Francesco: no all’atomica
Trump: sì allo spazio militarizzato
No all’arma atomica, sì allo spazio militarizzato. La prima è l’affermazione di papa Francesco, la seconda è la decisione del presidente degli USA, D. Trump.
La ricorrenza della 53ª giornata della pace (1° gennaio 2020) presenta uno sviluppo significativo della dottrina sulla guerra della Chiesa cattolica, da un lato e, dall’altro, il riconoscimento dello spazio come “luogo” di guerra, oltre la terra, il mare e l’aria.
Armi atomiche: immorale l’uso e il possesso
Il messaggio per la giornata della pace («La pace come cammino di speranza, dialogo, riconciliazione e conversione ecologica») dedica un passaggio all’armamento nucleare: «Non possiamo pretendere di mantenere la stabilità del mondo attraverso la paura dell’annientamento, in un equilibrio quanto mai instabile, sospeso sull’orlo del baratro nucleare e chiuso all’interno dei muri dell’indifferenza».
Ancora più esplicito nell’intervento a Hiroshima (24 novembre 2019): «Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa». Nel 2017, infatti, in occasione del Simposio internazionale sul disarmo aveva ribadito: «Le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche, altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non possono costituire la base della pacifica convivenza» (10 novembre 2017).
Dottrina in evoluzione
Francesco è consapevole del passo dottrinale compiuto. Nell’intervista al ritorno dal viaggio in Giappone ha detto: a Hiroshima «ho ribadito che l’uso delle armi nucleari è immorale – questo deve andare nel Catechismo della Chiesa cattolica – e, non solo l’uso, anche il possesso, perché un incidente a causa di un possesso, o la pazzia di qualche governante, la pazzia di uno può distruggere l’umanità. Pensiamo a quel detto di Einstein: “La quarta guerra mondiale si farà con i bastoni e con le pietre”».
Il 7 giugno 1992 Giovanni Paolo II aveva così indicato la posizione della Chiesa cattolica: «Nelle condizioni attuali, una dissuasione basata sull’equilibrio, non certo come fine in sé ma come tappa in vista di un disarmo progressivo, può ancora essere giudicata come moralmente accettabile».
Ma già l’anno successivo, nel 1993, l’episcopato americano in una celebre lettera pastorale, costatata l’inazione delle potenze nucleari dopo il crollo dei regini dell’Est, avevano ritirato l’accettabilità morale della dissuasione nucleare.
L’episcopato giapponese, nel luglio 2019, aveva lanciato un appello per l’abolizione della armi nucleari.
È in atto uno spostamento dottrinale che il card. P. Parolin indicava in un discorso all’Università Gregoriana (11 marzo 2015) come lo sviluppo del diritto: dallo ius ad bellum (diritto alla guerra e “guerra giusta”) allo ius in bello (diritto nella guerra), dallo ius post bellum (il diritto dopo la guerra) allo ius contra bellum (diritto contro la guerra) (cf. Settiananews: «Nuove armi, nuove guerre e un singolare Kairòs»).
La solitudine della Chiesa cattolica
Il cammino della Chiesa cattolica contrasta in maniera evidente con le attuali tendenze degli stati, in particolare quelli in possesso dell’arma atomica, ma anche con l’indulgente tolleranza ai rispettivi governi delle altre confessioni e fedi.
La fine del Trattato sui missili a media gittata, il probabile fallimento del riesame del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), le incertezze sul Trattato russo-americano su New Start (armi strategiche), il gelo sul Trattato di interdizione degli esperimenti nucleari e lo scarso entusiasmo sul Trattato sul bando della armi nucleari (TIAN), sono molto indicativi.
A questo si aggiungano gli enormi investimenti negli armamenti e nella ricerca militare di USA, Russia e Cina. Il TIAN, approvato nel 2017 da 122 stati (senza il consenso di tutti quelli che hanno l’arma nucleare), è stato firmato da poco più di una trentina di loro (compresa la Santa Sede che solitamente non firma, essendo solo osservatore all’ONU).
Le critiche alla posizione ecclesiale si potrebbero così indicare:
a) visione incompleta delle ragioni della sicurezza;
b) mancanza di riflessione sul “nemico”;
c) confusione fra condizione di osservatore e di firmatario;
d) assenza di indicazioni concrete;
e) insufficienza di giudizio fra uso intimidatorio della dissuasione e uso difensivo della stessa.
La Chiesa cattolica è relativamente sola nell’elaborazione di una dottrina sull’armamento nucleare e sulla guerra. Gli ortodossi aderiscono alla politica russa. I protestanti (tradizionali e non) sostengono il governo americano. Così fanno gli ebrei con Israele, gli induisti con l’India, i musulmani con l’Iran e le religioni sinizzate con la Cina.
Giocare alla guerra nello spazio
La decisione di D. Trump (20 dicembre 2019) di istituire una forza militare spaziale costituisce un passo deciso verso il riconoscimento dello spazio come luogo di guerra. La nuova forza si aggiunge alle altre cinque già in essere: esercito, marina, marines, aviazione, guardia costiera. I 200 “soldati” e i 40 milioni di dollari sono solo l’avvio di uno struttura che prevede di crescere fino a 16.000 persone. Si occuperà di quanto naviga al di sopra dei 100 kilometri dalla terra. In concreto è, per ora, finalizzata a garantire la funzionalità e l’integrità dei 1.007 satelliti americani già in orbita. I cinesi ne hanno 323, i russi 164 e, nell’insieme, sono 2.218.
L’entusiasmo di Trump («Lo spazio è il nuovo campo di battaglia») sembra ignorare l’ammonimento del suo predecessore D. Eisenhower che nel 1961 diceva: «Dobbiamo stare in guardia ed essere vigilanti all’ottenimento arbitrario di un potere di influenza da parte del complesso industriale militare, sia esso voluto o meno. La potenzialità per una crescita disastrosa di un potere malriposto esiste ora e persisterà in futuro».
L’osservatore permanente della Santa Sede all’ONU, mons. Bernardito Auza, ha ammonito nell’ottobre scorso a mantenere lo spazio libero da armi di qualsiasi tipo e a non alimentare la distruzione dei satelliti “nemici”, ricordando l’impegno presi nel trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967, dove si chiedeva agli stati interessati «cooperazione e assistenza reciproca». Le piattaforme spaziali attualmente in esercizio per le comunicazioni, la navigazione e le attività commerciali vanno garantite.
Ha inoltre proposto l’istituzione di un ente internazionale per il controllo dei satelliti con il compito di raccogliere e diffondere informazioni sulle attività legate al lancio di manufatti nello spazio.