Ho letto recentemente un articolo di Jean-Luc Nancy[1] sul conflitto tra l’Europa e l’Islam e mi ha colpito con forza l’identificazione della radice di questo conflitto.
Da una parte c’è l’Europa, che, a partire dal secolo XII, inaugura “una macchina potente il cui motore è la trasformazione della sussistenza in produzione e innovazione”. Sorge il capitalismo e la borghesia. Solo recentemente nell’Occidente ci si è resi conto che questa macchina macina sussistenze e popoli, culture e spiritualità in un processo sempre piú irragionevole e tragico. Una macchina colonizzatrice che inizia nel Mediterraneo e continua in Asia, in Africa, in America Latina. Una macchina impietosa e seduttrice che stravolge e travolge mondi e interpretazioni del mondo.
Dall’altra parte c’è l’Islam, che, al contrario dell’Europa, si presenta come “un compimento”, una rivelazione che sintetizza definitivamente le tradizioni ebraiche e cristiane.
Nancy aggiunge: “Non mi fermo qui sulle enormi complessità̀ che queste formule nascondono. Tengo presente soltanto questo: che sia per caso, accidente o fantasia della storia, a un certo momento la trasformazione è proseguita e si è amplificata, mentre il compimento si ripiegava sul suo segreto”.
Questa lettura provoca una ulteriore riflessione, probabilmente più che discutibile per la sua superficialità e presunzione. Comunque mi espongo: questa tensione tra progresso indefinito e irragionevole e il compimento sicuro e rassicurante della tradizione mi pare che sia dialettica ben presente nell’attualità dell’Occidente.
Possiamo osservare questa dinamica nello scontro frontale tra una diffusa interpretazione fondamentalista del cristianesimo, con la riaffermazione delle tradizioni liturgiche e dottrinali preconciliari e il processo di aggiornamento e revisione ermeneutica scaturito dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Mi sembra evidente, però, che questa dialettica tra lefebvriani e “modernisti” non è confinata all’interno del cattolicesimo, ma appare con forza – mescolata o no con la religione – in ambito culturale e politico.
Insomma, molti tra di noi sono terrorizzati dalla percezione che “tutto ciò che è solido si scioglie nell’aria” – come già nel 1843 profetizzava Karl Marx – e cercano rifugio nella presunta solidità delle tradizioni autoritarie, patriarcali, eterosessuali, familiari e teocratiche, che per molti secoli ebbero la cristianità come elemento coagulante e giustificante.
Chi sposa questa posizione instaura inoltre un’inimicizia radicale nei confronti di qualunque attività critica, di qualunque sforzo interpretativo, e considera nemici della verità e comunisti tutti coloro che pensano e credono che sia doveroso lottare per cambiare la realtà ingiusta e violenta.
Anche i seguaci del cambiamento, però, non si trovano oggi in panni più confortanti. Se non sono completamente alienati, si rendono conto della crisi mortale della civilizzazione occidentale, che nasce appunto dalla scommessa, già presente nei tempi germinali, di un superamento continuo e indefinito della sussistenza, di un progresso cieco e senza finalità, che ci ha portati non solo a minacciare di morte la Vita, ma anche all’assoluta incertezza di definire ciò che ci caratterizza come specie, come esseri umani. Si trovano a navigare tra Scilla e Cariddi di irrazionalità suicide, l’assolutizzazione del passato e l’accettazione acritica di un presente senza futuro. E ci chiediamo: che cosa e come pensare allora? Che cosa fare?
Ripeto una convinzione più volte affermata: in Occidente, gli unici che, fin dagli inizi del capitalismo e della borghesia, hanno intuito evangelicamente la tragedia nascosta nella scelta della trasformazione e del progresso, furono Francesco, Chiara e i primi militanti del movimento nato ad Assisi.
Non scelsero, come poi quasi inevitabilmente accadde, di aggiornare il Vangelo, traducendolo nella nuova mentalità urbana e facendolo nuovamente prigioniero del diritto canonico, ma neppure rimpiansero il passato feudale.
Scelsero di stare dalla parte dei poveri e si opposero radicalmente alle logiche del mercato e del diritto, incontrando nella povertà la strada dell’incontro con Gesù di Nazareth. E scoprirono la soluzione teologica e politica di cui oggi abbiamo urgentemente bisogno: la Creazione non è una cosa, è un Tu. E la fraternità e sororitá di tutti gli esseri viventi è il segreto che dobbiamo rivelare e vivere.
[1] Jean-Luc Nancy, Islam misconosciuto? Rileggiamo la storia, in Rivista Vita e Pensiero, settembre 2021 | |