Giovanni Pascuzzi è professore ordinario di diritto privato comparato all’Università di Trento, membro del Senato accademico e già prorettore. È membro del Gruppo diocesano che promuove la Cattedra del Confronto. Tra i suoi interessi, il diritto nell’era digitale, la responsabilità civile, il diritto nei contratti, i diritti della personalità, il diritto d’autore. L’articolo è stato pubblicato nella rubrica “Il commento” del settimanale diocesano Vita Trentina del 5 agosto 2018.
Una recente esternazione del ministro Salvini offre l’esempio di come spesso ciò che diventa problema è solo un punto di vista.
Nei giorni scorsi i mass media hanno dato ampio risalto ad una esternazione del Ministro Salvini sui malati psichiatrici. La frase è stata pronunciata durante il raduno di Pontida dello scorso primo luglio ed è testualmente questa: «Penso a una riforma, sulla carta giusta, che si sta dimostrando un disastro lasciando nella miseria migliaia di famiglie: quella dei malati psichiatrici, che ha cancellato le strutture che li curavano abbandonando le famiglie al loro destino. Ogni giorno è un bollettino di guerra perché lo Stato si volta dall’altra parte».
Di primo acchito essa contiene un’affermazione probabilmente vera («le famiglie dei malati psichiatrici sono lasciate al loro destino») e un’altra verosimilmente falsa (non mi pare che quotidianamente leggiamo “bollettini di guerra” con vittime provocate da malati psichiatrici).
Ma mi interessa sottolineare un’altra cosa: il punto di vista. Cerco di spiegare perché è rilevante facendo un esempio. Se il Ministro avesse detto: «Questo governo stanzierà 3 miliardi di euro per studiare e combattere la malattia mentale», sarebbe stato chiaro che ciò che si ha a cuore è la sorte del malato. Facendo riferimento al ruolo (certo non facile) delle famiglie, il baricentro viene spostato su altro: il problema da risolvere non è la cura del “malato” (termine su cui si dovrebbe discutere a lungo, specie nel campo del disagio psichico). Il “malato” è il problema e anche “pesante” per chi gli sta intorno.
Lasciamo per un attimo il disagio psichico. Le “famiglie” spesso hanno a che fare anche con altri “congiunti che creano problemi”. Penso a chi ha a che fare con coloro che entrano nel tunnel delle patologie legate alla demenza senile. Penso a chi convive con persone disabili gravi (non solo quelle vittime di malattie di cui si occupa Telethon, ma anche, per esempio, chi è rimasto tetraplegico per un incidente stradale o per manovre maldestre al momento del parto). L’elenco potrebbe continuare. Ma il Ministro dell’interno si è occupato (almeno in quella sede) solo dei “malati psichiatrici”, come li ha definiti.
A me vengono in mente alcune considerazioni.
a) L’eclissi del debole. L’attenzione non è sul problema del malato che è solo avvertito come “peso”. Il problema da risolvere è quello delle persone che non possono fare quello che vogliono perché hanno il problema di avere un congiunto malato.
b) La gerarchia tra deboli. I deboli non solo sono la fonte del problema: ce ne sono alcuni più “fastidiosi” di altri. Anche se una volta “sistemati” (magari in ospedali psichiatrici cui certamente sarebbe dato un nome diverso) i primi, è ovvio che sarebbero “sistemati” anche tutti gli altri per togliere dalla circolazione tutti i “pesi”.
c) Cartina di tornasole. Il Ministro non fa altro che dare voce a sentimenti diffusi. Dice le cose che le persone vogliono sentirsi dire.
d) Cosa siamo diventati. Non è la sede per indagini sociologiche. Ma certamente siamo diventati monadi, che non credono più alla ricompensa nell’aldilà, che vogliono tutto adesso, che pensano di avere diritto a godersi la vita in modo pieno (?) e che, pertanto, hanno diritto a non avere problemi. Che hanno diritto anche di pensare che non saranno mai a loro volta un problema (perché migranti, perché malati psichici, perché disabili, perché anziani: le ragioni per cui possiamo diventare deboli sono infinite).
Un problema (ciò che diventa problema) è solo un punto di vista. E il mondo possiamo guardarlo dal punto di vista di chi ha bisogno di aiuto o dal punto di vista di chi pensa solo a se stesso.