Minori stranieri non accompagnati

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La tristissima e intollerabile violenza di Catania, ad opera di minori stranieri non accompagnati e neomaggiorenni egiziani, verso una giovane ragazza e il suo fidanzato, riporta alle cronache nazionali la difficile situazione che sta vivendo il paese nell’accoglienza di questi ragazzi.

Chi scrive lavora nell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati da oltre vent’anni, ed è testimone dei tutti i cambiamenti avvenuti nei flussi migratori e nelle modalità di accoglienza che, nel bene e nel male, sono state operate dal nostro paese.

Nell’ultimo anno, le città del nord Italia stanno assistendo ad un flusso massiccio di stranieri non accompagnati dall’area del Maghreb (Egitto e Tunisia), che si allontanano dai luoghi di sbarco e dalle comunità ove vengono inseriti per raggiungere in autonomia territori che ritengono più favorevoli per tante ragioni – non solo positive. In questo quadro, riconosciamo la mancanza di una legge nazionale capace di ripartire gli arrivi dei minori in modo equo su tutto il territorio nazionale, come pure impedire che siano gli stessi minori a decidere dove soggiornare.

Terre: tra abbandono e approdo

In questo momento storico, in cui il sistema di accoglienza è sotto attacco mediatico per le violenze perpetrate da alcuni minori, violenze che producono una narrazione distorta sul fenomeno, sento importante cercare di offrire un punto di vista diverso – che allarghi lo sguardo di fronte a un tema molto complesso e non facilmente riducibile a una sola prospettiva.

Questo non significa far finta di non vedere i comportamenti gravi di alcuni di essi, bensì riconoscere che stiamo parlando di alcuni ragazzi devianti a fronte di un numero importante di stranieri non accompagnati che vengono qua in cerca di un futuro migliore – di cui il nostro paese ha bisogno per la crisi demografica che stiamo vivendo – e che saranno i nuovi cittadini di domani.

Tra essi ci sono tanti ragazzi fragili, forse anche in condizioni post traumatiche; certo è che tutti si ritrovano in un contesto culturale molto diverso da quello da cui arrivano.

Vorrei soffermarmi proponendo alcuni spunti nella prospettiva di ciò che lega questi ragazzi alla «terra» da dove arrivano e alla «terra» dove sono arrivati.

Sappiamo che il tema del legame è strettamente collegato a quello dell’identità personale, che è centrale per il buon esito di un percorso migratorio.

«Chi sono?» è la domanda decisiva a cui ogni persona deve rispondere, tanto più per chi ha vissuto un percorso migratorio dalla cultura del proprio paese a quella che ha trovato venendo in Italia; questo vale soprattutto per un adolescente che, per definizione, ha il compito evolutivo di definire chi vuole diventare.

Legame e identità sono collegati perché è ormai riconosciuto che l’identità di una persona si definisce nella relazione con gli altri: infatti, si parla oggi di identità dialogica. Se questa relazione è fragile, perché viene interrotta con la famiglia di origine per l’inizio del viaggio migratorio, ed è altrettanto fragile, perché si deve ricostruire con persone significative nel paese dove si arriva al termine della migrazione, possiamo ben capire la fatica del percorso migratorio di un adolescente.

Il senso delle regole

Secondo la teoria dell’autodeterminazione di Deci e Rayan c’è una triade di bisogni esistenziali (autonomia, competenza e relazione) a cui ogni persona deve cercare di dare risposta – teoria che conferma il bisogno di avere relazione significative per diventare grandi.

Legame e relazioni chiedono di trovare il riconoscimento (tu per me ci sei, tu per me esisti) e l’appartenenza (io appartengo a questo gruppo sociale, mi sento accolto e ben voluto in questa rete di persone).

Credo che il tema della grave trasgressione delle regole della convivenza da parte di alcuni stranieri non accompagnati si possa leggere all’interno della cornice che ho provato a delineare, cornice che purtroppo sta affaticando moltissimo l’accoglienza, come pure sta creando insicurezza sociale e stigmatizzazione dei minori migranti.

Se le regole hanno senso solo all’interno di una relazione significativa che una società si è data per vivere insieme, quando questa relazione è fragile o addirittura non esiste, possiamo dire che le regole non hanno senso. Esse, infatti, finiscono per essere comprese da questi ragazzi solo come ciò che limita la loro autonomia o la soddisfazione dei desideri. Manca totalmente la percezione che, con quella grave trasgressione, si è ferita una relazione, cioè si è ferito il patto di convivenza con i cittadini

Per questo, davanti ad azioni violente e trasgressive di alcuni minori mi sono permesso di dire che il sistema della giustizia minorile italiana, con tempi di risposta lunghi e molto tutelante per i ragazzi, applicato agli stranieri non accompagnati, non è affatto efficace (cf. SettimanaNews, qui). Questi ragazzi, infatti, non hanno nessun legame o molto pochi con la società; pertanto, davanti ad azioni trasgressive occorrono altri tipi di risposte.

Diversamente, le comunità di accoglienza invece di promuovere integrazione e benessere, finiranno per essere un parcheggio per alcuni che compiono atti devianti e illeciti, trascinandosi dietro  talvolta anche i compagni più fragili.

Relazioni affidabili

Abbiamo bisogno di costruire e ricostruire il senso e il significato nella relazione con la società che li accoglie, ricordando che molti di questi ragazzi vengono da un conteso dove la relazione è puramente strumentale – e/o è una relazione violenta e impositiva. In altre parole, accogliere i legami positivi delle relazioni che questi ragazzi hanno nel cuore e, partendo da questi, offrire legami nuovi che siano positivi e sicuri.

Il compito degli educatori che lavorano con gli stranieri non accompagnati è appunto quello di offrire fiducia ai ragazzi per permettere loro di provare a fidarsi di chi può realmente aiutarli, piuttosto che andare dietro a riferimenti di connazionali adulti che finiscono per dirottarli su strade fallimentari e devianti.

Credo importante ringraziare tutti gli operatori che lavorano nell’accoglienza e che, a tutti i livelli, stanno facendo fatica nel sopportare la frustrazione di vedere situazioni di stranieri non accompagnati devianti in aumento – assieme alla fatica nel trovare risposte di senso in quello che possono loro offrire.

Rinnovo l’urgenza di  costruire reti che aggancino e tengano dentro il sistema stranieri non accompagnati sul filo del rasoio, in modo che non siano attratti da legami devianti, ma piuttosto costruiscano legami di fiducia con figure adulte e affidabili. Per questo, occorrono scelte politiche che aumentino le risorse a disposizione.

Chiudo con l’appello a tutti gli altri attori del sistema a costruire, assieme a chi opera nell’accoglienza, legami capaci di fare squadra, per fare comprendere agli stranieri non accompagnati che siamo compatti e uniti – e che non esistono facili vie di fuga  sistemica verso la devianza.

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