La bocciatura, da parte della maggioranza, della proposta, avanzata dalla Commissione europea, di istituire un certificato europeo di filiazione – in base a cui la genitorialità stabilita in uno Stato membro verrebbe automaticamente riconosciuta in tutti gli altri –, ha suscitato un’ondata di indignazione. Si è parlato di un’Italia «che discrimina i figli delle coppie gay» e di «bimbi traditi» (La Stampa), di un «salto all’indietro» con cui il nostro paese «si allontana dal cuore democratico del continente» (Repubblica).
Non è questione di genere
A difendere la decisione sono rimasti, oltre al giornale dei vescovi, Avvenire, quelli della destra, gli stessi che hanno sostenuto la piena legittimità dell’azione delle istituzioni in occasione del tragico naufragio di Cutro e di quello, di poco successivo, verificatosi al largo della Libia. È forte, a questo punto, la tentazione, per chi su quelle vicende ha una visione diametralmente opposta, di collegare le due prese di posizione del nostro governo, condannandole entrambe con lo stesso sdegno.
Una reazione emotiva su cui però è giusto far prevalere la fedeltà ad uno spirito critico che esige di ascoltare le ragioni in campo in questa vicenda, come si è fatto in quella relativa ai migranti.
Secondo Eugenia Roccella, ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, che ha spiegato la linea del governo in un’ampia intervista al Corriere della sera, «il problema è uno solo: la maternità surrogata, che – ha precisato – preferisco chiamare utero in affitto perché è più chiaro che c’è una compravendita della genitorialità, un vero e proprio mercato». E ha aggiunto: «Non è un problema di omosessuali o eterosessuali, è molto sbagliato pensare che chi è contro questo mercato voglia colpire gli omosessuali». E in effetti, la pratica del ricorso alla maternità surrogata è più diffusa tra le coppie eterosessuali che tra quelle gay. «È la pratica dell’utero in affitto – ha concluso – che va combattuta anche a livello internazionale».
Senza voler ridurre l’intera questione a questo punto, esso è dunque sicuramente un fattore importante di cui tenere conto nel valutare la situazione. Ma vediamo meglio di cosa si stratta.
La «maternità surrogata» o «gestazione per altri»
La «Surrogazione di maternità» o «gestazione per altri» (GPA) è una tecnica di procreazione assistita in cui una donna, detta «gestante per altri», o «madre surrogata gestazionale», provvede alla gestazione per conto di una o più persone, che saranno il genitore o i genitori del nascituro.
Il ricorso a tale tecnica di solito viene sancito attraverso un contratto di surrogazione gestazionale; in esso, il futuro genitore o i futuri genitori e la «gestante per altri» dettagliano il procedimento, le sue regole, il possibile contributo economico per le spese mediche della gestante e per l’impegnativo percorso della gravidanza da intraprendere. La fecondazione può essere effettuata con spermatozoo e ovuli sia della coppia sterile, sia di donatori e donatrici attraverso concepimento in vitro.
Si possono facilmente trovare su Internet delle accorate difese di questa pratica. Che cominciano solitamente col rifiutare sdegnosamente l’espressione «utero in affitto». Leggiamo su uno di questi siti («Cliniche di fecondazione eterologa»):
«L’uso del termine “utero in affitto” suggerisce che non siamo in un processo medico e sociale, ma prima in un semplice atto di acquisto-vendita … nulla di più lontano dalla realtà. La “maternità surrogata” (…) non è un atto commerciale o il noleggio di una parte del corpo altrui; è molto spesso un atto di coraggio e di grande forza interiore, da parte della madre gestante, che desidera aiutare una coppia a diventare una famiglia; possiamo dire che è anche un grande gesto d’amore e di sacrificio».
Per contro, c’è chi non condivide questa esaltazione della gratuità. Giuseppina La Delfa, in un articolo su Huffpost del 6 dicembre 2016, dopo aver difeso la maternità surrogata dai tentativi di vietarla – «volere impedire una pratica legale altrove (e che esiste dai tempi biblici) è pura fantasia strumentale e ideologica» –, scrive che
«… desiderare una GPA altruistica e senza scambi di denaro non solo è mostrare di vivere al di là del mondo reale, ma è anche un’opzione estremamente pericolosa: è solo dare l’opportunità ai delinquenti e criminali di ogni genere di schiavizzare davvero le donne e usare i loro grembi a fine di lucro. Che le femministe non lo capiscano mi è del tutto incomprensibile».
Per lei, insomma, «la gratuità è una grande menzogna: c’è un prezzo da pagare per qualsiasi cosa, e il denaro non è sporco specie se serve a dare gioia e felicità».
Questo secondo punto di vista sembra il più corrispondente alla realtà. Basta andare su Internet e ci si rende conto che siamo davanti alla logica di qualunque prestazione commerciale. Siamo andati su uno dei siti che la propongono, «Success», dove si legge fra l’altro: «Noi offriamo programmi di maternità surrogata e donazione di ovociti, sperma ed embrioni, che siamo pronti ad avviare subito senza lista d’attesa, ai prezzi accessibili, con la garanzia della qualità e del successo». È la terminologia del mercato.
E non a caso il mercato si basa sull’offerta di chi ha più bisogno. Già prima della guerra un paese dove la maternità surrogata era permessa e diffusa, attraverso agenzie private, era l’Ucraina, dove il prezzo medio di un «pacchetto» variava mediamente dai 30mila ai 50mila dollari (un quinto del suo costo negli Stati Uniti). Ora il conflitto, rendendo ancora più precarie le condizioni di vita, ha incrementato il business.
Valutazioni contrastanti
Come valutare questa pratica? Le opinioni sono discordi. Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione «Luca Coscioni», è nettamente favorevole. «Purtroppo c’è chi considera ancora la gestazione per altri una pratica “disumana”. Disumano è impedire di avere dei figli a chi non può portare avanti una gravidanza».
Ma ci sono state e ci sono organizzazioni femministe che criticano aspramente quella che giudicano una forma di sfruttamento e di avvilimento della donna. Nel febbraio del 2016 si è tenuto in Francia un convegno per l’Abolizione universale della maternità surrogata («Assises pour l’Abolition universelle de la GPA»), organizzato da Sylviane Agacinski, voce storica del femminismo francese, e docente all’«Ecole des hautes études en sciences sociales». A conclusione dei lavori dell’assemblea, è stata formulata la richiesta formale perché la pratica della maternità surrogata venga proibita e resa illegale in tutto il mondo. Riassumendo le motivazioni di questa richiesta, la Agacinski, spiegava:
«È stupefacente, e contrario ai diritti della persona e al rispetto del suo corpo, il fatto che si osi trattare una donna come un mezzo di produzione di bambini. Per di più, l’uso delle donne come madri surrogate poggia su relazioni economiche sempre diseguali: i clienti, che appartengono alle classi sociali più agiate e ai Paesi più ricchi, comprano i servizi delle popolazioni più povere su un mercato neo-colonialista. Inoltre, ordinare un bambino e saldarne il prezzo alla nascita significa trattarlo come un prodotto fabbricato e non come una persona umana. Ma si tratta giuridicamente di una persona e non di una cosa».
Anche in Italia una nota esponente femminista come Luisa Muraro, filosofa e fondatrice della «Libreria delle donne» di Milano, ha preso una posizione duramente negativa:
«Non esiste un diritto di avere figli a tutti i costi, eppure ce lo vogliono far credere (…). L’utero in affitto si innesta in questa tendenza, anche se è nato prima, negli USA, con gli effetti che sappiamo. È la strada attuale per lo sfruttamento del corpo delle donne».
Il Parlamento europeo e la Commissione europea
La posizione dell’UE sulla questione è stata contraddittoria. Da un lato, il Parlamento europeo, nella primavera del 2022, ha condannato senza mezzi termini la maternità surrogata, affermando che essa «può esporre allo sfruttamento le donne di tutto il mondo, in particolare quelle più povere e in situazioni di vulnerabilità», sottolineando «le gravi ripercussioni della maternità surrogata sulle donne, sui loro diritti e sulla loro salute, le conseguenze negative per l’uguaglianza di genere».
Pochi giorni dopo, però, la Commissione europea, rispondendo a un’interrogazione fatta da alcuni eurodeputati a proposito della «Fiera dell’utero in affitto», tenutasi a Bruxelles il 6 e il 7 novembre 2021, rifiutava di prendere una posizione negativa e anzi preannunciava «un’iniziativa sul riconoscimento della genitorialità tra gli Stati membri che potrebbe includere anche questioni di diritto internazionale privato relative alla maternità surrogata». Iniziativa che si è concretizzata nella proposta del certificato di filiazione di cui si parlava all’inizio, che sdogana quella pratica a livello europeo, anche nei paesi dove non è ammessa dalla legge.
Che si tratti di coppie eterosessuali o di coppie gay, il risultato sarebbe comunque che chiunque abbia un figlio attraverso la maternità surrogata in un paese dell’Unione in cui questa pratica è ammessa, vedrebbe riconosciuta la sua genitorialità anche in quelli, come l’Italia, dove invece è vietata. A questo punto, diventerebbe solo questione di possibilità economiche permettersi un viaggio all’estero, oltre al pagamento della prestazione da parte della donna, per acquisire tale certificato. Si incoraggerebbe e rafforzerebbe, insomma, il ricorso alla maternità surrogata. E, francamente, ci sembra che le argomentazioni critiche sopra riportate, peraltro da un punto di vista rigorosamente laico, siano sufficienti a dire che un simile esito non è auspicabile.
Il problema dei bambini che già sono nati con questa procedura esiste sicuramente. Ma è su questo, forse, che bisognerebbe lavorare. Senza farsene uno scudo per difendere una richiesta, com’è quella della Commissione europea, la cui logica implica la mercificazione capitalistica del corpo femminile e del processo generativo.
- Dal sito della pastorale della cultura della diocesi di Palermo (www.tuttavia.eu), 17 marzo 2023.
Articolo equilibrato e condivisibile. Purtroppo i cattolici oggi sono in pieno guado. A destra Cutro a sinistra questa visione del mondo che esplode in tante microfratture, al centro non si capisce. Siamo pochi e divisi su tutto, spiace ma non ci si può fare quasi nulla.
Mi sembra un articolo equilibrato e condivisibile anche nel suo porsi comunque più contro che pro. Purtroppo non è possibile che un’attività di questo tipo possa essere effettuata per buon cuore. Così come è importante affermare che chi agisce contro la maternità surrogata per colpire i gay non tiene conto del fatto che su 10 coppie che usano questa metodica 7 sono eterosessuali. E’ a loro e non ai gay che si deve il grande successo di questa pratica. Questo deve essere chiaro per non colpevolizzare in modo ideologico solo i gay.
La pratica dell’ utero in affitto è un tornare alla barbarie di una civilta’ ormai troppo ricca e raffinata che degenera ai livelli pre-civiltà. Forse sarà il futuro, come magari sarà il futuro che i ricchi potranno comprarsi pezzi “ricambio”, reni, fegato, occhi, da poveri schiavi che venderanno pezzi del proprio corpo. La cultura nefasta dei “diritti” non ha limiti etici: ha solo limiti tecnici, ma fin dove arriva la tecnica arriva l’egoismo umano.
I ricchi possono da sempre avere e fare tutto quello che la società in cui vivono mette a disposizione. Meravigliarsi ha poco senso. Se le adozioni fossero più semplici forse ci sarebbe meno ricorso a queste pratiche.
Pietro dice che meravigliarsi ha poco senso, ma approvare queste ha un unico senso: cedere al male. I cattolici stanno compiendo gravissimi peccati di omissione e di vigliaccheria: rinunciando a combattere il male avremo una società con aborto, eutanasia, soppressione dei disabili, utero in affitto, e i cattolici come Pietro diranno: “meravigliarsi non ha senso”
il problema è che oltre a combattere il ‘male’ bisogna anche vincere la battaglia, e questo non solo non è scontato, ma attualmente la vedo difficile
Per il resto io non vedo corretto associare pratiche come l’aborto, l’eutanasia e la soppressione dei disabili, che sono gravissime violazioni del quinto comandamento, all’utero in affitto, che è grave in quanto separazione delle genitorialità dall’atto sessuale nel caso migliore, ma non arriva ai livelli di gravità delle prassi precedenti, che sono apertamente eugeniche
Concordo in pieno.
Sono parzialmente d’accordo. In particolare l’utero in affitto, anche quando non sia “in affitto” e amorevolmente condiviso, presuppone una selezione dell’ovulo o del seme la quale avviene sempre su base eugenetiche. Da qui non si sfugge.
A quanto ne so (correggetemi se sbaglio), l’utero in affitto richiede la fecondazione in vitro, che può portare alla distruzione di embrioni e quindi di vite umane (peccato contro il quinto comandamento).
Ma, in generale, io non credo che la separazione della genitorialità dall’atto sessuale sia solo un peccato contro il sesto comandamento. Io credo sia un peccato contro il quarto comandamento (in questo caso, il concetto stesso di genitore è disonorato) che offende anche la natura divina dell’uomo.
Dico che occorre agire con concretezza. Se le coppie impazziscono ad adottare si rivolgono ad altre vie per ottenere il risultato. Inutile meravigliarsi se poi le cose non vanno. La colpa in parte è del sistema.
“La colpa è del sistema”. Tipa frase che dicevano per giustificarsi i nazisti o i mafiosi. Invece per il cristiano la colpa è individuale come l’anima. Il Signore giudica te, persona, per il bene e per il male. Se sei complice del male non puoi dire “la colpa è del sistema”. Sei colpevole davanti a Dio se non combatti la “cultura della morte” e la “cultura dello scarto”, e l’utero in affitto fa parte di tale cultura (la scartata in questo caso è la madre che viene usata come un oggetto e non come una persona)