Come attraversare le complesse questioni legate al gender? Comprendendo, apprezzando, domandando e attendendo. Con la consueta chiarezza e affidabilità Giuseppe Savagnone, saggista, editorialista e direttore dell’ufficio diocesano per la pastorale della cultura di Palermo, affronta il tema con la consapevolezza di non avere una parola finale da dire, di non ignorare le importanti conquiste dei diritti umani da esso propiziate e di non condividere né l’acritico apprezzamento né la denuncia frettolosa.
Il testo in esame, La sfida del gender tra opportunità e rischi (Cittadella, Assisi 2024) prosegue un’indagine già avviata con Il gender spiegato a un marziano (EDB, Bologna 2016). In un centinaio di pagine (distinte in tre parti: il fenomeno culturale, le idee, le ricadute pratiche), e con un linguaggio non specialistico affronta la rivoluzione sessuale e l’arrivo degli studi di genere non tacendo i limiti delle interpretazioni legati al moralismo della tradizione cattolica, ma senza rinunciare alle domande critiche e a mostrare le contraddizioni aperte.
All’interno di una scansione che vede dapprima gli studi di genere proporre la parità di genere, poi la «costruzione del genere» (non più un dato di natura ma l’esito di una società e della sua cultura) e, infine, la «decostruzione del genere» (libera determinazione dell’individuo) non mancano gli elementi positivi. Fra questi: la valorizzazione della donna, la piena parità di maschile e femminile, il ruolo della cultura e della storia nella definizione della sessualità, l’efficace lotta alla discriminazione, la garanzia dei diritti e l’istanza libertaria.
Ma c’è una domanda che interpella le pur variegate posizioni, da quelle più radicali a quelle più mediane, ed è relativa al ruolo della dimensione biologica della distinzione sessuale. Si può ritenerla indifferente o irrilevante in ordine all’identità di genere? Più in generale: è legittimo il passaggio da studi specialistici a interpretazioni complessive, da questioni scientifiche a questioni filosofiche, da dati esperienziali a progetti di civiltà?
Oltrepassamento dell’umano?
«Abbiamo cercato di mostrare che la posta in gioco del dibattito sul gender, con le sue ricadute legislative, culturali, educative e mediche, non è solo il superamento di inaccettabili logiche discriminatorie, ma – contrariamente a quello che si continua a ripetere – comporta, a monte, una nuova visione della persona umana. Da questo punto di vista, esso trascende sia l’ambito dei contributi che la scienza può dare alla comprensione della sessualità, sia quello della difesa dei diritti e si colloca nell’ambito della problematica […] dell’oltrepassamento dell’umano […] Abbiamo individuato nell’approccio al tema del gender da parte della cultura e della politica le tracce di questa tendenza a rimettere in discussione la struttura costitutiva dell’umano, svalutando la sua dimensione corporea e la stessa identità di un soggetto unitario e permanente» (p. 96). Un nodo problematico non adeguatamente percepito dell’opinione pubblica e da molti intellettuali.
Non esiste una teoria del gender definita e riconoscibile. Esistono molti studi, molte ipotesi e sperimentazioni e molti percorsi. È un flusso non riducibile a una formula condivisa. Esso chiede un discernimento paziente.
Esistono posizioni ormai classiche come quella di Judith Butler che afferma la «costruzione» non solo del genere, ma anche del sesso con la conseguente indistinzione fra sesso e genere. O quella di Donna Haraway che ritiene che corpi e organismi si costruiscono: «Si può ragionevolmente pensare a qualsiasi persona in termini di montaggio e riassemblaggio» (p. 25). Il singolo non è permanente. Esistono molte sessualità che non rientrano nelle categorie tradizionali.
Altra è la posizione «mediana» del femminismo italiano, altra quella più radicale di quello francese o anglosassone. Vi sono teologhe cattoliche che non si sottraggono all’impresa come Benedetta Selene Zorzi o Anne Guillard e Lucie Sharkey. Sono molti i «padri nobili» che vengono evocati: da Michel Foucault a Claude Lévi-Strauss, da Sigmund Freud a Ugo T. Hengelhardt.
In linea generale, soprattutto nel contesto italiano, «non ci si avventura a negare in linea di principio l’esistenza del corpo né quella del soggetto in quanto tale, ma ci si limita a insistere sull’irrilevanza del sesso biologico per la determinazione sia dell’identità di genere che dell’orientamento sessuale» (p. 32).
La pratica e le sue contraddizioni
Le questioni e le differenze esplodono quando si entra a tradurre in forma educativa o legislativa le ipotesi formulate. Per esempio, il riconoscimento di tutte le possibili forme familiari, senza gerarchie e senza comparazioni. Se è solo «l’amore che crea una famiglia» perché negarla rispetto all’animale domestico o a rapporti stretti di parentela? Si può dare spazio a forme familiari che non rientrano nel paradigma eterosessuale ma senza negare la peculiarità della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna.
Altro esempio è il cambiamento di identità di genere in base alla volontà di modificare il proprio stato civile. Una parte di movimenti femministi ha denunciato disposizioni legislative di questo tipo come «una battuta d’arresto nella protezione dei diritti delle donne» (p. 61). L’identità di genere diventa un’arma contro le donne. Come può costruirsi un legame sentimentale con una persona che in certi momenti si sente e vuole essere riconosciuto uomo e in certi altri donna?
Altra questione che ha diviso il mondo femminista è legata alla «gestazione per altri» richiesta in particolare dalle coppie omosessuali. Femministe storiche come Sylviane Agacinski e Luisa Muraro hanno reagito molto duramente: «Non esiste un diritto ad avere figli a tutti i costi, eppure ce lo vogliono far credere» (p. 67).
Oppure le applicazioni nell’ambito scolastico: è discutibile trainare nella giusta resistenza al bullismo il preteso superamento del sesso biologico. Fino all’aspetto medico del cambiamento di sesso che oggi comincia a fare i conti «con l’eccessiva disinvoltura nell’avviare processi di transizione nei bambini» e con le denunce alle strutture sanitarie che hanno esaudito con poca prudenza la richiesta di cambiamento.
La prudente attesa
Siamo sulla soglia e sull’avvio di cambiamenti di grande rilievo. Da parte del magistero, in particolare pontificio, vi è un’evidente ritrosia ad entrare sul tema a gamba tesa. Dopo una stagione che sembrava perseguire la via interventista è succeduto un tempo di attesa.
Nel 1999 si era pronunciato criticamente il Pontificio consiglio della famiglia, confermando le sua posizioni nel 2006. La Congregazione per la dottrina della fede aveva toccato il tema nella discussione sulle unioni omosessuali nel 2003. Benedetto XVI ne aveva parlato alla curia nel 2008 e nel 2010. Sono successivamente intervenuti gli episcopali spagnoli (2012) e portoghese (2013). Con una coda nell’episcopato polacco nel 2020. In Italia hanno preso parola i vescovi del Triveneto nel 2014.
Il documento vaticano più recente è quello della Congregazione per l’educazione cattolica del 2019. Entra con prudente apertura sul tema la Pontificia commissione biblica con Bibbia e Morale (2008) e Che cos’è l’uomo (2019). Approccio complessivo e attento esprime anche la Pontificia Accademia per la vita (Etica teologica della vita, 2022). Quello che pensa papa Francesco è riconoscibile nel n. 56 di Amoris laetitia (2016).
Testi e documenti che, in linea di massima, manifestano preoccupazione, ma con qualche apertura alla discussione. Una sorta di moratoria in attesa della maturazione del tema. Le spinte per un intervento dottrinale di peso sono da anni ai primi posti delle sollecitazioni che arrivano al Dicastero della dottrina della fede. L’attuale sospensione permette e stimola un discernimento a cui sono sollecitati tutti i diretti interessati.
il dilagare nell’editoria cattolica del tema gender crea un clima di apertura, di franchezza e di libertà in seno al dibattito ecclesiale interno nel raffronto con l’ambiente socio-culturale esterno, di cui non ci si può che rallegrare. Ma si sta assistendo in generale ad una pervasività del problema, sì da poter diventare fuorviante, a detrimento soprattutto degli adolescenti stessi, quasi costretti, nelle indagini, a confrontarsi con un vocabolo alquanto astruso e di interpretazione non univoca fra gli stessi promotori. Il che rischia di provocare un disagio indotto che investirebbe, credo, soprattutto chi è preda di un’attrazione sessuale disorientata, ma non propriamente di una disforia di genere. Il grosso del problema potrebbe essere affrontato concentrandosi su quella bisessualità psichica originaria, che Freud teorizzò, la quale fa capolino nell’età dell’adolescenza, dopodiché si dirime, non sempre, con alterna evoluzione, resa palese dalla scelta dei partner. Altro è l’attrazione sessuale e altro l’identità sessuale, che è forse quanto di più insondabile concerne la persona umana, mentre la preferenza sessuale è forse quanto di più accessibile si presenta alla coscienza individuale, per quanto negata, rimossa, o magari ostentata. Lo studio gender andrebbe quindi applicato a quelle (rare?) posizioni psichiche critiche, binarie o non binarie, di cui si ha nozione, che possano emergere senza voler andarle a stanare. Ciò nulla toglie alla valutazione delle pesanti difficoltà correlate alla fase evolutiva dell’esistenza, sia per gli educatori che per gli educandi, dentro una società sempre più complessa, in cui si assiste, e si rischia di esserne travolti, ad intrusioni mediatiche senza precedenti, fin nell’intimo delle persone.
Quando si supera un confine, non si è più come prima. E’ stata anche l’esperienza di Gesù: nel vangelo di oggi viene costretto a cambiare il suo approccio alla donna siro-fenicia… Ed è ben diverso da chi rimane dentro lo stesso paese, ha le stesse frequentazioni, le stesse letture… Per rifarsi all’articolo, ci si rende incapaci di farsi ragione che ci sono modi diversi di sperimentare la propria sessualità… Un tema di cui prima non si parlava, oggi lo si fa con più disinvoltura, ma anche con tanta superficialità e soprattutto non avendo forse incontrato le persone di cui si parla e si pontifica…
E’ da qualche anno che sono operatore pastorale del gruppo La tenda, originariamente aperto alle persone omoaffettive e ai loro genitori; solo ultimamente hanno bussato alla nostra porta genitori con figli/e transgender… Con costoro ci si incontra una volta al mese on line ed ognuna delle coppie a turno presente un brano del vangelo, lo commenta e poi gli altri aggiungono le loro considerazioni. Persone da ogni parte del paese che hanno bisogno di far rete per sostenersi a vicenda e per scambiarsi non solo informazioni, ma esperienze anche a chi si aggiunge mentre si è in cammino…
Uno degli ultimi incontri veniva proposto il brano di Marco 10,46-52: il grido di Bartimeo ai bordi della strada. L’hanno interpretato come il grido dei loro figli e figlie, zittite da coloro che erano al seguito di Gesù… Aspettarsi che la chiesa si pronunci ora su un argomento del genere è impensabile!!!! Si sa che papa Francesco non è favorevole alla “ideologia gender”, pur tuttavia periodicamente all’udienza del mercoledì tra gli ospiti ci sono delle persone trans che operano sul mare di Ostia. Tra costoro c’è una donna argentina che una volta gli ha offerto un dolce della loro terra. Regalo che ha molto gradito…
Una lettura salutare, non teorica, ma che mette a contatto coi genitori che si sono venuti a trovare in una situazione inimmaginabile e per il bene dei loro figli, cosa sono in grado di fare. Si tratta di: NOI GENITORI DI RAGAZZI TRANSGENDER Quello che non sapete e forse non volete sapere. A cura di Roberta Rosin, Valentina Cincotto. Edizioni IL POLIGRAFO
“E’ stata anche l’esperienza di Gesù: nel vangelo di oggi viene costretto a cambiare il suo approccio alla donna siro-fenicia…”.
Gesù è il Cristo, la seconda Persona della Trinità.
Non credo che si possa costringere Dio a fare qualcosa.
Vabbeh, questo è il solito paradosso dell’Unione ipostatica:
– Gesù come Dio sapeva tutto da sempre, sennò non sarebbe Dio;
– Gesù, come uomo in tutto simile a noi tranne che nel peccato, ha dovuto imparare tante cose.
No.
Questo è un tentativo per rendere Gesù un semplice sant’uomo e nulla di più.
Mi chiedo se non esiste una teoria gender come ben indicato nel articolo cosa si perde tempo a parlarne.
Detto questo segnalo che anche questo articolo cade nell’illusione ottica sulla maternità surrogata: In Italia la fanno 250 coppie l’anno, al 90% eterosessuali. Non è vero come scritto che la fanno soprattutto i gay.