Le telecamere appostate sul confine marino italo-francese mostrano giovani africani alla ricerca di un sentiero per valicare la frontiera. Le interviste raccontano di storie che ormai ci sembrano note, ripetute. I drammi dei migranti, ascoltati dalle nostre comode poltrone, non sempre ci aiutano a trovare modi per lenire quella miseria.
Sappiamo di rischiare paragoni impropri tra fatti e visioni artistiche che potrebbero allontanarci dalla realtà. Tuttavia, spesso constatiamo come le immagini di grandi scrittori e maestri sappiano avvicinarci alla verità degli eventi.
Nei romanzi di Francesco Biamonti che visse tra Imperia e Ventimiglia (San Biagio della Cima 1928-2001) – francofilo per vicinanza al confine e per vocazione culturale – è descritto lo scenario di rocciose colline e terrazze piantumate di ulivi, ginestre e mimose che si affacciano sul mare.
Lungo le frontiere
Nelle pagine di ruvido lirismo, ritorna la figura dei passeur, coloro che accompagnano viandanti su strade impervie verso nuove terre. La luce, a tratti abbagliante e bellissima, è contrapposta alle oscurità notturne in cui solo la luna può illuminare percorsi noti a pochi. In Vento largo (1991) è indimenticabile la figura di Varì (Evaristo) un vecchio passeur che per amore torna a guidare i clandestini lungo la frontiera. Immagine metafora dell’esistenza che si muove su valichi scoscesi, strade sconosciute e solcate da chi cerca di superare il confine.
Nel lettore si deposita la presenza del silenzio tipico dell’entroterra ligure, lontanissimo dal frastuono dei centri turistici. Un silenzio che accompagna gli scabri dialoghi dei personaggi, volti a difendere le cose segrete della vita. Nel contempo si fa un’esperienza d’immersione in una natura disorientante con fitte boscaglie, rocciosi pendii, spesso battuti dal vento e dal «suono dell’aria tra i rami» che Varì sa interpretare.
Lo stesso autore trovò l’espressione più intensa della sua scrittura in un maestro della pittura novecentesca. Furono intensi i rapporti tra Biamonti ed Ennio Morlotti (1910-1992), l’artista lombardo capace di «guardare» scenari naturali (come l’amato fiume Adda) e non semplicemente «vedere» (verbo segnato dal calcolo e dalla misura).
Furono entrambi incantati da isolati squarci naturalisti: rocce, boschi e piante fiorite, figure umane che – sulla tela – sono gravati da densa materia pittorica. I muri di ulivi, i cactus e le rocce, dipinti da Morlotti in Liguria, illustrano gli sguardi dello scrittore di fronte a un paesaggio che rimanda un invisibile altrove. I due maestri illustrano un’intermittenza esistenziale ed emotiva con linguaggi che richiamano l’antico motto classico ut pictura poesis e la lirica leopardiana.
Stare sulle soglie
Nel piccolo e intenso libro Arte di trasmettere (Qiqajon 2018), la filosofa francese Natalie Sarthou-Lajaus, intitola un capitolo «Figure di passeurs» e sottolinea la differenzia tra educazione e trasmissione. La prima «esige maestri che siano formati per istruire e educare bambini», mira all’emancipazione degli individui tramite conoscenze e sviluppo di attitudini; richiede ambienti protetti in cui far crescere e maturare.
«La trasmissione necessita invece di “traghettatori”, di passeurs, i quali per lo più ignorano di svolgere questo ruolo e non sono necessariamente dei grandi pedagoghi». Sono coloro che sanno stare sulla soglia, luogo privilegiato per i passaggi: di eredità, di commiati a volte tristi ma abitati da sguardi carichi di fiducia. Sono passeurs coloro che sanno aprire porte; figure indispensabili nella traversata di vie difficili, quelle in cui alcuni si perdono. Tutti conosciamo casi di trasmissioni interrotte, persino parentali. Ma ci sono note anche relazioni che fanno rinascere aprendo orizzonti nuovi.
Arte e letteratura di qualità traghettano visioni e immagini che offrono scenari imprevisti e stimolano la ricerca di senso. I confini del Mediterraneo possono saltare e i trafficanti di «esseri umani» indebolirsi a patto che emerga una cultura a difesa dell’esistenza umana. Una cultura non improvvisata né a buon mercato. Affinare mente e cuore nell’educare e guidare – azioni diverse ma non contrarie – significa investire in insegnamenti, scuole e percorsi che richiedono spazi adatti, tempi lunghi, persone addestrate e rigorose.
Nel 1992, presentando Vento Largo, Biamonti affermava: «Io ho voluto scrivere un libro anche impostato sulla pietà: pietà verso gli esseri umani che trasmigrano, che si muovono, senza fare del miserabilismo o del pietismo. Pietà per le cose che scompaiono, che si offuscano, per questo angelo della distruzione che sta passando» (F. Biamonti, Scritti e parlati, Einaudi 2008)
Mossi da analoghe intenzioni e visioni è possibile alzarsi dal divano di casa con idee innovative e far passare i propri talenti a disposizione chi cerca pace e libertà.
Inoltre, per chi vive nella fede i propri passaggi, il finale del Salmo 48 può abbagliare più del sole sul mare:
Questi è Dio, il nostro Dio
in eterno e per sempre.
Egli ci guiderà oltre la morte.