Una prima, irriducibile dimensione delle “stragi familiari” alle quali assistiamo inermi è quella tragica. Il mito e la tragedia greca, ad esempio, si nutrono di esse.
Eravamo forse convinti che il tragico non appartenesse all’epoca iniziata dopo la seconda guerra mondiale. Con la pandemia da Covid-19 è invece tornato prepotentemente alla ribalta, anticipato dal crollo delle Torri gemelle di New York dell’11 settembre 2001.
L’altra dimensione di tali eventi di sangue è il venir meno delle tradizionali forme di coesione sociale: l’appartenenza politica o religiosa, ad esempio. Non bastano le “olimpiadi della matematica” o le competizioni sportive per porvi rimedio. Come dire: si è dissolta la politicità della polis.
Il terzo aspetto, poi, è rappresentato dai conflitti relazionali e intrapsichici, che fanno fatica, specie nel caso degli adolescenti (tali al di là del dato anagrafico in senso stretto), a trovare forme più mature ed evolute di contenimento rispetto al puro e semplice “passaggio all’atto”.
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A caratterizzare tutte e tre le dimensioni, così a me sembra, è lo smarrimento del senso. Le calamità bibliche o le tragedie classiche erano comunque legate a Dio, o agli dei, oppure al destino. E la violenza politica del terrorismo, poniamo, aveva un proprio pur sciagurato e assai perverso senso.
Così come il “vecchio” conflitto edipico poteva rappresentare uno snodo fondamentale per la crescita, dei singoli e delle generazioni.
Ora, al contrario, prevale quasi sempre e ovunque il non-senso. Senza senso è la furia folle e distruttiva di tanti, troppi “ragazzi” di ogni età. Insensati paiono ai più i sommovimenti politici, interni e internazionali.
Priva di senso è la rabbia individuale o familiare tanto feroce quanto priva di argini e di possibilità autentiche di elaborazione. E lo stesso volto tragico dell’esistenza è consegnato spesso all’assurdo e al non-senso, privo di direzione, di orientamento, di prospettiva, di un orizzonte più o meno condiviso.
Siamo troppe volte come cani sciolti, senza padrone e, insieme, senza libertà. O con la sola “libertà” di versare sangue, l’altrui e il nostro.