Italia-Censis: sonnambuli, più vecchi e senza speranza

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Il Censis, nel suo rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, non è nuovo all’utilizzo di formule fantasiose quanto azzeccate. Quest’anno, per l’edizione numero 57, è stata utilizzata l’immagine dei sonnambuli: gli italiani sembrano al corrente delle enormi difficoltà che avanzano davanti a loro, ma preferiscono chiudere gli occhi, fingere di non vedere.

«Alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti – scrive il Censis – sembrano rimossi dall’agenda collettiva del Paese, o comunque sottovalutati. La società italiana sembra affetta da un sonnambulismo diffuso, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali, di lungo periodo, dagli effetti potenzialmente funesti».

Dati drammatici e «desideri minori»

Ma quali sono queste «dinamiche strutturali»? Innanzitutto la demografia: nel 2050 l’Italia avrà perso 4,5 milioni di residenti, come se scomparissero Roma e Milano insieme. E in questo dato è contenuta una diminuzione di 9,1 milioni di under 65 e un aumento di 4,6 di over 65. Insomma, un Paese più piccolo e molto più anziano.

Al traguardo del 2050 si stimano quasi 8 milioni di persone in età attiva in meno, così come una spesa sanitaria destinata a salire a 177 miliardi di euro (oggi siamo a 131 miliardi). Senza contare, ovviamente, ciò che accade al di fuori dell’Italia: l’emergenza climatica, le guerre, le migrazioni, le rivoluzioni portate dalle nuove tecnologie…

A fronte di tutto questo, gli italiani sembrano essere molto preoccupati. Qualche numero: l’84% di loro teme il clima impazzito; il 70,6% ha paura che i problemi ambientali e quelli demografici porteranno a un crollo della società, favorendo povertà diffusa e violenza; il 53,1% è preoccupato che il debito pubblico provocherà il collasso dello Stato; il 73,8% teme che non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni e il 69,2% pensa che negli anni a venire non tutti potranno essere curati.

La situazione appare quindi chiara in tutta la sua drammaticità. Eppure è totalmente assente l’impegno, o anche solo la rabbia, necessari a cambiare le cose. Il Censis scrive che «è il tempo dei desideri minori»: l’obiettivo è «una più pacata ricerca nel quotidiano di piaceri consolatori per garantirsi uno spicchio di benessere – magari temporaneo e reversibile – in un mondo ostile».

Il «ripiegamento sul presente»

Non tutto in questa analisi è da buttare, visto che il 94,7% degli italiani dice di considerare «centrale la felicità delle piccole cose di ogni giorno» e l’81% di essi dedica più attenzione rispetto al passato alla gestione dello stress e alla cura delle relazioni. Non ci si lascia più trascinare dal consumismo e il lavoro non è più vissuto come totalizzante, ma è forte il «ripiegamento sul presente».

Se c’è sfiducia per un cambiamento dei destini collettivi, sembra che a scaldare i cuori ci sia solo la rivendicazione dei cosiddetti diritti individuali: il 74% degli italiani dice di essere favorevole all’eutanasia, percentuale che arriva all’82,8% fra i giovani; il 65,6% vuole il matrimonio egualitario tra persone dello stesso sesso (79,2% tra i giovani); il 34,4% è a favore della gestazione per altri (46,9% tra gli under 34). Colpisce anche il 76,8% a favore dello ius culturae. Le famiglie italiane, del resto, non sono più quelle “tradizionali”: solo il 52,4% di esse è composto da una coppia, con o senza figli, (da notare che erano il 60% nel 2009). Il 33,1% delle famiglie è fatto da persone che vivono sole, il 10,7% da famiglie monogenitoriali, costituite da un genitore (spesso la madre) e i figli. Il numero dei matrimoni si riduce: se nel 2008 ne erano stati celebrati 246.613, nel 2021 sono stati soltanto 180.416, ed esistono 1,6 milioni di famiglie composte da coppie non coniugate.

Non possiamo concludere questa rassegna senza parlare, nello specifico, della situazione giovanile. Secondo il Censis «la distanza esistenziale dei giovani di oggi dalle generazioni che li hanno preceduti sembra abissale». I giovani innanzitutto sono pochi (negli ultimi vent’anni sono calati di quasi 3 milioni) e hanno un peso demografico sempre minore. Si sono infranti i miti della crescita economica e dei consumi e il 57,3% degli italiani pensa che i giovani siano la generazione più penalizzata. Di fronte a tutto questo, pare che l’unica soluzione sia la fuga: gli italiani residenti all’estero negli ultimi dieci anni sono aumentati del 36,7% (quasi 1,6 milioni in più) e il 45,7% dei giovani che partono sono laureati.

Una risposta nella fraternità?

Insomma, un’Italia di sonnambuli, sempre più vecchia e priva di speranze, che ha come risposte il ripiegamento nel presente e la fuga. O, più in generale, l’individualismo. Ed è proprio da qui che credo debba partire una seria proposta culturale e politica del mondo cattolico.

Non è serio né utile fare i nostalgici di stagioni che non esistono più, e sarebbe ugualmente sbagliato cercare risposte settoriali a una crisi che appare più generale. Penso sia necessario fare i conti con una nuova interpretazione e che si debba inevitabilmente fare i conti con la categoria della fraternità.

Ne ha scritto papa Francesco nella sua enciclica Fratelli tutti, ne ha parlato padre Francesco Occhetta nella sua relazione presso la due giorni dell’associazione «I popolari», a Modena, lo scorso 2 dicembre. Fra i tre valori promossi dalla Rivoluzione francese la fraternità è sicuramente quello meno applicato, ma senza di esso libertà e uguaglianza finiscono per deragliare. Quella di Francesco è una «Chiesa del samaritano e chi agisce nel contesto pubblico – ha spiegato padre Occhetta –, se vuole essere armonico ad essa, non può fingere di non sentire il richiamo degli uomini derubati e picchiati dai briganti, che si trovano ai bordi della strada».

Se non accettiamo quella alterità, «il prossimo finisce o per farci paura o per essere ignorato». È la morte del prossimo ma è anche la morte della politica perché, senza attenzione al prossimo e al suo bisogno, la politica perde il suo significato. Resta solo l’individuo con la sua pancia da riempire e l’io-oggi come unico orizzonte possibile.

Abbiamo bisogno di un orizzonte più largo, costruito sul paradigma della fraternità, nella Chiesa così come nel mondo della politica: «Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia». E dall’avarizia delusa nasce il sonnambulismo di oggi.

 

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