Umani 100%: la 3ª edizione del Festival della migrazione di Modena mette al centro l’inclusione e l’integrazione. Per tre giorni, da venerdì 9 a domenica 11 novembre, sotto la Ghirlandina si susseguiranno incontri, seminari, spettacoli, mostre, film, libri e, tra le novità dell’edizione 2018, il “pranzo dei popoli”. Ne abbiamo parlato con don Gianni De Robertis, direttore generale di Fondazione Migrantes.
– Don Gianni, perché il Festival della migrazione?
Nell’essere umano l’essere ci viene dato come dono, ma l’umano è un compito che dura tutta la vita, e non può mai essere dato per scontato. Lo vediamo in questi tempi in cui si moltiplicano episodi di brutalità o di indifferenza, generati da quella «cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri – come ha affermato papa Francesco nella sua omelia a Lampedusa –. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!».
Assistiamo a una regressione dell’umano nelle nostre società, alla perdita di quel tratto di umanità che ha sempre caratterizzato in modo particolare il nostro Paese.
Questo Festival mette a fuoco, tra l’altro, il tema dell’“inclusione nella città”. In questi ultimi anni forse troppi di noi hanno pensato che fosse sufficiente salvare la vita di chi stava annegando (e purtroppo continua anche oggi ad annegare nel disinteresse generale, interessa solo la diminuzione del numero degli sbarchi!) e traghettarlo in qualche porto sicuro. Invece, come ci ha ricordato ripetutamente in questo anno papa Francesco, accogliere è solo la prima di una serie di azioni, tutte necessarie, proteggere, promuovere, integrare, senza le quali la presenza dei migranti nel nostro paese da possibile ricchezza diventa problema, più facilmente esposta al degrado e alle infiltrazioni della criminalità.
– Qual è la sfida che abbiamo davanti come comunità ecclesiale e civile?
La vera sfida oggi è integrare, mostrare come persone di culture, provenienze e religioni diverse possano comporsi in una realtà più ricca. E purtroppo gli ultimi interventi legislativi non aiutano certo ad andare in questa direzione.
Includere, poi, è la vocazione della Chiesa, oserei dire che dovrebbe esserle connaturale, avendo Cristo Gesù, come scrive l’apostolo Paolo agli efesini, «fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia». Ed è, l’inclusione, anche il compito della politica, delle istituzioni, secondo quello che recita l’articolo 3 della nostra Costituzione.
– C’è un ruolo specifico anche per i mezzi di comunicazione?
Sempre l’inclusione dovrebbe essere anche il compito dei media, come dice la parola stessa: mezzi di comunicazione, cioè che creano una comunione fra le persone, ma che sempre più spesso invece vengono utilizzati per dividere e seminare odio.
Solo un’Italia capace di includere tutti i 60 milioni di esseri umani che la abitano, qualunque sia la loro provenienza, colore o religione, sarà in grado di vincere le sfide che ci attendono. Ne abbiamo avuto unìimmagine bellissima nella nazionale femminile di pallavolo, che ha saputo emozionarci e appassionarci forse anche per questo, perché vi abbiamo riconosciuto quella Italia che vorremmo essere e che in parte già siamo in tante nostre realtà, di cui purtroppo si parla poco, e che è anche a Modena in questi giorni.
I temi delle sessioni del Festival della migrazione vanno dall’inclusione nella città ai “diritti clandestini”; dall’economia all’inclusione tramite lo sport; dal contributo delle religioni alle sfide che le migrazioni ci mettono di fronte.
Il Festival della migrazione è promosso da ben 50 istituzioni e associazioni, tra enti locali, mondo accademico e sindacale, realtà ecclesiali e religiose, associazioni. (www.festivalmigrazione.it)