Lunik IX è il più grande insediamento rom in Slovacchia. Papa Francesco lo ha visitato come parte del suo viaggio apostolico nel paese. Con l’attenzione del papa per le comunità emarginate, questa scelta non è una sorpresa: il popolo rom è stato il gruppo etnico più sistematicamente “scartato”, per usare il termine di Francesco, in Slovacchia.
Le persone che vivono negli insediamenti rom sono state lasciate appese a un filo mentre il paese è uscito dall’era comunista per entrare nell’Unione europea, con una crescita economica paragonata a quella delle “quattro tigri asiatiche”: Corea del Sud, Taiwan, Singapore e Hong Kong.
Povertà endemica
Un terzo degli oltre 380.000 rom in Slovacchia vive in romske osady, ossia in “insediamenti rom”. Queste baraccopoli non sono dissimili dalle villas miseria nella nativa Argentina di Francesco, dalle favelas in Brasile, o dagli slum o trailer park negli Stati Uniti. Famose per l’alta disoccupazione e i bassi livelli di istruzione, le “osady” sono diventate isole di ineluttabile privazione in un paese economicamente prospero.
Molti rom iniziano a scivolare nel baratro della povertà generazionale nei primi mesi di vita. Lo stress costante, la malnutrizione e le terribili condizioni di vita hanno un impatto negativo sulla crescita sociale, emotiva e cognitiva nei primi tre anni di vita. Quando entrano nel sistema di istruzione obbligatoria, che in condizioni ideali migliorerebbe la loro mobilità sociale, è già troppo tardi.
È qui che entrano in gioco le donne rom. Se si chiede dei loro desideri per il futuro, la risposta è quasi unanime: una vita migliore per i loro figli. Per quanto riguarda il miglioramento della propria vita, sono già rassegnate. Rimanendo generalmente incinte nella loro prima adolescenza, hanno una vita inevitabilmente strutturata intorno alla ricerca di un sostentamento di base per le loro famiglie. Con un tasso di disoccupazione che va dall’80 al 90%, le donne rom non possono contare sui loro mariti per la sicurezza finanziaria. L’abuso di alcol è dilagante tra gli uomini.
Retorica politica
Recentemente, la situazione delle donne rom ha assunto una dimensione globale tragica. Sono tra le vittime più probabili del traffico di esseri umani dall’est all’ovest dell’Europa, con ragazze di appena 16 anni vendute (purtroppo, non di rado, dai loro stessi parenti) per la prostituzione.
Dal punto di vista dell’élite politiche, la situazione delle donne rom sembra quasi irrisolvibile. Poiché governo dopo governo non si è riuscito ad affrontare la situazione, la “questione rom” è stata sfruttata da populisti ed estremisti neonazisti, per i quali i rom sono un facile capro espiatorio. Le grandi famiglie rom e le donne rom incinte sono diventate i simboli di come i rom, dicono i populisti, “sfruttano” il generoso sistema di sicurezza sociale dello stato.
Ma la situazione è diversa nella società civile. Infatti, le iniziative non governative, religiose o laiche, sono emerse come i programmi più efficaci. E le donne rom hanno giocato un ruolo cruciale. Il recente successo del programma “Omama” (che in ungherese significa nonna) ne è un esempio.
Donne che aiutano donne
Omama concentra i suoi sforzi sui più vulnerabili: giovani madri e bambini in età prescolare. La sua missione è quella di formare le donne rom nei metodi di sviluppo dei primi anni del bambino. Queste donne aiutano poi le loro compagne a far crescere i bambini (fino a 3 anni), facendo visite settimanali alle famiglie con bambini piccoli, organizzando incontri per genitori e dando consigli alle adolescenti incinte. Così facendo, le “Omamas” preparano i bambini degli insediamenti a una transizione più agevole verso l’istruzione elementare.
Memore della peculiarità della cultura rom, il programma si basa su un “approccio partecipativo e il coinvolgimento delle donne rom”. Come sostiene Oľga Shaw, una delle fondatrici del programma, “è importante per noi fare una distinzione tra la cultura rom e le sue caratteristiche specifiche, e la cosiddetta cultura della povertà che può essere riconosciuta universalmente in diverse parti del mondo.” Purtroppo, “questi due aspetti sono spesso indicati in modo intercambiabile, il che porta sovente alla creazione di stereotipi negativi sulla minoranza rom”.
La cultura rom non è quindi qualcosa da scartare, ma piuttosto serve come trampolino di lancio per un ulteriore sviluppo. Le donne rom hanno co-creato metodi e strumenti di apprendimento con le Omama. “Molte attività utilizzano strumenti e oggetti che si possono trovare in ogni casa rom. Per esempio, le Omamas hanno scritto filastrocche in lingua rom e le hanno usate per aiutare lo sviluppo del linguaggio” – ha spiegato la signora Shaw.
Il progetto non è affiliato a nessuna chiesa, ma secondo Shaw la religione fornisce alle donne rom qualcosa di essenziale: la speranza. L’affiliazione religiosa dà anche alle donne rom “un senso di appartenenza”. È questo senso di appartenenza e di accettazione che “le aiuta a superare i sentimenti di isolamento, di essere sole con i propri problemi”.
Le donne rom stanno cambiando, ma anche la comunità non rom circostante sta cambiando. Come Shaw e i suoi collaboratori hanno osservato, le Omama sono “rispettate per essere le agenti del cambiamento positivo nelle loro comunità”. I loro risultati sono apprezzati da insegnanti locali, medici e sindaci. Il loro lavoro è stato riconosciuto a livello nazionale. Zuzana Caputova, la presidentessa del paese, ha dato al progetto un sostegno costante.
Le Omama riflettono molto di ciò che papa Francesco immagina come un modo efficace per aiutare i bisognosi. Visitando l’insediamento di Lunik, il papa ha agito secondo il suo stesso appello a “cercare gli altri e abbracciare il mondo così com’è, senza paura del dolore o di un senso di inadeguatezza” (Fratelli Tutti, 78).
La presenza di Francesco
La presenza del papa a Lunik è un invito a vedere e poi giudicare la situazione attuale dalla prospettiva degli “scartati”. Parlando oggi a Lunik, il papa ha detto: “Non è facile lasciare i pregiudizi, anche per i cristiani. Non è facile valorizzare gli altri, soprattutto se li vediamo come problemi o nemici, se esprimiamo giudizi senza fare alcuno sforzo per conoscerli e per ascoltare le loro storie”.
La presenza attiva tra coloro che sono stati emarginati è essenziale, come hanno dimostrato le Omama, non solo per chi ha bisogno ma anche per chi tende una mano. Perché è tra i poveri, sostiene Francesco, dove “scopriremo tutta la bontà che Dio ha piantato nei cuori umani” (ivi).
Infatti, anche se le politiche del governo falliscono e i politici populisti continuano a sfruttare la situazione dei rom per il proprio guadagno politico, il lavoro di base tra le donne rom ha generato speranza. Le donne negli insediamenti rom in tutta la Slovacchia stanno guadagnando autorevolezza e potere di azione, creando così un futuro migliore per la prossima generazione.
- Pubblicato sulla rivista dei gesuiti statunitensi America (nostra traduzione dall’inglese).