Napoli: morire a 17 anni

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crimine giovanile

Don Angelo Berselli è parroco di Forcella, a Napoli. Una settimana fa, nel corso di una rapina in strada, è morto un ragazzo di 17 anni. In una breve intervista sull’accaduto nel quadro dell’attuale situazione del quartiere e della parrocchia.  

  • Don Angelo, puoi dire che cosa è accaduto a Napoli, nella tua parrocchia, una settimana fa? 

È morto un ragazzo di 17 anni Luigi Caiafa. Non lo conoscevo personalmente. Le notizie sono quelle che raccolgo dai conoscenti della parrocchia. I due ragazzi stavano rapinando delle persone in via Marina, alla fine di via Duomo. La mia chiesa si trova all’inizio di via Duomo. Giù, verso il lungomare, è zona di movida, sempre frequentata anche di notte.

Il fatto è avvenuto alle ore 2. Non era la prima volta. La prassi è abbastanza diffusa da quel che sento. Pare che siano parecchi i ragazzi che si avvicinano alle macchine per rapinare. I ragazzi si sono avvicinati dunque a una macchina con la pistola. Luigi aveva in mano una pistola caricata a salve, ma molto verosimile. La gente non sa ovviamente distinguere tra una pistola vera e una falsa. Ho sentito dire che il poliziotto che gli ha sparato, uccidendolo, non è indagato: dalle prime osservazioni l’intervento sarebbe stato giustificato dalla situazione.

Evidentemente ha visto i due ragazzi che stavano rapinando tre persone su una macchina con una pistola. Non so se abbia rispettato il protocollo del primo colpo in aria. Non lo so. Se ho capito bene il poliziotto apparteneva ad una pattuglia dei falchi, una originalità napoletana: i poliziotti vanno in giro in due, in borghese, in motocicletta, senza casco. Il poliziotto non era dunque fuori servizio, come si è detto. Chi è del posto sa riconoscere i falchi, ormai qui li conoscono tutti.

Criminalità: di generazione in generazione

Il compagno di Luigi – l’amico che è stato arrestato – è il figlio del famoso Genny ‘a carogna, l’ultras del Napoli che fermò la partita della finale di Coppa Italia. Il nonno, cioè il papà di Genny ‘a carogna, ha un bar di fianco alla mia parrocchia.

Conosco dunque il nonno dell’amico arrestato: è lui ‘a carogna originaria. I soprannomi qui passano di padre in figlio. Si tratta quindi di una schiera che si comporta in un certo modo da generazioni familiari. Genny è stato arrestato per spaccio di droga e ora è collaboratore di giustizia: sta collaborando – diciamo così – perché conviene.

Quella che Roberto Saviano chiama la paranza dei bambini è questa: i ragazzi più grandi di questa nuova ondata camorristica arrivano sì e no ai venticinque anni. Normalmente non giungono ai trent’anni di età, perché vanno in galera o muoiono prima. Questa è la situazione.

Negli ultimi tempi, in questa zona, ci sono stati diversi furti a danno degli esercizi commerciali. Sta accadendo quel che temevo quattro mesi fa. Sono le prevedibili conseguenze del lockdown. C’è esasperazione perché i redditi di cittadinanza e la cassa integrazione non funzionano per chi stava lavorando in nero.

Queste persone non hanno avuto un euro di sussidio.  Chi governa forse non si rende conto di quanta gente lavora così nei quartieri di Napoli. Qui già si lavora in nero, già non c’è un gran amore per le regole e per la disciplina: se non arriva niente, è prevedibile che si arrivi a fatti gravi. Ci sono uomini che hanno in casa mogli e figli che aspettano da mangiare. Di fronte al problema grave non li ferma nessuno. Alcuni fanno quello che non vorrebbero. Non sto certamente giustificando la violenza, dico però che ciò che accade era prevedibile in una situazione così complicata.

Venire meno delle regole
  • Questi fenomeni si stanno intensificando?

Senz’altro sì. Faccio un esempio. Qui vicino alla parrocchia c’è una gelateria che è aperta da novant’anni e che non ha mai subito nemmeno un graffio: ultimamente è stata derubata. È una gelateria storica, conosciuta e “rispettata da tutti”: il segnale è molto preoccupante.

Quando avvengono queste cose vuol dire che anche certe regole e remore stanno saltando. Nel mentre i contagi stanno aumentando. Si respira aria di omertà in proposito. Non si dice. Io so che ci sono interi palazzi che dovrebbero stare in quarantena, ma la cosa non viene resa pubblicamente. Chi ha bisogno di uscire di casa per vivere esce comunque, perciò i rischi di propagazione del contagio si moltiplicano notevolmente.

Ho parlato pochi giorni fa con il generale comandante provinciale dei carabinieri. Ha promesso – e ha mantenuto la promessa – di una pattuglia presente tutte le notti, dalle sette di sera alle sette di mattina, in zona. Quindi il controllo del territorio è aumentato. Ma per quanto riguarda le sanzioni per la mancata osservanza delle disposizioni antivirus è un’altra storia…

  • Come è il clima tra la tua gente, in parrocchia?

È morto un ragazzo di 17. Non è certamente la prima volta, ma c’è sempre un effetto. Si ripete purtroppo un copione.  Hanno intervistato il padre, il quale ha detto: “sì, il ragazzo ha sbagliato, ma non si uccide così!”. Resto senza parole. Andare per strada di notte a rapinare, con una pistola in mano, è un fatto molto grave.

Cultura radicata e pastorale

Ma qui non viene percepito, perché impera un retaggio culturale che è molto difficile da sradicare.  A ciò si aggiungano le ulteriori difficoltà per i soldi. Lavoro nero ed esasperazione portano a questo. Se poi guardo in alto – alle istituzioni – la mia sensazione personale è che al potere ci sia solo confusione. Ad esempio, oggi il Presidente della Regione fa una ordinanza e il sindaco già si lamenta dell’ordinanza. Non si capisce chi governa, chi ha responsabilità ed autorità. Questo anche nella Chiesa…

  • Cosa vuol dire?

Diverse mamme mi stanno chiedendo che cosa ho deciso per il catechismo. Io spero che dalla prossima riunione del presbiterio esca qualche indicazione, ma non sono molto fiducioso, perché come si dice a Napoli, ‘u pesce fete da a capa. Il cardinale ha detto: “confido nel senso di responsabilità dei parroci”.

Così – come le dita della mano, nella saggezza popolare, sono tutte diverse tra loro – ogni parroco ha fatto a modo suo.  Da qualche parte è successo che, dopo le cerimonie, si sia sviluppato un focolaio di infezione. Io non so bene come muovermi.

Alcuni confratelli, con cui ho avuto vivaci discussioni, sono entusiasti perché sono riusciti a fare il catechismo “a distanza”. A me ‘sta storia del catechismo a distanza sembra una vera e propria discriminazione economica e culturale: economica perché non tutti hanno i soldi per comprarsi un computer, culturale perché chi ce l’ha magari non lo sa nemmeno usare (e chi non lo ha, men che meno). Così creiamo ulteriori pezzi di scarto, come dice Francesco.

In questi giorni abbiamo letto la parabola del buon samaritano. Secondo me, la cosa straordinaria che ha fatto il samaritano è che ha messo da parte il suo progetto. Gesù dice che era in viaggio perché aveva olio e vino in tasca, il che non è normale, per chi non è andato a far la spesa. Evidentemente aveva delle cose importanti da fare. Ma ha abbandonato tutto perché l’altro aveva bisogno. La vera carità “pastorale”, secondo me, dovrebbe avere come criterio, il bisogno dell’altro, non la nostra progettualità.

  • La gente è tornata in chiesa?

Sì, più o meno, la frequenza è la stessa di prima, anche perché non ne avevo molto neppure prima. La mia chiesa è a duecento metri dal Duomo. Scherzando dico che sono a duecento metri dal supermercato e che quindi il mio negozietto è di nicchia, con pochi prodotti, ma possibilmente di qualità. Chi sta ‘a differenza!

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