«Ricordiamo che salvare vite in mare è un dovere morale e un obbligo legale di diritto internazionale degli Stati membri indipendentemente dalle circostanze».
Questo ha detto lo scorso 3 novembre Anitta Hipper, portavoce della Commissione europea, durante il briefing in risposta a una domanda sulle tre navi di ONG che avevano già chiesto l’accesso, senza ottenerlo, ai porti italiani per lo sbarco di migranti salvati nel mar Mediterraneo.
D’altra parte, l’obbligo di prestare soccorso è dettato dalla Convenzione internazionale di Amburgo (1979) e non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta anche l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro.
Le richieste, oltre che all’Italia, sono ora rivolte a Francia, Spagna e Grecia.
La Mediterranea Saving Humans ricorda che 985 bambini, donne e uomini sono stati per molti giorni al largo della Sicilia in attesa di un porto sicuro.
In un tweet ha chiesto che si assegni immediatamente alle navi Ocean Viking, Humanity 1 e Geo Barents il più vicino porto per lo sbarco dei naufraghi, come previsto dal diritto internazionale.
Il Codice di condotta per le Organizzazioni non governative
Esiste ormai un Codice di condotta per le ONG (anche se battenti bandiera di nazioni diverse dall’Italia) impegnate nelle operazioni di salvataggio dei migranti in mare.
Il Codice è il frutto di una riunione informale dei Ministri della Giustizia e degli Affari Interni, tenutasi il 6 luglio a Tallin, sotto la presidenza estone, nel corso della quale i Ministri dell’Interno dell’UE accolsero con favore l’iniziativa delle autorità italiane intesa a garantire che le navi delle ONG, impegnate in attività di Search and Rescue (SAR), operino secondo una serie di regole chiare da rispettare da parte delle ONG, enunciate come impegni.
Tra gli altri, l’impegno
- a non entrare nelle acque territoriali libiche, salvo in situazioni di grave e imminente pericolo che richiedano assistenza immediata;
- a rispettare l’obbligo di non spegnere o ritardare la regolare trasmissione dei segnali AIS (Automatic Identification System) e LRIT (Long Range Identification and Tracking);
- a non effettuare comunicazioni o inviare segnalazioni luminose per agevolare la partenza e l’imbarco di natanti che trasportano migranti;
- ad assicurare che, quando un caso SAR avviene al di fuori di una SRR ufficialmente istituita, il comandante della nave provveda immediatamente ad informare le autorità competenti degli Stati di bandiera, ai fini della sicurezza;
- ad osservare l’obbligo previsto dalle norme internazionali di tenere costantemente aggiornato il competente ente in merito allo scenario in atto e all’andamento delle operazioni di soccorso;
- a non trasferire le persone soccorse su altre navi; assicurare che le competenti autorità dello Stato di bandiera siano tenute costantemente informate dell’attività intrapresa dalla nave;
- a ricevere a bordo, eventualmente e per il tempo strettamente necessario, su richiesta delle Autorità italiane competenti, funzionari di polizia giudiziaria affinché questi possano raccogliere informazioni e prove finalizzate alle indagini sul traffico di migranti e/o la tratta di esseri umani, senza pregiudizio per lo svolgimento delle attività umanitarie in corso;
- a cooperare lealmente con l’Autorità di Pubblica Sicurezza del previsto luogo di sbarco dei migranti, anche trasmettendo le pertinenti informazioni di interesse a scopo investigativo alle Autorità di Polizia.
Le ONG che hanno aderito, a partire dal 2017, sono Sos Mediterranée, Proactiva Open Arms, Migrant offshore aid station, Save the children.
Che fare?
Mentre persiste il fenomeno degli “sbarchi fantasma”, nell’ambito del fenomeno migratorio, utilizzando piccole unità in legno, unità da diporto e piccoli pescherecci, riprende vigore il più ampio fenomeno di migranti salvati da navi di ONG, che potrebbero alimentare un flusso migratorio irregolare, e che domandano porti di sbarco soprattutto se si configurassero situazioni di pericolo per le vite degli occupanti.
Negli ultimi giorni ben 4 navi si sono trovate in attesa di un porto sicuro, mentre le condizioni meteo possono peggiorare da un momento all’altro: sono le tedesche Humanity 1, con 179 persone a bordo, e Rise Above, con a bordo 90 persone; le norvegesi Ocean Viking, 234 migranti a bordo, e Geo Barents, con 572 persone soccorse.
La portavoce dell’Unione Europea ha già ricordato il meccanismo temporaneo di solidarietà volontario sul trasferimento dei migranti – sulla base dell’intesa raggiunta nel giugno 2022 da 18 Stati membri tra cui anche la Germania – e ha ribadito che esso può essere utilizzato anche per ridistribuire i migranti bloccati sulle navi al largo dell’Italia.
L’attuale Ministro dell’Interno in nome del binomio fermezza e umanità ha compiuto i primi atti soprattutto a favore dei migranti la cui salute era più a rischio, tenendo presente il sistema delle commissioni territoriali quale snodo essenziale per l’attenzione al singolo migrante nel momento in cui ha bisogno di asilo, rispetto a un contesto di migrazione di massa, come concreta attuazione dell’articolo 10 della Costituzione italiana.
Ma urge un ritorno alla dimensione umanitaria a fronte di una progressiva trasformazione della persona umana in oggetto di contrattazione e di mercificazione, mentre il diritto d’asilo, anche alla luce delle diseguaglianze accentuatesi con la pandemia, dovrà garantire – come disse 15 febbraio 2022 il prof. Giovanni Maria Flick nella sua lectio magistralis – «che le statistiche del dolore non siano solo statistiche burocratiche».
Migranti e comunità territoriali
Nel precedente governo, il 27 luglio 2022, la ministra Luciana Lamorgese, in un lungo incontro al Viminale con il sindaco di Lampedusa, sottolineò, per l’ennesima volta, l’impatto sulla comunità territoriale legato al sovraffollamento dell’hotspot causato dagli sbarchi di migranti irregolari, impegnandosi con sforzo massimo per accelerare i trasferimenti dei migranti dall’isola, oltre ad erogare un contributo economico per lo smaltimento straordinario dei rifiuti provenienti dall’hotspot.
Da parte sua, l’ONG “Medici senza frontiere” fa sapere che, dall’inizio del 2021, almeno 630 persone sono morte al largo delle coste libiche nel tentativo di raggiungere l’Europa.
La continua mancanza di una risposta coordinata in alto mare o di adeguati meccanismi di sbarco allocazione/integrazione dei migranti ha comportato una sofferenza estenuante per i sopravvissuti.
A tutti questi sopravvissuti sono stati concessi porti sicuri in Italia o a Malta, in linea con il diritto internazionale e marittimo, ma questo spesso è avvenuto dopo un tempo inutilmente prolungato a bordo, in attesa che le autorità assegnassero un porto sicuro: «I governi europei erano consapevoli e hanno riconosciuto i pericoli che i migranti e i rifugiati affrontano nel Paese, ma hanno comunque sostenuto la guardia costiera libica che, da gennaio 2021, ha intercettato in mare e riportato indietro oltre 12.700 migranti e rifugiati. Abbiamo continuato a sottolineare l’inimmaginabile prezzo umano pagato per queste politiche di intercettazione e di detenzione e a sostenere risposte più umane basate su ciò che le nostre équipes testimoniano in prima persona».
I criteri dei credenti
Il Pontificio Consiglio per la cura pastorale dei migranti e dei popoli itineranti ci ha già ricordato la rilevanza della politica della legalità e la programmazione dei flussi, che hanno come scopo la gestione delle migrazioni e la riduzione dell’incidenza degli irregolari.
Il fenomeno della migrazione irregolare rimane tuttavia di difficile soluzione, come mostra l’esperienza che accomuna i Paesi europei del bacino del Mediterraneo.
Papa Francesco a Lampedusa, nel 2013, aveva detto: «Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte. Così il titolo dei giornali. Quando, alcune settimane fa, ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza. E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta».
Più recentemente, ai partecipanti alla VII Conferenza Rom Med Dialogues, il 20 novembre 2021, ha ripetuto, ricordando quella sua visita pastorale in Sicilia: «Tra i diversi problemi che si concentrano sul Mediterraneo – e che esigono una lungimirante visione politica – è estremamente urgente quello migratorio, che mi è sempre stato a cuore e che ha motivato il mio primo viaggio apostolico, nell’isola di Lampedusa, nel 2013.
Gli avvenimenti di questi anni confermano sempre più che un intervento efficace può provenire solo da uno sforzo congiunto non limitato ai Paesi frontalieri, ma condiviso anche dai rispettivi Continenti di appartenenza. Nessuno dev’essere lasciato solo nella gestione di questo enorme problema. Tutti devono sentirsi responsabili, perché tutti sono, in realtà responsabili, come ci ricorda, all’inizio della Bibbia, la domanda rivolta da Dio a Caino: “Dov’è tuo fratello?” (cf. Gen 4,9)».
E sull’aereo di ritorno dal Bahrein, il 6 novembre, ha ribadito, anche in riferimento al nostro Governo: «La politica dei migranti va concordata fra tutti i Paesi: non si può fare una politica senza consenso, e l’Unione Europea su questo deve prendere in mano una politica di collaborazione e di aiuto, non può lasciare a Cipro, alla Grecia, all’Italia, alla Spagna la responsabilità di tutti i migranti che arrivano alle spiagge.
La politica dei Governi fino a questo momento è stata di salvare le vite, questo è vero. Fino a un certo punto si è fatto così; e credo che questo Governo [italiano] abbia la stessa politica, non è inumano… I dettagli non li conosco, ma non penso che voglia che vadano via. Credo che ha fatto sbarcare già i bambini, le mamme, i malati, credo che li abbia fatti sbarcare – credo, per quello che ho sentito. Almeno l’intenzione c’era. L’Italia, pensiamo qui, questo Governo, o pensiamo una sinistra, non può fare nulla senza l’accordo con l’Europa, la responsabilità è europea».
Raccontiamo le strade camminate…
Per voce sola, a sbarco avvenuto, si leva, da Erri de Luca, il Racconto di uno dei tanti che, sbarcati, hanno raggiunto la loro meta, svuotando i loro paesi di origine, nel cosiddetto secolo delle migrazioni: «Raccontiamo le strade camminate, / passi per un milione di chilometri finiti in faccia ai muri» (Sei voci, 2005, p. 32). «Nei canali di Otranto e di Sicilia/ migratori senz’ali, contadini di Africa e di oriente/ affogano nel cavo delle onde./ Un viaggio su dieci s’impiglia sul fondo,/ il pacco dei semi si sparge nel solco/ scavato dall’ancora e non dall’aratro/. La terraferma Italia è terrachiusa./ Li lasciamo annegare per negare» (De Luca, 200e, p. 19).