Si chiamava Diego Valencia ed era il sagrestano di una chiesa di Algeciras (Nostra Signora della Palma) della diocesi di Cadice e Ceuta, a sud della Spagna. È stato ucciso col macete dal marocchino, immigrato irregolare, Yassine Kanjaa il 25 gennaio che nella furia aggressiva ha ferito altre quattro persone, fra cui il salesiano Antonio Rodriguez.
Valencia è la quinta vittime di aggressioni a persone colpite per la loro appartenenza cristiana in Europa. Dopo l’uccisione in Francia di Jacques Hamel (2016) a Saint Etienne du Rouvray e di tre persone (il sacrestano e due fedeli) a Nizza (il 29 ottobre 2020), il caso di Diego Valencia ne riproduce le modalità e il grido “Allahu akbar” che accompagna le esecuzioni.
La reazione della famiglia, della comunità locale, della fraternità salesiana sono state composte e intense. L’ipotesi di un atto terroristico di stampa fondamentalista e di segno anti-cristiano è quello più condiviso, anche se le indagini non sono concluse.
Al momento dei funerali, il vescovo mons. Rafael Zornoza ha illustrato la figura dell’ucciso, testimoniando lo sconcerto dell’intera comunità diocesana: «Posso dire che è l’orrore di tutta la diocesi che soffre con voi e dell’intera Chiesa». Eventi come questi «ci spingono a promuovere e costruire consapevolmente una cultura di convivenza, rispetto e pace, evitando l’odio, lo scontro e le inutili tensioni. Non basta condannare la violenza, bisogna smascherare, anche in noi stessi, le sue cause, le false divinità di un mondo che ignora Dio, per costruire insieme il bene». L’intera Chiesa spagnola e le sua dirigenza episcopale hanno definito una linea di estrema compostezza.
Il segretario generale, mons. Cesar Garcia Magan ha invitato a non demonizzare né gli immigrati, né gli appartenenti all’islam: «Non dobbiamo cadere nelle provocazioni, non dobbiamo gettare benzina sul fuoco, non cadiamo nella demagogia e non identifichiamo nessuna religiosa con il terrorismo».
Ha ammonito gli spagnoli a non ripercorrere forme di colpevolizzazione collettiva ancora vive nella memoria nazionale: «In Spagna abbiamo fatto l’esperienza di timbrare e demonizzare interi gruppi. Quando il nostro paese ha subito la terribile, riprovevole e ingiustificabile piaga del terrorismo non doveva accadere, ma è in parte è successo, di (sperimentare) una identificazione tra terroristi e popolo basco, un popolo nobile, leale e laborioso».
Anche la federazione delle Chiese evangeliche del paese si è unita all’esecrazione dell’accaduto e all’invito alla calma e alla prudenza. Si riconosce facilmente la presenza dell’odio religioso nel gesto insano del 25enne Yassine Kanjaa, ma il fatto che fosse incensurato e non sia risultato legato ad associazioni fondamentaliste (anche se esposto alle loro dottrine) limiterebbe il pericolo dell’evento.
Le tre maggiori associazioni islamiche (Commissione islamica, Ucide, Consiglio islamico di Spagna) hanno immediatamente condannato con grande forza il gesto assassino, prendendo distanza dall’accaduto: «un gesto esecrabile che non ha giustificazione in una società plurale e aperta, dove la libertà di culto è un valore fondamentale».
Nel mondo politico, la destra di Vox, attraverso il suo presidente, Santiago Abascal, ha detto: «Non possiamo tollerare che l’islamismo avanzi sul nostro suolo nazionale». Più prudenti e tuttavia molto nette le condanne di tutte le forze politiche che avvertono l’evento come potenzialmente incendiario nel dibattito politico sull’immigrazione irregolare e sulla diffusa diffidenza verso l’islam.