Il mensile San Bonaventura informa – della Pontificia Facoltà Teologica «San Bonaventura» Seraphicum – raccoglie in una pubblicazione digitale gratuita (L’economia di Francesco, a cura di Elisabetta Lo Iacono, scaricabile qui) tutti gli articoli della rubrica «L’economia di Francesco», con la quale ha accompagnato i suoi lettori verso la celebrazione dell’evento internazionale The Economy of Francesco (19-21 novembre 2020). Riprendiamo per gentile concessione della redazione di SBi la prefazione firmata da Luigino Bruni, responsabile scientifico per The Economy of Francesco (l’evento si svolgerà on line secondo il programma qui dettagliato).
The Economy of Francesco nasce con i giovani, nasce dall’idea del papa di parlare e di ascoltare chi oggi si sta formando e sta lavorando per una economia fraterna e più giusta, all’altezza dei tempi nuovi. I giovani hanno ancora una capacità e una disponibilità al cambiamento e se noi tutti vogliamo sperare, dobbiamo sperare con loro.
Oggi The Economy of Francesco è un movimento vero e proprio che ha coinvolto oltre 3.000 giovani economisti e imprenditori di 115 Paesi e ispirato più di 300 incontri preparatori in tutto il mondo.
Un segno dei tempi
Il XXI secolo sta mostrando che i beni comuni, i beni relazionali e l’ambiente non sono gestibili con la logica capitalistica, e se non cambiamo presto e velocemente non faremo altro che distruggerli.
Il Movimento di Greta e gli altri movimenti giovanili che in questi ultimi tempi stanno animando (dando anima) il mondo, dicono, in vari modi, questa stessa cosa. Anche se la dimensione economica di questo variegato movimento giovanile è meno enfatizzata di quella ecologica, la grande sfida del XXI secolo sarà tenerle assieme. Ed è qui che si coglie il senso dell’evento The Economy of Francesco: un processo avviato per offrire ai giovani una patria ideale (Assisi) da dove partire per trovare un rapporto integrale con l’oikos. Una nuova ecologia è possibile solo insieme a una economia nuova – se l’oikos è uno solo, non è né concepibile né realizzabile una ecologia integrale senza una economia integrale.
La Laudato si’ ha segnato una tappa fondamentale della presa di coscienza della Chiesa e del mondo riguardo l’insostenibilità del capitalismo in particolare in rapporto alla terra. La convocazione (10 maggio 2019) che papa Francesco ha rivolto ai giovani economisti e imprenditori per un evento globale ad Assisi è una concretizzazione e uno sviluppo di qualcosa che accompagna costantemente la sua azione e il suo pensiero.
Giovani, economia e Assisi
Sono queste le grandi innovazioni di The Economy of Francesco. È la prima volta che un leader mondiale o una istituzione globale convoca giovani economisti per chiamarli ad un impegno comune e corale.
Il papa si mette nelle mani dei giovani, del loro cuore e della loro intelligenza per mostrare e pensare una economia diversa da quella che oggi esclude e “uccide” milioni di persone sulla terra. Questo è già un primo messaggio: dare spazio ai giovani e non riempire ogni spazio. Papa Francesco l’ha detto più volte: bisogna attivare processi, non occupare spazi.
Poi l’economia. La Chiesa cattolica ha da sempre attribuito grande attenzione alla politica o alla famiglia. Meno all’economia in quanto scienza economica e impresa. Questo papa innova anche ponendo la teoria e la prassi economica al centro della sua attenzione di pastore. Non si cambia il mondo senza cambiare la prassi e soprattutto la teoria economica.
Papa Francesco invece ha capito che senza una stagione di pensiero economico nuovo non si va da nessuna parte, perché oggi l’economia è la grammatica del linguaggio sociale. È un grande fattore di innovazione aver compreso che l’economia è una priorità se si vuole cambiare in senso umanistico e cristiano il mondo.
L’atto di nascita di una diversa economia
The Economy of Francesco è l’economia di papa Francesco e di san Francesco, assieme. Quell’economia francescana ampiamente descritta in queste pagine. Francesco iniziò la sua rivoluzione, anche economica, scegliendo come sua forma di vita “soltanto” il Vangelo. Era giovane quando decise di mettere fine alle ricchezze mercantili di suo padre per dedicarsi interamente alla sua vita nuova, ponendo al centro sorella povertà e il distacco anche materiale dai beni come segno di perfezione di vita.
Quel gesto, dunque, fu l’atto di nascita di una oikos-nomos diversa, di un nuovo governo della casa, non più gestito dalla ricerca di profitti e di guadagni. Fu la genesi di un regno dove la moneta è la charis: la gratuità.
Quella prima gratuità fece nascere un’economia e una civiltà del gratuito – pensiamo ai Monti di Pietà, proto-banche civili, i primi istituti di microfinanza senza scopo di lucro – che ha liberato e continua a liberare milioni di poveri. La scelta di Francesco e dei francescani di vivere in altissima povertà, cioè senza nulla possedere, rimane ancora oggi una grande profezia per l’economia perché ci ricorda anche che esiste un’altra dimensione della povertà (quella scelta liberamente) intesa come condivisione della vita, come provvidenza, come gratuità.
Una povertà intesa come sobrietà, come liberazione dalle merci per scegliere i beni. Nessuna economia funziona se prima delle merci non sappiamo vedere i beni, cioè quelle realtà che hanno valore non solo perché hanno un prezzo. Il principio economico funziona se poggia sul principio di gratuità, perché possiamo vendere e comprare, scambiare e fare profitti, solo se prima riconosciamo una legge di gratuità che fonda la vita di tutti e se sappiamo vedere il valore delle cose infinitamente più grande del loro prezzo.
Madonna povertà
Il rapporto tra francescani ed economia è molto più complesso di come viene raccontato – ma anche molto più interessante. Noi oggi non abbiamo più le categorie per comprendere cosa fosse la povertà di Francesco e poi di Chiara e dei loro discepoli. Diversamente da quella dei monasteri, dove persone individualmente povere vivevano in istituzioni diventate ricche, quella di Francesco era una povertà individuale e comunitaria, perché neanche i conventi dovevano possedere alcun bene. Nulla possedere, vivere sine proprio.
Da subito, con ancora Francesco in vita e per un secolo dopo, si sviluppò un acceso dibattito, anche giuridico, sulla distinzione tra proprietà dei beni e loro uso. I teologi e i giuristi francescani cercarono di convincere i papi e la Chiesa che fosse possibile consumare i beni primari senza diventarne padroni.
E così, mentre il Medioevo cristiano seguiva l’etica economica moderata ereditata dal tardo impero romano, Francesco i suoi frati e le sue suore tentarono qualcosa di impensato che ci lascia ancora oggi senza fiato: tornarono lungo le strade, da ricchi divennero mendicanti poveri in mezzo ai poveri. La ricchezza francescana divenne il nulla possedere per poter entrare in un altro regno.
Ma, lo sappiamo, il tentativo francescano di distinguere proprietà dei beni dal loro uso non ebbe successo. La Chiesa di Roma (papa Giovanni XXII), contestando le tesi dei teologi francescani (san Bonaventura) affermò con una bolla l’impossibilità del solo uso dei beni, e attribuì all’ordine la proprietà dei beni che usavano.
Utopia concretissima e viva
L’utopia concretissima dei francescani non entrò né nel diritto della Chiesa romana né nell’eredità economico-giuridica dell’Occidente. Ma non è morta, perché continua a sfidare le nostre economie e i nostri sistemi giuridici. A partire ancora una volta da Assisi e da Francesco.
Con il terzo millennio siamo entrati definitivamente nell’era dei beni comuni. Se continuiamo a sentirci proprietari e padroni della terra, dell’atmosfera, degli oceani, continueremo soltanto a distruggerli. Dobbiamo, presto, imparare ad utilizzare i beni senza esserne padroni, dobbiamo velocemente apprendere l’arte dell’uso senza proprietà.
Ad Assisi i giovani si (e ci) chiederanno: sarà l’economia del sine proprio l’oikonomia possibile dell’era dei beni comuni?