alcuni eventi dedicati all’ambiente. Ci è parso interessante presentare i temi trattati e farne oggetto di riflessione in questo mese del Tempo del Creato.

Telmo Pievani è un filosofo della scienza, ordinario di Filosofia delle scienze biologiche e di Bioetica e legislazione sulle biotecnologie all’Università di Padova. Il suo prevalente ambito di ricerca è quello della filosofia della biologia evoluzionistica. Autore di numerosissimi articoli, saggi e libri, è anche apprezzato divulgatore, con frequenti interventi in convegni scientifici e culturali e su riviste come Le Science e Micromega. Al Festivaletteratura Pievani ha trattato il tema dell’acqua in questo periodo storico che da molti viene chiamato Antropocene, periodo caratterizzato dal sempre più invasivo intervento dell’uomo sulla natura (evento: L’acqua ai tempi dell’Antropocene, 5 settembre).

Oggi l’acqua costa poco, crediamo che ce ne sia molta e la diamo per scontata: per questi motivi non la apprezziamo. Ma quanta acqua c’è nell’Universo? Abbiamo prove della sua presenza, in forma di ghiaccio sulla Luna, su Marte e su alcuni satelliti di Giove; in forma gassosa si trova su Venere e su Giove. Ma all’interno del sistema solare pare che l’acqua allo stato liquido sia presente solo sulla Terra. E sul nostro pianeta l’acqua c’è in tutti e tre gli stati di aggregazione, passando continuamente dall’uno all’altro e innescando il fondamentale ciclo dell’acqua. Quindi possiamo ritenerci molto fortunati: la Terra si trova in condizioni chimico-fisiche eccezionali, condizioni che consentono la presenza e lo sviluppo della vita.

Ma l’acqua non è sempre stata presente sulla Terra. Forse fu portata da qualche cometa che impattò il nostro pianeta oltre 4 miliardi di anni fa. I vulcani terrestri emisero vapor d’acqua che originò una protoatmosfera ricca di anidride carbonica, monossido di carbonio, zolfo, acido cloridrico e metano. Ma c’è chi ritiene che queste cause non siano sufficienti per spiegare la gran quantità d’acqua presente sulla Terra (Akira Kouchi et alii, Precometary organic matter: a hidden reservoir of water inside  the snow line, Nature – Scientific Reports, 2020; cf. qui ).

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La presenza e l’abbondanza d’acqua sono cambiate nel corso dei miliardi di anni di vita del nostro pianeta. E nell’acqua ha avuto origine la vita, circa 3,8 miliardi di anni fa: apparvero degli esseri unicellulari, i cianobatteri, indispensabili nell’evoluzione degli ecosistemi terrestri. Si tratta dei primi organismi fotosintetici, in grado quindi di ottenere energia dalla luce solare e di liberare ossigeno come gas di scarto. Così l’atmosfera terrestre si arricchì di ossigeno, il che portò all’estinzione di organismi che non lo tolleravano, ma sviluppò quelli che lo utilizzavano nella respirazione. Solo 500 milioni di anni fa si originarono i primi esseri multicellulari, con una esplosione di forme viventi diversificate tra loro e in continua evoluzione. La vita è diversità, è esplorazione dei mondi possibili; la vita è sempre resistente, adattativa, flessibile; si riorganizza e cambia il mondo.

L’Homo sapiens apparve sulla Terra soltanto 200˙000 o 300˙000 anni fa, partendo dall’Africa e diffondendosi in tutti i continenti. L’uomo non è il padrone della Terra o dell’Universo, ma un piccolo essere che però ha la capacità di pensare e di capire da dove è venuto. Proprio per queste sue capacità è anche in grado di trasformare l’ecosistema come nessun’altra specie può fare. Le pesanti conseguenze della presenza invasiva dell’uomo sono sotto gli occhi di tutti. Basti pensare che nel 2020 la massa di tutte le cose prodotte dall’uomo (massa antropogenica) pari a 1,1 Tton (oltre mille miliardi di tonnellate) ha raggiunto e superato la massa totale di tutti gli esseri viventi (biomassa), come ben indicato in figura (Ron Milo et alii, Global human-made mass exceeds all living biomass, Nature, 2020 – https://www.nature.com/articles/s41586-020-3010-5 ).

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La biodiversità nelle acque dolci si è ridotta dell’80% in pochi decenni e molte specie si stanno estinguendo; gli oceani si scaldano e si acidificano (la temperatura media estiva del Mediterraneo è ormai di 30°C, come nei mari tropicali). La temperatura media globale su terre e mari è cresciuta di 1,2°C rispetto all’era preindustriale e nel 2030 l’aumento sarà già di 1,5°C, soglia ritenuta pericolosa dall’IPCC. L’acqua è in grado di accumulare sempre più energia, con conseguenze catastrofiche: uragani e alluvioni, che si alternano a lunghi periodi siccitosi. I ghiacci si sciolgono, il livello dei mari si innalza sempre più: andando avanti così nel 2080 si prevede un innalzamento dell’Adriatico di circa 1 metro. Ci si chiede se sarà possibile salvare città come Venezia.

I disastri naturali si potevano e si possono evitare: non dovrebbe esistere l’espressione “stato di calamità naturale”, sostituita dalla consapevolezza che è l’uomo il responsabile della stragrande maggioranza delle catastrofi ambientali e che viviamo in uno stato permanente di vulnerabilità per cui occorre agire al più presto (e non piano piano, come ritiene chi ci governa) per mitigare e adattarci ai cambiamenti climatici, onde evitare danni maggiori e irreparabili. Costa meno prevenire i disastri che curarli.

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Andrea Rinaldo, ricercatore e ordinario di Costruzioni idrauliche all’Università di Padova, ha ricevuto nel 2023 lo Stockholm Water Prize, noto come il “premio Nobel dell’acqua”. Al Festivaletteratura (evento: Come gestire l’acqua, 7 settembre) ha affermato che la questione idraulica, da sempre, si pone tra la scienza e la politica. L’idrografia, con lo studio delle piene e della siccità, è un fattore determinante per la vita delle comunità, nelle campagne e nelle città. La scienza ci dice che la situazione idrica è sempre più difficile, causa il cambiamento climatico dovuto alla crescente immissione di gas serra nell’atmosfera.

Negli anni 2022-2023 vi è stato un lungo periodo di siccità al Nord Italia e, in particolare, in Pianura Padana; quest’anno la siccità colpisce duramente la Sicilia e la Sardegna. Alluvioni e siccità sono due facce della stessa medaglia e questi fenomeni, nei prossimi anni, sono destinati a intensificarsi in frequenza e in intensità. Mai, nella storia di miliardi di anni del nostro pianeta, vi fu una tale rapidità nel cambiamento del clima.

Dovremmo vergognarci per aver cementificato il territorio, in particolare nel Nord-Est italiano, o di aver prosciugato il lago d’Aral tra Uzbekistan e Kazakistan. Sono esempi di uso della scienza e della tecnica contro la natura. In altri casi il sapere scientifico è stato utilizzato bene, come nella costruzione dei canali di scarico dall’Adige al lago di Garda che hanno evitato alluvioni. Dobbiamo favorire la difesa idraulica del territorio, adattarci e mitigare le conseguenze del cambiamento climatico e della modificazione dell’ambiente. La sfida è molto ardua; basti pensare a una città come Venezia che rischia di marcire e sprofondare entro la fine del secolo se non verranno prese adeguate e tempestive misure.

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Un interessante esempio di difensore dell’ambiente, portato da Telmo Pievani, è quello del castoro (evento: Ingegneri ecosistemici: homo sapiens vs castoro, 7 settembre). Recentemente il castoro è tornato in Italia, dove era una specie autoctona fino a circa 500 anni fa. Nel suo DNA il castoro ha la propensione a costruire dighe; così modifica i corsi d’acqua, crea bacini d’acqua che diventano paludi e aumenta del 35% la biodiversità del luogo, favorevole al proliferare di specie di invertebrati, rettili, pesci. È un ingegnere ecosistemico che cambia l’ambiente migliorandolo dal punto di vista ecologico. Anche l’uomo è così, ma solo in apparenza: in realtà dovremmo definirlo un “castoro andato fuori controllo”.

Da quando è sulla Terra l’uomo non ha mai smesso di modificare il mondo e di adattarsi: il suo comportamento adattativo fondamentale è dato dalle migrazioni, segreto del successo umano, che hanno portato la nostra specie a diffondersi in tutte le parti del mondo, senza limiti ecosistemici. Basti pensare che: già 45˙000 anni fa l’homo sapiens aveva raggiunto l’Artico, 25˙000 anni fa il Nord America, 10˙000 anni abitava nell’80% delle terre emerse. Le zone dove vi è più biodiversità sono quelle in cui l’uomo è presente da più tempo: i nativi, infatti, da sempre si prendono cura dell’ambiente in cui vivono. Per questo bisogna far sì che le popolazioni indigene possano restare nei loro luoghi, con la loro cultura e con le loro tradizioni: solo loro sono in grado di provvedere alla manutenzione dell’habitat.

Purtroppo, la nostra economia predatoria e cumulativa distrugge o minaccia gli ambienti naturali, le foreste, le montagne, i fiumi, i mari. Per evitare che ciò si perpetui dobbiamo ripensare le città dove vive già oltre il 60% della popolazione mondiale su una superficie che è pari al 5% delle terre emerse. Anche nelle città e nelle nostre campagne è possibile migliorare la biodiversità. E non crediamo che una nuova invenzione scientifico-tecnologica possa mettere tutto a posto con la fusione nucleare, lo stoccaggio della CO2 nei mari o altro: sarebbe l’ennesimo alibi per continuare a consumare e a emettere gas serra senza limiti, raggiungendo in pochi decenni un innalzamento medio delle temperature di 2°C o 3°C, con conseguenze disastrose.

Il castoro ci insegna a evolvere meglio, insieme ad altre specie, con strategie nuove, rispettose verso l’ambiente, difendendo e incrementando la biodiversità nelle campagne, nelle città e in ogni altro luogo. Per farlo dobbiamo rivedere e cambiare i nostri modelli di sviluppo. In campo demografico bisogna evitare una crescita che porti la popolazione umana da 8 a 12 miliardi in pochi decenni, raggiungendo il collasso per mancanza di risorse. Dobbiamo tener conto che, se in Italia vi è denatalità, nella maggioranza dei Paesi vi è crescita demografica: il fattore riequilibrante è da sempre rappresentato dalle migrazioni, come già avvenuto in molte nazioni come gli Stati Uniti d’America.

Se il castoro costruisce dighe, noi costruiamo “cattedrali”, artefatti che richiedono il lavoro coordinato di più generazioni. Costruire cattedrali (Cathedral Thinking) significa pensare non solo a noi ma anche e soprattutto alle giovani e future generazioni. La lotta al cambiamento climatico e al degrado ambientale è forse l’esempio più importante di questa scuola di pensiero: richiede impegno, umiltà, lungimiranza, doti che non sono sempre comuni alla politica che punta sulla rendita immediata in chiave elettorale.

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Un bell’esempio è stato dato dalla modifica dell’art. 9 della nostra Costituzione, introdotta con legge costituzionale 11 febbraio 2022: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali». D’ora in poi i cittadini potranno chiedere se è costituzionale o no una legge che preveda consumo del suolo, abbattimento di foreste, estensione della caccia, riduzione di spiagge libere.

Nell’intervista di Telmo Pievani a David Quammen (evento: Il cuore pulsante della Natura, 6 settembre) sono stati ripresi reportage ed esperienze maturate da Quammen nei suoi lunghi e frequenti viaggi alla ricerca della natura selvaggia, dal Sud America all’Artico, dalla Kamčatka all’Africa. Negli ultimi quarant’anni Quammen ha pubblicato una ventina di libri e alcune centinaia di brevi saggi di interesse naturalistico su riviste come The New Yorker, National Geographic, Harper’s e su quotidiani molto diffusi. È stato insignito di un Academy Award dall’American Academy of Arts and Letters e ha ricevuto tre volte il National Magazine Award. I suoi libri hanno ricevuto vari premi prestigiosi.

Al Festivaletteratura Quammen ha parlato, tra l’altro, del parco naturale di Gorongosa in Mozambico, zona naturalistica che sta riprendendosi dalla devastazione subita a seguito della guerra civile che ha insanguinato il paese dal 1975 al 1992. Per interessamento di Joachim Chissano, presidente del Mozambico dal 1986 al 2005, in collaborazione con Nelson Mandela e con la Gregory Carr Foundation e con altri enti, il parco di Gorongosa è diventato un esempio di ciò che è possibile fare per far convivere uomo e naturaLe stesse persone che un tempo sfruttavano il parco oggi lo difendono; attorno al parco si sono creati villaggi, scuole, attività agricole (caffè) compatibili con l’ambiente, che sono condotte da persone del luogo che tutelano l’ambiente e favoriscono la biodiversità. Da teatro di guerra Gorongosa è diventano un parco della pace (https://www.nationalgeographic.com/magazine/article/mozambique-gorongosa-national-park-wildlife-rebound).

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In molte aree rurali dell’Africa i nativi vivono a contatto con gli animali selvatici e questo può creare problemi di convivenza. In una zona dell’Uganda si creò un conflitto tra gli abitanti di un villaggio e un gruppo di scimpanzé che, per procurarsi il cibo erano arrivati a saccheggiare gli orti e a rapire bambini. La causa stava nel fatto che una parte della foresta che ospitava gli scimpanzé era stata abbattuta per fare campi da coltivare. In casi del genere non è facile trovare una soluzione di equilibrio.

Bisognerebbe far sì che ogni specie avesse il necessario per il suo sostentamento; se l’uomo invade o distrugge i territori indispensabili per la vita di altre specie le conseguenze possono essere molto pesanti. Della pericolosità del contatto dell’uomo con le specie selvatiche si è parlato a lungo negli ultimi quattro-cinque anni a proposito della pandemia da Covid. Quammen aveva già ampiamente trattato la questione nel suo libro Spillover uscito nel 2012, mettendo in guardia dai rischi da allora.

Analogo rischio corriamo oggi, sostiene Quammen, con il virus dell’influenza aviaria. La natura selvaggia ha un cuore che batte ancora ma, affinché continui a farlo in futuro, dobbiamo garantirle lo spazio e le condizioni per preservare la biodiversità. Dobbiamo rallentare la crescita della popolazione mondiale e ridurre drasticamente i nostri consumi sfrenati, fermare la deforestazione e il turismo non rispettoso dell’ambiente. Possiamo farcela, ma occorre impegnarsi molto, senza esitare, da subito.

Bibliografia

Pievani, Telmo. Tutti i mondi possibili. Un’avventura nella grande biblioteca dell’evoluzione. Raffaello Cortina, 2024.
Pievani, Telmo. Imperfezione. Una storia naturale. Raffaello Cortina, 2019.
Quammen, David. Il cuore selvaggio della Natura. Adelphi, 2024.
Quammen, David. Senza respiro. La corsa della scienza per sconfiggere un virus letale. Adelphi, 2022.
Quammen, David. Spillover. Adelphi, 2014 (ried. 2017).
Rinaldo, Andrea. Il governo dell’acqua. Ambiente naturale e ambiente ricostruito. Marsilio, 2023.

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