Per una serie di cause determinanti la riduzione delle risorse dello Stato − pandemia da Covid 19, guerra, crisi economica mondiale, inflazione, evasione fiscale − il Servizio sanitario nazionale (SSN) versa in una condizione sempre più grave quanto poco riconosciuta e omessa dal dibattito pubblico: tanto profonda da metterne in discussione i principi ispiratori di universalità, uguaglianza, equità.
Qui evidenzio aspetti che oggi mi appaiono richiedere interventi non più rinviabili.
Innanzi tutto, testimonio la grave carenza di operatori di tutte le professioni sanitarie: una carenza dovuta al fatto che le Facoltà di Medicina non preparano operatori in numero adeguato alle esigenze del SSN.
Le retribuzioni degli operatori del SSN sono ferme da anni con la conseguenza che un sempre maggior numero dei professionisti, terminati gli studi, sceglie di andare a lavorare all’estero o per la Sanità privata o per le Cooperative di sanitari. A tale ultimo riguardo è letteralmente esploso il fenomeno del reclutamento di medici «a gettone», non dipendenti, per la copertura delle esigenze di servizi essenziali, quali i Pronto Soccorso e le Guardie mediche. I «gettonisti», con pochi turni di servizio, guadagnano mensilmente quanto e più del personale dipendente.
Le condizioni di lavoro sono molto pesanti, specie in alcune strutture ospedaliere quali, naturalmente, Pronto Soccorso e Presidi territoriali (ad esempio, le Guardie mediche notturne), nelle quali alla fatica si assomma il rischio dei contenziosi medico-legali e, persino, di aggressioni fisiche.
L’invecchiamento della popolazione, con il conseguente aumento di patologie concomitanti a un andamento cronico e invalidante, ha prodotto non solo l’incremento della domanda di pratiche di riabilitazione con cure mediche e assistenza alla persona a forte integrazione sociale e sanitaria, ma anche grandi fenomeni di nuova istituzionalizzazione, con ricoveri in Residenze sanitarie − per anziani non autosufficienti e disabili − funzionanti 24 ore al giorno per 365 giorni, ovvero la totale «privatizzazione» dei costi assistenziali (di cui il fenomeno «badanti» è l’eloquente segno).
I costi di gestione del SSN sono a carico dell’erario, ovvero del denaro delle tasse pagate dai cittadini italiani. A tale riguardo, dati riferiti allo scorso anno dicono che è solo il 13% dei contribuenti dichiarante redditi superiori 35.000 € che sta «portando sulle spalle» il welfare nazionale: così il sistema non può reggere. Mettere mano alla fiscalità e combattere l’evasione fiscale dovrebbero risultare le priorità politiche da mettere in campo per la salute di tutti.
Sta riesplodendo inoltre la questione dell’ineguaglianza dei cittadini rispetto all’esercizio del diritto costituzionale alla salute. In tempi di scarse risorse, le ricchezze del Paese vanno spese per il meglio, rivisitando l’impianto complessivo e la gestione del SSN, riprendendo a fare programmazione, innovazione e adeguamento delle culture professionali attraverso la formazione continua degli operatori.
La risposta a questi gravissimi e urgenti problemi non può essere certamente il cosiddetto «regionalismo differenziato», ossia la disarticolazione per Regioni di un Servizio come quello sanitario che è e deve rimanere «nazionale» per Costituzione (cf. qui su SettimanaNews).
sono un residente della Regione Veneto, provincia di Verona.
Ho lavorato per 41 anni nella sanità, prima presso l’ospedale , poi presso un distretto sanitario in qualità di impiegato.
Ho vissuto quattro cambi di USL, unità sanitarie locale , della regione Veneto: la 27, la 33, la 22 e poi la 9 , detta Scaligera.
Da quando è nato il SSN 1 luglio 1980, in provincia di Verona sono stati chiusi 13 ospedali.
Nel frattempo si sono potenziati gli ospedali privati: il Pederzoli di Peschiera, l’Ospedale Sacro Cuore di Negrar ed altre strutture private.
In molti comuni del veronese e in citta , sorgono come funghi strutture private a pagamento per visite specialistiche, centri radiologici, centri per laboratori di analisi e centri di riabilitazione.
Servizi che prima erano gratuiti ora sono a pagamento.
Questo perchè la Regione Veneto, come le altre regioni vuole tagliare la spesa sanitaria affidandola a privati.
Nella Regione Veneto governata da sempre dal centro destra vedi Galan ed ora Zaia, questo è stato il loro impegno , chiudere gli ospedali , tagliare i servizi, fino ad arrivare in questi giorni , dove migliaia di cittadini sono senza medico.
Noi veronesi, veneti nella stragrande maggioranza votavamo Forza italia e Lega, e questi , che ci governavano tagliavano i servizi.
Per cui una parte di colpa dobbiamo assumerla pure noi cittadini.
Quasi tutti gli assessori alla sanità sono stati leghisti.
Moltissimi cittadini, sono sanno da chi è gestita la sanità, addirittura dipendenti della ASl, sono sanno da chi sono retribuiti.
Dobbiamo fare una analisi ed assumerci le nostre responsabilità come cittadini.
In questi giorni per chi non ha più il medico, deve andare presso la Guardia medica diurna,
aperta 2 ore la giorno, eccetto il mercoledi o prendere un appuntamento.
La sala d ‘attesa è un tendone all’aperto di fronte all’ ex ospedale di Isola della Scala.
Per ultimo anche le strutture private convenzionate , danno certe prestazioni a pagamento dopo 20 giorni.
Dopo la disastrosa gestione del covid-19 in Lombardia e dopo aver svenduto il sistema sanitario ai privati la destra lombarda è ancora al 45% stando all’ultimo sondaggio. Qui si lamentano tutti delle liste di attesa lunghissime e del fatto che ti curi in fretta solo se paghi. Tutto vero ma se poi si lasciano al loro posto le cause vere, cioè politiche di questo disastro, di cosa stiamo parlando?