André Neher, nel suo capolavoro – L’esilio della parola. Dal silenzio biblico al silenzio di Auschwitz –, polemizza con quegli intellettuali, teologi compresi, pronti, nel dopoguerra, a soffermarsi sulla tragedia di Hiroshima e Nagasaki, ma dimentichi della Shoah.
Eppure, in un altro scritto, egli ebbe a dire: «Vi è stato Auschwitz, vi è stata Hiroshima. E tuttavia vi è un futuro». Riconoscendo, dunque, il tragico rappresentato dall’atomica; una sorta di elogio sordo e cieco dell’autodistruzione umana.
La bomba atomica risuona come un monito: possiamo distruggere noi stessi, provocando l’estinzione della nostra specie, e di altre. In questo agosto 2023, però, in pochi hanno ricordato il dramma che si consumava settantotto anni fa: gli ordigni nucleari sganciati su Hiroshima e Nagasaki, a guerra quasi conclusa.
Accadeva altrove, lontano, nell’altro oceano, quando a noi già l’Atlantico sembra lontano; in un altro mondo, quasi in una terra di nessuno. Eppure con quell’«altro mondo» anche l’Italia di Mussolini, pochi anni prima, aveva stretto un Patto anticomintern. Labilità della memoria, sciagura di ciò che sembra!
Neher intravedeva un futuro, ma a condizione di ricordare; di lasciare, cioè, uno spazio nel nostro cuore e nella nostra sensibilità per quelle tragedie.
Due tragedie che egli stesso aveva posto quasi in competizione, sbagliando. Non c’è paragone possibile, aveva scritto, ravvedendosi in seguito. Paragone c’è: centinaia di migliaia di non ebrei nei campi di sterminio muoiono della morte degli ebrei, partecipano con il sangue al loro Olocausto.
Donne, bambini, comunisti, folli, Testimoni di Geova, altri cristiani, criminali, tutti loro e tutte loro hanno condiviso uno stesso destino di morte e di disperazione. La disperazione e la morte dell’umanità, e, per chi crede, di Dio stesso. Così a Hiroshima e a Nagasaki: il sacrificio di decine di migliaia di giapponesi innocenti, la sofferenza indicibile di milioni di loro rappresentano il sacrificio e la sofferenza di tutto il genere umano.
E, addirittura, di tutto il creato: di centinaia di specie animali e vegetali – la biosfera – ridotte a polvere e a carbone.
Il peggior negazionismo, in entrambi i casi, è l’oblio. Il negazionista dice: la Shoah è un’invenzione. Noi, colpiti da amnesia, stiamo sussurrando, senza affermarlo a chiare lettere: è come se quelle tragedie non fossero mai avvenute, non ci riguardano. E in tal modo ne diventiamo corresponsabili. Colpevoli no, ma, pur convinti di avere la coscienza a posto, ne risponderemo.
coltivare la Memoria è vitale, per se stessi e per la società.