La Conferenza internazionale «Child Dignity in a Digital World», svoltasi presso la Pontificia Università Gregoriana, è stata organizzata dal Centro per la protezione dei minori diretto dal padre gesuita Hans Zollner. L’evento, che si è svolto dal 3 al 6 ottobre scorsi, si è concluso con un udienza di papa Francesco ai partecipanti.
Responsabilità plurali
Volendo spiegare in poche parole il senso di un simile evento che ha coinvolto persone e istituzioni da tutto il mondo ed è stato definito «pionieristico», si può dire che le associazioni, i governi e la Chiesa che lo hanno organizzato si sono ritrovate attorno alla domanda: che cosa è possibile fare per evitare che i bambini diventino le vittime di uno dei peggiori traffici della storia? Vi è ormai una chiara consapevolezza che nessun soggetto – governo, istituzione o Chiesa – è in grado da solo di fare fronte a una situazione tanto complessa. I bambini e gli adolescenti costituiscono infatti un quarto dei più di 3,2 miliardi di utenti di internet nel mondo. Una intera generazione, di oltre 800 milioni di giovani, è oggi esposta al rischio di divenire vittima di sextortion, sexting, cyberbullismo e molestie. Si tratta di una sfida che è anzitutto di carattere etico, perché occorre stabilire una governance di tali processi che sia fondata su valori e criteri morali condivisi.
Bisogna anche superare un possibile malinteso: l’abuso dei minori online non è questione che riguarda solo due individui – l’abusato e l’abusatore – secondo un modello che si definisce peer-to-peer. Perché questi fenomeni possano aver luogo conto servono le infrastrutture tecnologiche che li rendono possibili. Occorre eticamente essere disposti a individuare le diverse responsabilità dei diversi intermediari tecnologici e agire in modo che tutti cooperino per la protezione dei bambini. Governare la tecnologia verso il bene è il compito che spetta da oggi in poi a tutta la società.
Mitigare e adattare
Sono due le direttrici lungo le quali sembra possibile orientare l’impegno comune di governi, istituzioni e Chiese. Prendendo a prestito il modello di riflessione ecologico è possibile, da una parte, provvedere a una mitigazione di questi fenomeni, e questo significa soprattutto un impegno a educare i minori, formare i genitori e gli educatori. Ma è anche necessario, dall’altra, procedere a un adattamento delle strutture, ovvero a una modifica delle infrastrutture tecnologiche, i devices e i servizi, per renderli sempre più adeguati all’esistenza e alla sicurezza dei bambini.
In altri termini, mitigare significa limitare gli effetti provocati da queste persone con comportamenti criminali sulla rete Internet. Significa anche offrire una formazione, la migliore possibile, ai ragazzi che si affacciano al mondo digitale. Adattare significa, facendo un paragone con le strade, fare delle strisce pedonali, mettere dei semafori, dei sensi unici e anche mettere dei divieti di accesso, cioè rendere sicura la circolazione dei dati sulle grandi autostrade digitali.
Il sostegno di papa Francesco
L’accoglienza e il sostegno che il santo padre ha mostrato verso questa iniziativa sono apparsi lampanti dal suo discorso nell’udienza ai partecipanti (6 ottobre), di cui ci sembra un’ottima sintesi il passaggio conclusivo: «Lavoriamo dunque insieme per avere sempre il diritto, il coraggio e la gioia di guardare negli occhi i bambini del mondo».
L’unanimità del pensiero dei convenuti e la solidità della loro proposta emerge invece dalla dichiarazione finale – la Dichiarazione di Roma – che intende porsi come Magna Charta dell’impegno globale per la protezione dei minori:
«La vita di ogni bambino è unica, importante e preziosa, e ogni bambino ha diritto alla dignità e alla sicurezza. Oggi, però, la società globale sta mancando profondamente nel proteggere i suoi bambini […]. Noi condividiamo la visione di un internet che sia accessibile a tutti. Tuttavia crediamo che essa debba comprendere anche il riconoscimento del valore non negoziabile della protezione di tutti i minori. Si tratta di sfide enormi, ma non possiamo abbatterci né reagire con sconforto. Dobbiamo lavorare insieme per cercare soluzioni positive per tutti in grado di promuovere la responsabilità di ciascuno. Dobbiamo assicurarci che tutti i minori abbiano un accesso a internet sicuro, per arricchire la loro formazione, le loro comunicazioni e i loro rapporti».
Come già detto, dai lavori del Convegno è apparso molto chiaramente che la sfida della protezione dei minori nel mondo digitale non può essere presa in carico da una singola nazione, impresa o religione: si tratta di un problema globale che richiede soluzioni globali. Spetta dunque a ciascuno dei soggetti coinvolti concorrere da adesso in avanti a costruire una consapevolezza diffusa del problema e a mobilitare azioni concrete da parte di tutti per proteggere i bambini, che sono il futuro della nostra umanità.