Le tensioni razziali seguite agli episodi di Ferguson, Staten Island e Cleveland hanno trovato una loro rappresentanza, prevalentemente nella comunità afro-americana statunitense, nel movimento Black Lives Matter (BLM).
Il BLM le comunità ecclesiali
Per la prima volta un movimento a difesa dei diritti civili degli afro-americani, dopo la grande battaglia degli anni Sessanta,[1] ha preso le mosse e si è sviluppato senza alcuna connessione diretta con le comunità di fede. Anzi, come ha affermato D.J. Hudson (ex studentessa della Vanderbilt Divinity School), «alcuni dei leader di BLM non hanno ricevuto alcun supporto, o sono stati addirittura osteggiati, dal clero e dalle chiese afro-americane». Questo nonostante l’appello rivolto già nel 2015 da una dozzina di rappresentanti di scuole teologiche afro-americane ai colleghi per «uscire dalle braci del silenzio e parlare finalmente con franchezza a voce alta».
La scollatura fra il movimento BLM e le comunità di fede, che erano state per decenni all’avanguardia nella difesa dei diritti civili e nella coltivazione della memoria delle lotte del XX secolo, poteva essere già colta in filigrana nella risposta data allora da parte della dirigenza della United Methodist School of Theology, che si impegnavano «a incrementare e rafforzare quanto possiamo fare per affermare la sacralità delle vite afro-americane» – senza fare alcun riferimento al movimento BLM, che aveva già preso contorni di rilievo e risposte di sostegno non solo da parte degli afro-americani.
A quasi due anni di distanza, con il semestre invernale del 2016, alcune facoltà e scuole di teologia hanno introdotto corsi o attività seminariali che riguardano il movimento BLM (New York Theological Seminary, Fuller Theological Seminary, Yale Divinity School, Venderbilt Divinity School). Attivazione seguita, sovente, alla partecipazione di studenti delle scuole teologiche alle attività e manifestazioni di BLM.
L’interesse delle minoranze
La percezione della separazione fra fede in quanto comunità ecclesiale, non come personale decisione dei singoli, e il movimento BLM è stata una delle ragioni portanti che hanno spinto verso una considerazione teologica del movimento, delle sue aspirazioni, del suo ruolo nella comunità afro-americana a latere delle Chiese: «Parte degli obiettivi del corso era quello di prendere in considerazione questa disconnessione fra la Chiesa afro-americana e il BLM; così da permettere agli studenti un ingresso di fondo in quello che è il movimento» (C.V. Mason, New York Theological Seminary).
Un esperimento da seguire con interesse, soprattutto dopo l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti, in quanto potrebbe divenire un laboratorio in cui possono convergere più rappresentanze di fede religiosa in un passaggio di criticità per la vita delle minoranze nella Nazione. Non è infatti un caso che tra gli studenti attuali si trovino non solo cristiani afro-americani, ma anche musulmani ed ex-carcerati. Segno che intorno al BLM si va condensando la sensibilità e la partecipazione attiva dei “margini” della società statunitense odierna.
Attesa ricaduta istituzionale
Offrire corsi sul movimento BLM può «generare in altre persone lo slancio per fare di più in una determinata direzione di quanto non abbiano fatto finora» (V. Layton-Robinson, studentessa presso il New York Theological Seminary).
Ma è anche l’organizzazione delle facoltà e scuole di teologia che andrebbe conseguentemente ricalibrata, aprendo le porte per una leadership afro-americana anche in contesti dove il corpo studentesco e docente è prevalentemente bianco: «Se i seminari e le scuole di teologia non condividono il potere, allora attività seminariali e classi su BLM non hanno alcuna importanza. Se le vite afro-americane sono davvero importanti, si vedrebbe un aumento di presidi e presidenti afro-americani all’interno di istituzioni bianche» (J. Evans, Morehouse School of Religion).
[1] Cf. D. McWhorter, Carry Me Home. Birmingham, Alabama: The Climatic Battle of the Civil Rights Revolution, New York 2001.