Francia: Charlie Hebdo, i giovani e le vignette satiriche

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Balena, una vignetta di Lodi Marasescu (2016)

Il 7 gennaio 2015, due terroristi islamici attaccarono la redazione parigina del settimanale satirico Charlie Hebdo uccidendo dodici persone colpevoli a loro avviso di oltraggio all’Islam e al Profeta. Due giorni dopo, un altro terrorista mieteva altre 4 vittime in un supermercato kasher a porte de Vincennes. Gli attacchi, che si inserirono in una lunga sequenza di attentati terroristici che colpirono l’Europa dopo il 2001, sono stati ricordati a Parigi nei giorni scorsi. La Croix ha dedicato all’’anniversario numerosi articoli tra i quali quello che riprendiamo di seguito sulla mutata sensibilità dei giovani francesi rispetto alle vignette satiriche.

Lodi Marasescu aveva 18 anni quando, il 7 gennaio 2015, due uomini incappucciati fecero irruzione nella sede di Charlie Hebdo. I fratelli Kouachi si apprestavano a cancellare dodici vite, tra cui quelle di otto membri della redazione del settimanale satirico. L’attentato traumatizzò la Francia e suscitò immediatamente nel giovane un bisogno irrefrenabile di disegnare. «Sentivo di dover fare come loro, di dover prendere posizione attraverso il disegno e la derisione», ricorda. Quel 7 gennaio ha determinato il suo futuro.

Dopo aver studiato Letteratura, Lodi ha deciso di diventare vignettista. Da allora, l’elezione di Donald Trump e i Giochi Olimpici sono divenuti bersaglio del suo stile vivace e diretto. Una scelta singolare per la sua generazione, meno incline alle vignette giornalistiche di chi li ha preceduti. Una delle sue varianti, in particolare, li divide: la caricatura, o la «carica» secondo l’etimologia latina del termine, che per definizione ridicolizza il suo obiettivo.

Confusione tra satira e derisione

Eppure, Lodi disegna. Ammiratore della rivista Charlie, nel 2021 ha vinto il «Premio Charlie» con un disegno ispirato alla storica visita di Papa Francesco in Iraq e al suo incontro con l’Ayatollah al-Sistani. Tuttavia, comprendendo lo scarso amore della sua generazione per la caricatura, il giovane disegnatore ne offre una spiegazione benevola: «Non è facile distinguere tra satira e presa in giro in un disegno a un solo riquadro, soprattutto quando si ha la sensazione che stia attaccando te o i tuoi amici».

Con l’associazione Dessinez Créez Liberté, Lodi visita le classi delle scuole secondarie per «dare agli studenti gli strumenti necessari per comprendere le vignette dei giornali, per mostrare che sono innanzitutto uno strumento di democrazia e che noi siamo anche lì, come mediatori, per aiutarli a prendere le distanze dalle vignette».

Secondo il sociologo Olivier Galland, specializzato in questioni giovanili, la confusione diviene più marcata quando la satira tocca la religione. «Nel nostro studio su 6.000 adolescenti, abbiamo scoperto che la religione viene ora considerata come un marcatore di identità», spiega il ricercatore, autore con Anne Muxel di La Tentation radicale. Enquête auprès des lycéens (PUF, 2018).

«La fede in un Dio è diventata così intima da non poter più essere scossa», aggiunge Gérard Biard, caporedattore di Charlie Hebdo. Tuttavia, non c’è «alcun desiderio di vietare la caricatura o di limitare la libertà di espressione» tra i giovani sotto i 25 anni, osserva ancora Olivier Galland, che interpreta la mutata sensibilità dei più giovani come «l’espressione di un sentimento di solidarietà generazionale, che è forse il prodotto di un mix sociale più forte».

Comprendere la complessità delle vignette giornalistiche

Marame Kane, vignettista giornalistica e project manager della rete Cartooning For Peace, è costantemente oggetto di tensioni. Recentemente, un disegno della giornalista Coco, pubblicato su Libération in occasione dell’inizio del Ramadan, ha suscitato reazioni tra alcuni alunni della classe quarta con cui lavorava. La caricatura mostrava un bambino di Gaza, emaciato, che rincorreva topi e scarafaggi in mezzo alle rovine, rimproverato dalla madre che gli diceva di aspettare il tramonto.

«Per alcuni si trattava di una mancanza di rispetto nei confronti dei musulmani», racconta. «Come succede spesso, questo ci ha dato l’opportunità di discutere. Ho analizzato il disegno insieme agli studenti, per mostrare loro ciò che Coco stava denunciando: la carestia e la disperazione causate dal conflitto. Il mio obiettivo era far capire loro che le vignette e le caricature dei giornali servono innanzitutto a denunciare e a far reagire le persone, ma che hanno anche il diritto di non apprezzarle, senza per questo arrivare all’odio».

Per François Saint-Bonnet, giurista e storico del diritto delle libertà, la reticenza delle giovani generazioni deriva soprattutto dalla difficoltà di «distinguere tra idee religiose e credenti». «La legge protegge i secondi ma non le prime, poiché un’idea, anche quella di un Dio, non può sporgere denuncia», sottolinea. Da docente dell’Università Panthéon-Assas, egli nota soprattutto tra i suoi studenti più giovani una tendenza a cogliere nelle vignette giornalistiche «ciò che è brutto piuttosto che ciò che è divertente o caustico».

Un genere giornalistico nato per disturbare

Una sensibilità legata ai tempi? Non solo. «Questo genere giornalistico è sempre stato disturbante», afferma la giornalista Fabienne Dhugues, autrice di Qui veut la peau du dessin de presse? Abédécaire critique pour défendre la liberté d’expression (Eyrolles, 2022). Disturbare è infatti la vocazione della caricatura, che è sempre fiorita nei periodi di protesta e di crisi: durante la Rivoluzione francese, la Monarchia di Luglio, l’affare Dreyfus e i movimenti sociali e studenteschi degli anni Sessanta.

Per sua natura, la caricatura era destinata alla marginalità nel panorama mediatico, almeno fino al 7 gennaio, quando Charlie Hebdo ha ottenuto una visibilità senza precedenti. «Charlie è diventato un simbolo, e le vignette dei giornali sono diventate i soldatini della Repubblica: vengono guardate attentamente e si pretende che facciano la loro parte», sostiene ancora Fabienne Dhugues.

C’è stato anche un altro cambiamento significativo nel modo in cui le vignette giornalistiche vengono percepite. Per molto tempo, esse potevano essere viste solo «da un pubblico di lettori informati che vi si esponevano volontariamente recandosi in edicola», afferma lo storico Christian Delporte. Oggi, invece, raggiungono il pubblico attraverso i social, dove gli articoli più pungenti si differenziano dalla massa e arrivano ai giovani internauti.

Un nuovo quadro che non consente però la necessaria contestualizzazione. «È difficile per questo genere vivere da solo», sottolinea Fabienne Dhugues. «Per sua natura, la vignetta è legata a una linea editoriale, ad articoli, a eventi di attualità». «Si presume un tacito accordo con i lettori, che sanno a cosa vanno incontro a seconda che acquistino Charlie, Le Canard enchaîné o Télérama», aggiunge il vignettista freelance Thibaut Soulcié.

Ridere dell’attualità in modo diverso

La forza della caricatura risiede nella complicità tra il suo creatore e il suo pubblico, alimentata da riferimenti condivisi, la cui mancanza può dare adito a fraintendimenti. Per questo è fondamentale «mettersi in discussione e aggiornare i nostri riferimenti per mantenere un linguaggio comune che ci permetta di ridere insieme», insiste Thibaut Soulcié, che si dichiara comunque infastidito dai «commenti morali che decidono cosa si fa o non si fa».

Mentre la satira giornalistica perde terreno sulla carta stampata, fiorisce in altre forme sui social. «I meme ne sono un buon esempio», afferma entusiasta il giornalista, riferendosi all’infinito numero di immagini e video che sono stati utilizzati per ironizzare sugli eventi. «È un formato ibrido che si avvicina a quello delle vignette giornalistiche».

Allo stesso tempo, i social hanno dato vita a una nuova generazione di vignettisti. Alcuni, tra cui Lodi, si sono riuniti nel collettivo Marge, sostenuto dall’associazione Dessinez Créez Liberté, per dare vita a vignette di attualità in un contesto digitale, lontano dalla loro culla cartacea. «Nei nostri disegni non ci sottraiamo mai a un argomento e ricordiamo che se siamo vicini al limite, è perché siamo sulla strada giusta», dice con un sorriso malizioso.

I giovani non hanno ancora abbandonato la caricatura.


Il rispetto della sensibilità è una priorità per il 46% degli under 25

Secondo i dati del barometro della fiducia nei media 2025 de La Croix-Verian-La Poste, i cui risultati completi saranno resi pubblici il 14 gennaio, Il 44% degli under 35 (il 43% dei 25-34enni e il 46% dei 18-24enni) ritiene che sia «essenziale rispettare le persone e la loro sensibilità, anche se questo può limitare la libertà di espressione e il diritto alla caricatura».

Gli stessi giovani tra i 18 e i 24 anni pensano per il 48% che sia «essenziale garantire la libertà di espressione e il diritto alla caricatura, anche se questo può offendere alcune persone o gruppi». La percentuale di intervistati che si esprime in questo modo aumenta per ogni fascia d’età, raggiungendo il 66% tra gli ultracinquantenni.

Secondo un sondaggio condotto nel settembre 2020 da Ifop in collaborazione con Charlie Hebdo, Il 47% dei francesi sotto i 25 anni ha dichiarato di comprendere «l’indignazione suscitata dalla pubblicazione delle vignette del profeta Maometto», rispetto al 23% degli over 35 e al 29% degli intervistati.

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