In Italia gli uomini che cercano sesso a pagamento sono, per il 90%, battezzati e cattolici. Chi fa questo – che non ha nulla a che vedere con l’amore – è un criminale, perché oggi la prostituzione è schiavitù e tortura. È da considerare criminale non solo chi guadagna denaro sfruttando la prostituzione, ma anche chi cerca sesso mercenario. Neppure il femminismo è riuscito a sradicare la mentalità malata secondo la quale la donna è merce da sfruttare. Penso allo schifo che devono avvertire queste ragazze quando i clienti pretendono da loro prestazioni di ogni genere. Ai giovani chiedo di impegnarsi a lottare per la dignità della donna, per la dignità di colei che, nel racconto biblico della creazione, ha stupito l’uomo con la sua bellezza. Alle vittime della tratta ci si deve avvicinare non per chiedere «quanto costi?», ma per chiedere «quanto soffri?», prospettando loro concrete possibilità di liberazione. Approfitto di questo momento per chiedere perdono a voi e alla società, per tutti i cattolici che compiono questi atti criminali.
È il senso della denuncia fatta da papa Francesco, in occasione dell’incontro pre-sinodale con i giovani che si è svolto il 19 marzo a Roma presso il Pontificio Collegio Internazionale “Maria Mater Ecclesiae”, rispondendo alle domande postegli «senza anestesia» da Blessing Okoedion, una ragazza nigeriana vittima di tratta,[1] fuoriuscita, grazie ad una comunità di suore, da una «drammatica esperienza» che ne ha «annullato la dignità»:
- come aiutare i giovani ad acquisire la consapevolezza che la tratta di «tante giovani donne mie sorelle, umiliate e schiavizzate sulle nostre strade», è un «crimine contro l’umanità», e come aiutarli a «rimanere umani», contrastando e vincendo quella «mentalità malata» che schiavizza e considera la donna alla stregua di un oggetto da vendere, comprare, usare e buttare;
- come fare in modo che la Chiesa, «ancora troppo maschilista», sia «in grado di interrogarsi con verità sull’alta domanda» di sesso mercenario e che fare perché essa sia «credibile nel proporre ai giovani cammini di relazione tra uomo e donna liberi e liberanti».
Rispondendo a braccio alle stringenti domande di Blessing, Francesco ha utilizzato parole mai pronunciate – credo – da un pastore della Chiesa universale, che costituiscono una critica impietosa alla figura del cliente.
Aprire occhi e cuore per creare relazioni di aiuto
Per restare umani e per vincere la mentalità malata che riduce a oggetto di compravendita giovani donne, provenienti per lo più da paesi poveri, destinate alla prostituzione nel ricco Occidente, la prima cosa da fare è aprire gli occhi sul dramma umano e sociale della tratta.
Rispondendo a Blessing, il vescovo di Roma ricorda – «è da non credere!» – il suo indimenticabile incontro con alcune ragazze che, con l’aiuto dell’“Associazione Papa Giovanni”, sono riuscite a sottrarsi alla violenza, allo sfruttamento e ai condizionamenti delle organizzazioni criminali.
Donne ingannate e violentate, donne sottoposte a odiosi ricatti, donne trattate alla stregua di vera e propria merce («una ragazza rapita in Moldavia e portata in Italia, legata, dentro il bagagliaio dell’auto»), donne torturate (orecchi tagliati, dita spezzate), donne costrette per motivi di sopravvivenza a devastanti dissociazioni schizofreniche della loro personalità…
Se gli occhi vedono, ci sono maggiori possibilità che anche il cuore abbia un moto di compassione e che, di conseguenza, il senso di responsabilità solleciti ogni persona di buona volontà a reagire e a dare il proprio contributo per raggiungere l’obiettivo di una società dove nessuno possa rivendicare il diritto di fare ciò che gli pare del corpo di una donna, soprattutto di una donna che si trova in una situazione di vulnerabilità.
Vi è, poi, un altro consiglio che il papa rivolge ai giovani, mutuandolo dalla prassi utilizzata dalle associazioni impegnate ad attuare specifici programmi di assistenza e di protezione sociale a favore delle vittime dei reati di sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù.
La consapevolezza che la prostituzione dell’era della globalizzazione sia in realtà un vero e proprio crimine contro l’umanità, cioè un crimine che costituisce un attacco spietato alla dignità umana, può essere acquisita, da parte dei giovani, anche mediante la costruzione di relazioni di aiuto da instaurare con rispetto e intelligenza con le vittime della tratta, rifiutando decisamente la mercificazione della sessualità.
Sulle strade – afferma Francesco – si deve andare non per chiedere alle donne schiavizzate e umiliate «quanto vuoi?» o «quanto costi?», ma per chiedere «quanto soffri?» o «come posso esserti di aiuto?», prospettando concrete e realistiche possibilità di fuga.
«Andate nelle vostre parrocchie, in un’associazione vicino casa, incontrate le persone, ascoltatele. Da lì, cresceranno una risposta e un impegno concreti da parte vostra. Vedo infatti il rischio che questo diventi un problema astratto, ma non è astratto. Ci sono segni che potete imparare a “leggere”, che vi dicono: qui potrebbe esserci una vittima di tratta, uno schiavo. Abbiamo bisogno di promuovere la cultura dell’incontro che porta sempre in sé una ricchezza inaspettata e grandi sorprese».[2]
Clienti, per il 90% cattolici?
Nel rispondere alla seconda domanda postagli da Blessing, il papa dimostra di essere a conoscenza di tutto ciò che si fa in Italia, anche grazie ad associazioni cattoliche e a progetti gestiti da religiose di varie congregazioni femminili, per la liberazione di tante giovani donne schiavizzate.
Poi, facendo sempre riferimento a quanto affermato da Blessing in fatto di «clienti cattolici», Francesco fa un’affermazione di inaudita gravità: è verosimile che in Italia il 90% degli uomini che sono alla ricerca di sesso mercenario siano battezzati e cattolici.
È ciò che va ripetendo da tempo anche suor Eugenia Bonetti,[3] missionaria della Consolata che da anni è impegnata ad animare progetti di sostegno alle vittime della tratta e che, oltre ad essere la responsabile dell’ufficio tratta dell’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi), è anche presidente dell’Associazione «Slaves no more – Mai più schiave».
Non so francamente su quale base una tale inquietante quantificazione dei «clienti cattolici» sia effettuata. La denuncia, in ogni caso, induce alla riflessione.
Quando, rispondendo a Blessing e rivolgendosi ai giovani, il papa dice che il sesso mercenario – abitudine «da tagliare» – non è amore, fa un’affermazione profondamente vera.
Mentre il benessere sessuale richiede un approccio positivo e rispettoso alla sessualità e alle relazioni sessuali, come pure la possibilità di fare esperienze sessuali piacevoli e umanizzanti, libere da coercizione, discriminazione e violenza, la prostituzione – quale sessualità mercificata – riduce tutti gli atti più intimi al loro valore monetario e svilisce l’essere umano fino al livello di merce o oggetto a disposizione di chi lo acquista.
La prostituzione è un asservimento arcaico della donna da superare. Vi è, infatti, una totale asimmetria tra il cliente che cerca di soddisfare, di tanto in tanto, il suo piacere e la persona che deve subire relazioni sessuali in serie, nel disprezzo della sua sensibilità e del suo desiderio.
L’acquisto e la vendita del sesso è una negazione della persona. Il corpo umano non si può vendere e non si può comprare. Non esiste il diritto a fare uso del corpo altrui.
Argomento “tabù” nelle nostre comunità ?
Del dramma sociale e umano della tratta molto raramente si parla nelle nostre chiese, forse proprio a motivo del maschilismo che le caratterizza.
Personalmente posso affermare con certezza di non aver mai sentito accennare, nel corso delle celebrazioni eucaristiche domenicali, a questo argomento, neppure quando il contenuto del testi scritturistici letti si presterebbe.
Non a caso il documento finale della riunione pre-sinodale, che si è svolta a Roma dal 19 al 24 marzo 2018 con la partecipazione di circa 300 giovani provenienti da tutte le parti del mondo, tra le «iniziative da rafforzare» da parte della Chiesa inserisce anche quelle volte «a combattere la tratta degli esseri umani e la migrazione forzata».[4]
Per desiderio di papa Francesco, dall’anno 2015 in occasione dell’8 febbraio (memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita, la religiosa che conobbe nella sua vita le sofferenze della schiavitù) si celebra la Giornata mondiale di riflessione e preghiera contro la tratta di persone.[5] Evento che dovrebbe offrire a tutti «l’opportunità di aiutare i nuovi schiavi di oggi a rompere le pesanti catene dello sfruttamento per riappropriarsi della loro libertà e dignità» e che tutti dovrebbe sollecitare a «fare ogni sforzo per debellare questo crimine e questa intollerabile vergogna».[6]
Sarebbe interessante capire quante sono le comunità cristiane che, accogliendo l’invito di papa Francesco, celebrano la Giornata di riflessione e preghiera contro la tratta di persone.
«Sicuramente sul tema della tratta c’è molta ignoranza. Ma a volte pare ci sia anche poca volontà di comprendere la portata del problema. Perché? Perché tocca da vicino le nostre coscienze, perché è scabroso, perché ci fa vergognare».[7]
[1] La cui storia vera è raccontata da Blessing Okoedion con Anna Pozzi nel bel libro Il coraggio della libertà – Una donna uscita dall’inferno della tratta, Edizioni Paoline 2017.
[2] Papa Francesco, ricevendo in udienza il 12 marzo 2018 i partecipanti alla giornata di riflessione e preghiera contro la tratta di persone.
[3] «Sono proprio i consumatori, infatti, i clienti (per il 90% cattolici) che sostengono e alimentano la tratta e gli ingenti guadagni dei trafficanti» (Eugenia Bonetti, Contro le nuove forme di schiavitù, Vita pastorale n. 2, febbraio 2018, pag. 25).
[4] Sinodo dei vescovi – XV Assemblea generale ordinaria “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, Riunione pre-sinodale, Roma 19-24 marzo 2018, Documento, par. 14 (Le iniziative da rafforzare).
[5] Cf. SettimanaNews.it n° 5/2018 e n. 3/2017, nonché Settimana n. 8 del 22 febbraio 2015.
[6] Papa Francesco, Angelus del 7 febbraio 2017.
[7] Papa Francesco, ricevendo in udienza il 12 marzo 2018 i partecipanti alla Giornata di riflessione e preghiera contro la tratta di persone.
A prescindere dai riti voodoo, in ambito di prostituzione tra soggetti maggiorenni, mi domando il motivo per il quale a cadere vittime della tratta di persone a sfondo sessuale debbano essere sempre le donne straniere, mentre quelle italiane ne debbano essere quasi esenti, sia in Italia, sia all’estero ed il motivo per il quale i marciapiedi del sesso a pagamento si svuotano durante le vacanze natalizie e pasquali ed ad una certa tarda ora di notte, per non dire di osservare le stesse professioniste con uno smartphone in mano ed anche un’autovettura a disposizione. La risposta a tutto questo è quella che la schiavitù del sesso a pagamento non è molto diffusa.