Dicono che non è più tempo di avventure e che dovremmo solamente sforzarci di adeguarci al mondo così com’è. Ci vendono un tanto al chilo dell’ottimismo gassoso e inodore per rendere sempre più rara la gratuita speranza che profuma come i gigli dei campi ma, specialmente, si applicano meticolosamente nel farci credere che sia meglio, molto meglio, che ognuno pensi per sé e Dio per nessuno.
La guerra con tutte le sue atrocità e la politica della menzogna, l’economia criminale e la produzione di massa della povertà, i morti innocenti a migliaia nel deserto di Sonora e nel mar Mediterraneo, le foreste in fiamme, le acque che ribollono e le periferie abbandonate, l’odio che viene iniettato come un virus nelle arterie digitali e che poi ricade pesantemente sulle strade ghiacciate delle metropoli e nelle urne roventi delle grandi democrazie, il quotidiano stillicidio dell’orrore domestico: lasciate stare, non guardatevi attorno, pensate a come arrivare alla fine del mese, salvate la “roba” se ne avete. Fatevi un favore, arrendetevi al male.
È l’affresco della “democrazia reale” arrivata al suo tragico capolinea: «l’uomo democratico, al tempo stesso, porta a compimento, ma anche consuma e distrugge l’assetto democratico» (Elmar Salmann, qui).
Il «mondo» è questa cosa qui, l’anti-regno, fatevene una ragione, conformatevi. E invece…
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La cospirazione del bene. Una storia Mediterranea, un libro di Luca Casarini, scritto con la collaborazione di Gianfranco Bettin e impreziosito da un testo di Papa Francesco (Feltrinelli, pp.160, 18 euro, in uscita il 19 novembre), racconta tutta un’altra storia, di un altro mondo già possibile, di un volto differente della realtà, come fosse la colorata fodera interna di quella oscura grisaglia del terrore che ci vendono come la “normalità”. Ed è una storia d’avventura – sì, l’avventura è ancora possibile! – attraverso la quale scopriamo che nei deserti e nei mari del mondo vengono accesi falò di speranza, pagine in cui leggiamo di una storia dell’oggi nella quale si sperimenta una fraternità coraggiosa e si tessono alleanze imprevedibili. E da tutto ciò che ci viene raccontato percepiamo sul viso dei protagonisti, salvatori/salvati, il soffio leggero della brezza redentrice dell’Emmanuele, il Dio-con-noi e per-noi.
È un grande racconto d’avventura la cui lettura mi ha ricordato quella avida ed entusiasmante che da bambino facevo dei romanzi di Kipling e Salgari, della misteriosa storia di Kim e di quella ribelle dei tigrotti di Mompracem. Solo che questa è una storia vera, anche se prende avvio da un sogno o, meglio, un incubo. È la realtà che, sempre, ci parla e a volte urla dalle profondità del nostro essere. D’altronde, spesso gli angeli del Signore hanno parlato agli uomini in sogno per indicare loro la giusta direzione da prendere mentre, dice il salmista, il Signore dà il suo pane agli amici nel sonno. Non solo l’avventura, ma il mistero è ancora possibile.
Tutto comincia a Palermo nella notte del 28 giugno 2018. Il giorno precedente, mentre nel Consiglio d’Europa si discuteva del rilascio della normativa sulle migrazioni, la nave Lifeline riusciva finalmente a far sbarcare più di duecento migranti, sopravvissuti a un drammatico naufragio, sulle coste di Malta. Il governo maltese annunciò conseguentemente di chiudere il suo porto a tutte le navi di organizzazioni non governative, avessero o meno migranti a bordo.
Dall’Italia gli faceva eco il ministro degli Interni Matteo Salvini, preparandosi a varare il decreto-legge n°113 su “sicurezza e immigrazione” che inaspriva la già stretta normativa esistente su accoglienza e permessi di soggiorno e, quindi, ad affinare le armi da puntare contro le navi civili che prestano soccorso ai poveri che tentano la traversata del Mediterraneo in cerca di una possibilità di vita. La gente qui, più che prendere posizione, faceva il tifo, si indignava sui social o semplicemente se ne fregava. Intanto nel Mare Nostrum, nei deserti subsahariani e nei lager libici, continuava giorno dopo giorno la strage di uomini, donne e bambini. Il fabbricante di pentole lavorava senza sosta.
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Racconta Luca Casarini di essere andato a letto quella sera con una domanda che lo martellava: «E io? Che sto facendo contro questo schifo?». Si addormenta e «d’improvviso, quella notte ho visto cadere nell’abisso i miei figli». Allunga le mani per tirarli su, non ci riesce, fa una fatica immane, l’angoscia lo soffoca: «La vita che vedo in pericolo, la vita dei figli che sto per perdere e che è la vita, tutte le vite che ogni giorno si perdono in queste acque, cambia del tutto la mia». Krísis: ai confini della notte, il punto di svolta decisivo.
La mattina appena sveglio, con le tempie in fiamme e le budella attorcigliate, afferra il telefono e chiama due vecchi compagni di tante battaglie, Beppe Caccia e Sandro Metz. Dalla laguna di Venezia, tre decenni prima, una masnada di enfants perdus si era messa in testa di battersi contro il dragone del capitalismo planetario. Con quei due amici, una vita fa, Luca era stato nei collettivi studenteschi, aveva fondato i centri sociali del nordest, indossato le “tute bianche”, combattuto la globalizzazione neoliberale ai quattro angoli del mondo, occupato centinaia di case insieme ai senza-niente, guidato il movimento dei Disobbedienti fino all’infuocato G8 genovese e poi contro la guerra globale scatenatasi dopo l’11 settembre. Gli dice che bisognava riformare la “banda” e mettere in mare una nave. Subito.
L’amicizia che trapassa il tempo e i rovesci, lo stupore per la rivelazione di una verità, la cospirazione contro i potenti e una missione in cerca dei fratelli. Sembra di essere in una storia di Corto Maltese: «Ci sono a Venezia tre luoghi magici e nascosti: uno in calle dell’amor degli amici; un secondo vicino al ponte delle Meraveige; un terzo in calle dei marrani a San Geremia in Ghetto. Quando i veneziani sono stanchi delle autorità costituite, si recano in questi tre luoghi segreti e, aprendo le porte che stanno nel fondo di quelle corti, se ne vanno per sempre in posti bellissimi e in altre storie…» (H. Pratt, Corte Sconta detta Arcana, 1977).
Nell’alba di una mattina d’agosto dell’anno successivo le porte della meraviglia erano già spalancate e la Mare Jonio, prima e sola nave della flotta civile a battere bandiera italiana, tagliava ancora una volta le onde dirigendosi verso un gommone stracarico. Quel giorno furono salvate 98 persone, tra cui 22 bambini e 26 donne delle quali 8 erano incinte, mentre 6 persone erano già morte. Ma, nonostante le condizioni a dir poco precarie dei naufraghi, ci vollero ben sei giorni per accedere a un porto italiano e solo dopo un intenso conflitto con le “autorità” che condusse, comunque, al sequestro della nave e a una salatissima multa. Bisogna davvero leggerlo, con il cuore più che con gli occhi, il racconto di quel salvataggio.
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L’altra storia, l’avventura dei nuovi «capitani coraggiosi», in effetti non era cominciata il 3 ottobre 2018, il giorno della prima missione in mare, ma tre mesi prima, un minuto dopo quella telefonata. Iniziata con la lucida consapevolezza che «sotto un potere che odia o ignora il prossimo in pericolo, si può diventare fuorilegge per amore, cospiratori del bene». Ché di questo si trattava e si tratta: allestire un cantiere in segreto per approntare la nave, violare le ingiunzioni di “autorità” che ti impongono di lasciar morire le persone o di farle soffrire ancora, schivare le campagne di diffamazione a mezzo stampa e le accuse in tribunale. La lotta è costosa, sotto tutti i punti di vista. Beati i cospiratori del bene…
È un racconto appassionante quello di Luca Casarini, a volte drammatico e altre picaresco, con flash back nel passato antagonista dell’autore e poetiche riflessioni condotte sulla tolda della nave, aspettando di scorgere dei segni di vita all’orizzonte. Frammenti di vita quotidiana misti ad affondi nella politica degli Stati, nell’etica pubblica e nello spirito dell’uomo contemporaneo. Ma vi sono anche diverse pagine dedicate alla minuziosa analisi delle norme sulla migrazione e sul soccorso in mare e altre, molto “tecniche”, che si possono leggere come un manuale per chi volesse capire come si fa a costituire un’azione efficace che sia, allo stesso tempo, disobbedienza alle leggi ingiuste e obbedienza alle sacre leggi del mare e dell’umanità (e alla nostra Costituzione!). Una legge ingiusta non è legge, diceva già sant’Agostino. La regola d’ingaggio, comunque sia, è chiara: «prima si salvano le persone, poi si discute».
Mediterranea Saving Humans, questo il nome dell’associazione di promozione sociale che fu creata ad hoc, possiede oggi non solo una nave ma è formata da molti “equipaggi di terra” che – nelle diverse città e paesi – si attivano a diversi livelli per richiamare l’attenzione su ciò che accade nel Mediterraneo e per creare catene di solidarietà concreta. Vi sono “equipaggi” che vanno in Ucraina a portare aiuti materiali alle popolazioni colpite dalla guerra e altri che supportano in Palestina l’Operazione Colomba (corpo nonviolento di pace dell’Associazione Papa Giovanni XXIII) per una resistenza pacifica alla logica della nemicità assoluta. Ovunque e sempre, la vita innanzitutto.
È anche la prima nave del soccorso civile, appartenente a un’organizzazione laica, che dispone di un cappellano di bordo, don Mattia Ferrari, e che recentemente ha condotto una missione di salvataggio con l’appoggio di una barca a vela della fondazione Migrantes, l’organismo pastorale della CEI. Cose che hanno fatto storcere il naso a tanti, da un lato e dall’altro. Non è invece affatto sorprendente che il Papa, così coinvolto nella sofferenza dei migranti fin dal suo primo viaggio apostolico, a Lampedusa, abbia voluto Luca Casarini tra gli invitati speciali del Sinodo, né che nel libro vi sia un capitolo intitolato “Papa Francesco Crew”. «Poeti sociali» e «samaritani collettivi» sono d’altra parte quei soggetti che Francesco, parlando dei movimenti popolari, ha fatto emergere come centrali nella sua narrazione su che cosa oggi vuol dire praticare il Vangelo.
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Ed è perciò un testo del Papa ad aprire il libro a mo’ di preambolo. Si tratta della catechesi “a sorpresa” tenutasi lo scorso 28 agosto e che porta un titolo molto evocativo, Mare e deserto. Con le Scritture in controluce ci ritroviamo improvvisamente a camminare insieme a coloro che fuggono da schiavitù, guerra e fame, in mezzo a uomini che torturano e respingono e altri che salvano e abbracciano.
L’uomo vestito di bianco, alla fine, ci interroga: e voi che fate, pregate per i fratelli e le sorelle migranti, oppure siete tra quelli che vogliono cacciarli via? State col Faraone o con il popolo amato da Dio? Quel giorno Francesco decise di sospendere il programma prestabilito per pronunciare parole molto severe, oltre che di speranza: «Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti – per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave», perché «il Signore è con i nostri migranti nel mare nostrum, il Signore è con loro, non con quelli che li respingono».
No, non si possono servire due padroni.
Questo libro narra di una storia collettiva, evidentemente, ma contiene anche un racconto molto personale sul significato esistenziale che questa vicenda ha avuto per il suo autore. Verso la fine del libro c’è un capitolo dal titolo “splanchnizomai”, una parola greca familiare ad ogni frequentatore del Vangelo, in cui è rievocato un emozionante incontro tra Luca e l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice. Quest’ultimo lo aveva cercato per incontrarlo e una volta che gli fu dinnanzi, dopo aver ascoltato il racconto delle vicende della Mare Jonio, gli chiede a bruciapelo: «Ma a te, che cosa ti muove davvero?».
Luca resta un po’ disorientato e infine inizia a raccontargli di quella notte, di quell’incubo e di quel malessere fisico, di quel blocco allo stomaco. Don Corrado gli dice che si tratta dello splachnizomai, l’amore viscerale, quando il dolore dell’altro entra dentro di te fino a smuoverti le budella, provocando qualcosa che è ben più della compassione.
Da quel momento comincia per Luca un’altra avventura, diversa e parallela a quella della Mare Jonio, di cui sembra ci parlerà più approfonditamente in un suo prossimo libro.
- Il libro viene presentato da Luca Casarini e Gianfranco Bettin oggi, domenica 17 novembre, a Milano alle 16.00 presso la Sala Polifunzionale della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Tutti i diritti d’autore andranno a Mediterranea Saving Humans.