Più di 110 vescovi di tutto il mondo firmano un documento indirizzato agli Stati che, nel contesto di crisi globale della pandemia da Coronavirus, hanno un’occasione epocale per contrastare gli abusi da parte delle imprese in un contesto di produzione e transazioni finanziare che non ha alcun riguardo per il bene comune e la giustizia sociale. L’iniziativa è sostenuta dalla famiglia internazionale di giustizia cattolica CIDSE.
Ora più che mai, abbiamo bisogno di una due diligence obbligatoria della catena di fornitura per fermare gli abusi da parte delle imprese e garantire la solidarietà globale Attraverso le loro operazioni, le imprese irresponsabili sono complici di atti di violenza e sofferenza. Noi, leader cattolici di tutto il mondo, chiediamo agli Stati di porre fine a tutto questo.
Con lo scoppio del Covid-19, l’umanità si trova ad affrontare una crisi globale senza precedenti. Oltre alla minaccia alla salute pubblica, lo sconvolgimento economico e sociale minaccia le condizioni di vita ed il benessere di milioni di persone nel lungo periodo.
Il lavoro
Particolarmente vulnerabili ai più forti impatti della crisi sono i milioni di lavoratori che si trovano più in basso nella catena di fornitura – tra cui molte donne. Ad esempio, alcuni grandi marchi di moda e distributori hanno annullato gli ordini e si sono rifiutati di pagare i lavoratori anche per i tessuti già prodotti. Milioni di lavoratori sono stati mandati a casa senza retribuzione, previdenza sociale o compensazioni.
Questa pandemia ha messo a nudo la nostra interdipendenza e ha seminato il caos nelle catene di fornitura globali che collegano le fabbriche superando i confini nazionali, mostrando il nostro esser dipendenti da lavoratori vulnerabili che svolgono un lavoro essenziale in tutto il mondo.
Per affrontare questa crisi, la solidarietà tra i membri della nostra famiglia umana sarà fondamentale. La nostra profonda interconnessione richiede che tutti noi diamo prova di responsabilità gli uni verso gli altri. Ma troppo spesso prevale l’interesse privato delle multinazionali, che non riescono a fare dei passi in avanti in termini di solidarietà.
La logica del profitto
Imprese irresponsabili sono state a lungo coinvolte in svariati abusi, evadendo le tasse che potrebbero servire a costruire e mantenere servizi pubblici come ospedali o scuole, inquinando i nostri terreni, l’acqua e l’aria o rendendosi complici di gravi violazioni dei diritti umani in tutto il mondo, come nel caso del lavoro forzato e del lavoro minorile. In aggiunta, nel momento in cui le leggi ambientali o sociali mettono a repentaglio i profitti, ci sono prove evidenti che le società transnazionali in alcuni casi minacciano gli Stati di adire le vie legali, usando il meccanismo di risoluzione delle controversie investitore-Stato.
Questo sistema basato sul profitto e sulla cultura del consumo e dello scarto deve essere messo in discussione, ora più che mai. Poiché le conseguenze dannose sui diritti dei lavoratori e sull’ambiente derivanti da livelli di consumo e produzione senza precedenti sono attualmente sotto gli occhi di tutti, i governi stanno cercando di reagire a questi vizi del sistema. Allo stesso tempo, la consapevolezza pubblica sulla vulnerabilità delle catene di fornitura globali sta crescendo e apre le porte ad una regolamentazione più rigorosa e a catene di fornitura più resilienti. Come Vescovi, sentiamo l’obbligo morale e spirituale di parlare dell’urgenza di dare un nuovo ordine alle priorità durante e dopo la crisi.
ONU-UE-USA
Per contrastare questa preoccupante situazione, le Nazioni Unite, l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno l’opportunità unica di fare un importante passo in avanti, introducendo una legislazione efficace e solida che stabilisca una due diligence (dovuta diligenza) obbligatoria intersettoriale per tutte le imprese in materia di diritti umani, ambiente e governance, migliorando l’accesso ai tribunali per le persone colpite da violazioni dei diritti umani, al fine di rendere le imprese responsabili dei danni che hanno causato.
Un recente studio pubblicato nel febbraio 2020 dalla stessa Commissione Europea afferma inequivocabilmente che le misure volontarie delle imprese stanno fallendo e che c’è urgente bisogno di un’azione normativa a livello europeo. Uno studio di monitoraggio commissionato dal governo tedesco conclude che meno del 20 per cento delle aziende tedesche conducono la due diligence sui diritti umani come richiesto a livello internazionale da quasi un decennio.
In effetti, le linee guida e gli approcci volontari non riescono a prevenire i danni e a proteggere le persone e il pianeta dalla distruzione ambientale e dalle violazioni dei diritti umani. Nel 2011 il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC) ha approvato all’unanimità i Principi guida per le imprese e i diritti umani (UNGP), ma per le comunità vittime di violazioni dei loro diritti da parte delle imprese, non è cambiato molto. Gli Stati hanno implementato i UNGP con approcci basati sulla sola buona volontà delle aziende, senza alcun tipo di sanzioni.
Così, nel 2014, l’UNHRC ha adottato una risoluzione che istituisce un gruppo di lavoro intergovernativo aperto, con il mandato di elaborare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante per le imprese transnazionali e altre imprese commerciali in materia di diritti umani. Ma finora non abbiamo visto un impegno sostanziale e costruttivo da parte dell’UE, del Canada, degli Stati Uniti e di altri potenti Stati nel processo di negoziazione del trattato ONU.
L’esempio della Francia
A livello nazionale, una pietra miliare è stata raggiunta nel 2017 quando la Francia ha aperto la strada ad una legge rivoluzionaria che richiede alle grandi imprese transnazionali francesi di pubblicare un piano di vigilanza per identificare e prevenire gli impatti negativi causati dalle loro attività lungo la catena del valore.
Questa nuova legge ha fissato uno standard minimo in tutto il mondo, dimostrando che è effettivamente possibile rendere le imprese transnazionali responsabili delle loro azioni, anche al di fuori dei rispettivi territori nazionali, senza danneggiare l’economia. In Svizzera, Germania, Paesi Bassi, Finlandia e Norvegia si stanno prendendo in considerazione legislazioni nazionali simili.
Chiediamo a tutti i governi di mantenere le loro promesse e di rispettare gli obblighi derivanti dal diritto internazionale per proteggere i diritti umani dagli abusi operati dalle imprese. In questo senso, accogliamo con favore i risultati dello studio della Commissione Europea sopra citato e l’annuncio da parte del Commissario Europeo per la giustizia di una legislazione obbligatoria e solida.
Ambiente e diritti umani
La legislazione dovrebbe introdurre una due diligence obbligatoria in materia ambientale e di diritti umani, cioè identificare, valutare, fermare, prevenire e mitigare i rischi e le violazioni sull’ambiente e su tutti i diritti umani lungo le catene di fornitura, e migliorare sostanzialmente le possibilità delle persone colpite di chiedere un risarcimento nei tribunali civili nazionali.
Crediamo che le leggi possano riuscire a portare un cambiamento tangibile per le comunità se includono anche un migliore accesso ai rimedi giudiziari per le vittime, al fine di rispettare il dovere di protezione da parte delle imprese, contro fenomeni come l’accaparramento delle terre, le violazioni dei diritti umani, l’uccisione dei difensori dei diritti umani, il lavoro forzato e infantile, la violenza di genere, il degrado ambientale e la deforestazione.
Di conseguenza, tutti gli Stati dovrebbero anche assicurare la loro partecipazione costruttiva e attiva ai negoziati dell’ONU per uno strumento giuridicamente vincolante che regoli, nel diritto internazionale in materia di diritti umani, le attività delle società transnazionali e di altre imprese commerciali. Tale trattato impedirebbe a qualsiasi paese o impresa di utilizzare modelli di produzione basati sullo sfruttamento e sulla distruzione del Creato per migliorare la propria posizione competitiva nel mercato mondiale.
Il sistema in atto danneggia le persone e il pianeta e noi siamo chiamati a ad agire in modo migliore. Confidiamo nella nostra possibilità di imparare collettivamente dalle esperienze passate e dalla crisi attuale e di proporre una via che dia valore alla giustizia e ai diritti umani, mettendo così la vita al di sopra dei profitti. La crisi del coronavirus dovrebbe essere considerata come un’opportunità per iniziare una giusta transizione e per costruire un nuovo sistema economico che abbia al centro le persone e il pianeta.