Dal 20 al 26 febbraio, nell’ambito delle manifestazioni Europe for peace, il Movimento Nonviolento ha promosso un tour in varie città d’Italia dopo un anno di “Obiezione alla guerra” che vede la partecipazione di tre donne attiviste: ucraina, russa e bielorussa. Nella tappa del 24 febbraio, Daniele Taurino – del direttivo nazionale del Movimento e responsabile di redazione della rivista Azione nonviolenta – risponde alle nostre domande sull’iniziativa.
- Daniele, come nasce il tour denominato “Un anno di obiezione alla guerra”?
Il tour è promosso dal Movimento Nonviolento, l’organizzazione di cui faccio parte, nell’ambito della campagna lanciata il giorno stesso dell’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio dell’anno scorso. Si inserisce nel grande alveo di mobilitazioni Europe for peace in occasione del tragico anniversario. In questo anno abbiamo intrecciato forti relazioni con le realtà pacifiste e gli obiettori in Ucraina, Russia e Bielorussia.
Questo tour mostra che esiste una rete di organizzazioni su scala europea ed internazionale che lavora insieme per la pace, la nonviolenza e l’obiezione di coscienza, ben viva e operante in questa tragica guerra.
Un aspetto importante della Campagna è relativo alla richiesta di riconoscimento dello status giuridico degli obiettori di coscienza, disertori e renitenti alla leva degli eserciti che si stanno scontrando con centinaia di migliaia di morti, con la rivendicazione del loro diritto di asilo politico nei Paesi europei.
Stiamo dando voce a chi parla di pace e lavora concretamente in Ucraina, Russia e Bielorussia. Con una Carovana di pace siamo stati direttamente a Kyiv e Chernivtsi, dove abbiamo incontrato il leader del Movimento Pacifista Ucraino Yurii Sheliazhenko e abbiamo conosciuto Kateryna Lanko, oggi nel tour con noi in Italia.
Il 15 dicembre scorso – in occasione dell’anniversario dei 50 anni di obiezione di coscienza in Italia – abbiamo ospitato Alexander Belik, uno degli otto coordinatori degli obiettori di coscienza in Russia, dando sostegno alla sua azione coraggiosa, insieme ad altri giovani russi, contro la guerra.
Attorno all’odierno anniversario, abbiamo scelto di mettere in piedi questa iniziativa con al centro tre donne pacifiste per mostrare che anche in Ucraina, in Russia, in Bielorussia c’è chi crede nella nonviolenza come possibilità di resistenza civile, chi rifiuta la guerra, chi pratica l’obiezione di coscienza, chi diserta e vuole già oggi costruire la pace. Ci vuole ancora più forza per difendersi senza armi in mano, per amare la propria patria senza odiare quella altrui.
- Ci presenti il profilo delle tre donne ospiti, animatrici del tour in Italia?
Parto da Kateryna Lanko, che ho già citato. Kateryna rappresenta qui il movimento pacifista ucraino. In ogni tappa del tour testimonia, oltre alle indicibili sofferenze della gente ucraina, l’aspirazione crescente e alternativa all’unica soluzione militare che il governo ucraino – con i Paesi occidentali – sta presentando, alimentata dalla propaganda bellicista.
In Ucraina – sta ripetendo in ogni tappa del tour – i diritti umani fondamentali non sono garantiti come dovrebbero essere garantiti in un Paese che vuole essere libero e democratico: pacifisti e obiettori di coscienza sono forzatamente mobilitati e arruolati per il fronte, pena il processo e l’incarcerazione. Com’è noto, gli uomini dai 18 ai 60 anni non possono lasciare il Paese e sottrarsi all’obbligo di legge.
Kateryna sta chiedendo aiuto anche agli italiani perché possa essere spezzata questa cortina sui diritti, anche nel suo Paese: è convinta che, se i diritti non vengono affermati e rispettati in tempo di guerra, non lo saranno neppure in seguito.
Lei è cristiana ortodossa e dice di aver maturato una più forte convinzione di pace a contatto con gruppi religiosi ucraini, i primi a renderle manifesta l’idea che avrebbero preferito di gran lunga finire in prigione invece che prendere le armi e uccidere.
Darya Berg è la giovane rappresentante russa di Go by the forest, un progetto che sostiene la resistenza civile contro il regime di Putin e che, in particolare, aiuta chi si sottrae alla mobilitazione. Da settembre 2022, questo movimento è riuscito a facilitare il nascondimento o la fuga all’estero di più di 4.000 persone. Il suo non è che uno dei movimenti attivatisi in Russia, non il solo: Darya ci tiene a dirlo, ogni volta.
La repressione nel suo Paese è senz’altro forte. Per le sue posizioni ha dovuto, insieme a molti altri, lasciare la Russia. Ora è attiva da Tbilisi in Georgia, ove sono migrati tanti russi in fuga dalla guerra, anche col suo aiuto.
La terza attivista è Olga Karach, bielorussa. Ora anche lei lavora in esilio: a Vilnius, in Lituania. Olga è stata definita dal dittatore filorusso Lukaschenko, in persona, una «terrorista». Con la sua organizzazione Our House si propone letteralmente di strappare l’esercito dalle mani del tiranno, appunto Lukashenko. Perciò ha lanciato una campagna denominata «no, significa no!», per incoraggiare l’obiezione di coscienza e la diserzione in Bielorussia.
Il 20 febbraio – il giorno in cui è iniziato questo tour in Italia -, in tutta Europa (Atene, Amsterdam, Berlino, Londra, Vilnius) hanno avuto luogo manifestazioni davanti alle ambasciate bielorusse. Sappiamo quanto la posizione della Bielorussia sia importante in questa guerra. Ebbene, la cosa ha disturbato a tal punto che Lukashenko ha fatto approvare una legge al suo Parlamento con cui potrà comminare la pena di morte agli obiettori, disertori per «tradimento della patria».
Ma il coraggio di questa donna ha determinato il fatto che su 43.000 giovani bielorussi precettati con lettera indirizzata dal ministero della difesa in questi mesi, solo 6.000 abbiano risposto alla chiamata del regime: gli altri, grazie alla campagna nonviolenta di Olga Karach e delle altre donne coraggiose che lavorano con lei, non hanno risposto o non si sono fatti trovare.
Questa guerra combattuta con sistemi ipertecnologici continua a dire che il fattore umano resta fondamentale. Senza soldati non si fa la guerra. In Bielorussia i giovani non vogliono andare ad uccidere e a farsi uccidere in Ucraina.
- Perché tre donne?
La prima ragione di fondo è molto concreta: gli uomini ucraini non possono uscire dal loro Paese. La ragione determinante, poi, è che abbiamo voluto, significativamente, tre donne di pace insieme, quale immagine del dialogo nonviolento tra genti e Paesi con rapporti, storicamente, non semplici da gestire tra loro.
Kateryna, Darya e Olga hanno testimoniato la loro difficoltà iniziale di parlarsi perché – pure loro – condizionate dalla propaganda che abbonda in ogni Paese. Ora dicono di sentirsi sorelle nella comune azione nonviolenta, di aver trovato un linguaggio comune di pace per disinnescare i meccanismi terribili della guerra.
Ciascuna ama la propria patria, la propria terra. Ma, insieme, vogliono difendere innanzi tutto la vita umana. Queste amiche stanno difendendo la vita nei loro rispettivi Paesi. Penso che lo stiano facendo in questi giorni in Italia con particolare forza: la forza potente della nonviolenza che stanno testimoniando in ogni incontro.
- Come sta rispondendo l’opinione pubblica italiana: almeno quella che state incontrando?
Chi viene e ascolta non resta indifferente. Le testimonianze colpiscono. Le tre pacifiste nonviolente invitano a prendere una posizione e ad uscire dall’idea rassegnata che l’unica soluzione del conflitto sia quella militare. Kateryna, Darya e Olga ci dicono che non è vero. I movimenti per la pace, la nonviolenza, l’obiezione di coscienza ci dicono che l’alternativa si costruisce quotidianamente.
- Dopo il tour, cosa sarà?
Come ho detto, non si tratta di una iniziativa isolata. Si colloca dentro un contesto ampio, quello della nostra Campagna “Obiezione alla guerra”. Ci siamo mossi con questi movimenti nei tre Paesi maggiormente coinvolti. Stiamo cercando di raccogliere fondi per sostenere le attività – difesa legale e sostegno diretto alle organizzazioni – delle realtà menzionate, così come di altre con cui siamo in contatto. Tra le molte attività in programma, nei prossimi mesi valuteremo concretamente le condizioni per una visita in Russia a sostegno delle forme di resistenza civile non armata e nonviolenta.
- Nei primi giorni passati in Italia con le tre ospiti siete stati dal papa, vero?
Mercoledì 22 abbiamo partecipato all’udienza generale di papa Francesco. Le tre ospiti si sono commosse all’udire le sue parole, specie quando ha detto che non c’è nessuna vittoria sopra i morti e le macerie: l’unica vittoria sta nella costruzione della pace.
- Il Movimento Nonviolento è totalmente laico?
Il nostro Movimento è stato fondato da Aldo Capitini. Le ispirazioni sono tante e sono varie. Ci sono tante figure “religiose” e “non religiose” tra i nostri padri e le nostre madri. Aldo Capitini diceva che la nonviolenza, in Italia, viene dall’unione di san Francesco e di Mazzini con l’aggiunta di maestri dall’Oriente, quali Gandhi e Tolstoj.