Il centenario della nascita di don Lorenzo Milani stimola numerose iniziative. Proprio il 27 maggio, giorno della nascita, il presidente della Repubblica visiterà Barbiana per rendere omaggio alla memoria del Priore che, a metà degli anni Sessanta del secolo scorso, da una sperduta località delle montagne del Mugello, cambiò il modo di vedere la scuola e la società italiana dell’epoca.
Tra i vari modi di fare memoria di ciò che avvenne in quel luogo e in quel tempo, il Dipartimento di Pedagogia e il Centro Ricerche sulle Relazioni Interculturali dell’Università Cattolica di Milano, in un recente convegno (4 maggio, Milano) hanno scelto di dare parola a quelle che potremmo definire le “Barbiane di oggi”, alcune tra le più vive e significative esperienze che provano con passione a far rivivere il senso di un’educazione più giusta.
Le Barbiane di oggi
Le testimonianze del progetto “Don Milani 2” di Exodus a Cosenza, dell’esperienza consolidata del progetto “Non uno di meno” della Comunità di San Martino al Campo di Trieste, delle scuole di seconda opportunità “I care” della Fondazione Sicomoro a Milano e Lodi e del progetto “Provaci ancora Sam” di Torino, delle scuole della Pace della Comunità di Sant’Egidio, scrivono pagine aggiornate di quelle che potrebbero costituire nuove Lettere a una professoressa.
In esse si chiede alla scuola di ampliare i propri orizzonti, includendo le pratiche di “seconda opportunità” come elementi costitutivi di un sistema formativo allargato, di contaminarsi con la vivacità delle realtà del privato sociale per contrastare la dispersione scolastica assai consistente, in particolare al Sud Italia e nelle periferie metropolitane.
Dai dati Invalsi, illustrati nel corso del convegno dalla vice-presidente Renata Viganò, emerge un quadro attuale preoccupante e troppo simile a quello ritratto dai grafici di Lettera a una professoressa.
La piramide dell’esclusione progressivamente elimina dal diritto all’istruzione un numero rilevante di studenti e studentesse, oggi prevalentemente appartenenti a famiglie provenienti da percorsi migratori, negando loro condizioni effettive di cittadinanza, come ha evidenziato nel proprio intervento Milena Santerini.
La scuola di Barbiana ha svelato come il fenomeno dell’insuccesso scolastico e della dispersione si spieghino non con la teoria ingenua delle attitudini – secondo la quale alcuni studenti sarebbero più dotati di altri per la conoscenza – ma con ragioni strutturali, di carattere sociale, economico e culturale.
La selezione scolastica – palese e oggi molto spesso occulta – risponde a evidenti ragioni di controllo e di riproduzione sociale delle condizioni di disuguaglianza.
Le Barbiane di oggi, che quotidianamente operano con questi giovani, chiedono alla scuola di assolvere al proprio compito irrinunciabile di promuovere conoscenza e cittadinanza per tutti.
Reinventare il messaggio provocatorio di don Milani oggi, è possibile tornando a Barbiana per recuperare il senso profondo dell’educare. Occorre oggi tornare a Barbiana dove incontriamo, in concreto, il tema della giustizia in educazione.
Tornando a Barbiana, ci confrontiamo con la visione profetica di don Milani, rivolta al futuro – come evidenziato dallo scrittore Eraldo Affinati – e con il mito educativo, già coltivato da Comenius, che tutti possano imparare tutto.
Certamente ciò dipende dalle condizioni: dai tempi, dai luoghi, dalle persone e dalle modalità con le quali apprendimento e insegnamento si realizzano e le Barbiane di oggi dimostrano concretamente come tali condizioni si possono realizzare e concretamente praticare.
Il mito della giustizia in educazione orienta il fare scuola, non è utopia ideale ma costituisce un principio fondante da assumere per orientare il senso dell’agire educativo. Per questo don Milani, ancora oggi, divide.
Barbiana, una provocazione
Barbiana segna il discrimine tra chi ritiene (e in tal senso agisce) considerando che conoscere debba essere un diritto da garantire a tutti e chi, all’opposto, considera il sapere come privilegio di pochi che stanno, non per merito proprio, in cima alla piramide sociale. Come ha detto il cardinale Zuppi, presidente della CEI, intervenendo al convegno: «il merito o è di tutti, o è di nessuno».
Ciò che vive dell’esperienza di Barbiana – storicamente e culturalmente situata in un luogo e un tempo assai diversi da quelli attuali – non è, quindi, un modello di scuola da imitare acriticamente ma una provocazione radicale circa il senso dell’educare e del fare scuola.
La scuola di Barbiana è comprensibilmente e giustamente terminata con la morte del Priore ma quell’esperienza ha generato altre esperienze educative – dentro e fuori la scuola – che ne hanno reinventato il senso, affrontando le sfide attuali del sapere come diritto, sviluppo della coscienza critica personale e atto collettivo e politico rivolto alla più ampia società nella quale la scuola vive.
Coltivare questa prospettiva di senso dell’educazione costituisce oggi un’eredità impegnativa, fortunatamente accolta da molti – come espresso nel corso del convegno sulle “Barbiane di oggi” – con autenticità e competenza, senso di responsabilità sociale e capacità di generare nuove prospettive di azione.
- Piergiorgio Reggio è docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano-Brescia e vice-presidente dell’Istituto Paulo Freire Italia; per le Edizioni la Meridiana ha pubblicato il volume Lo schiaffo di don Milani. Il mito educativo di Barbiana (qui).