Una delle immagini più celebri non del ciclismo ma di tutto lo sport è quella del passaggio di una borraccia tra Coppi e Bartali in una tappa del Tour de France. Che ha appassionato schiere di tifosi per dirimere la questione se fosse stato Gino a passarla a Fausto, oppure Fausto a Gino. Una foto che segnò l’epoca in cui l’Italia – dello sport e non solo – si divideva in due fazioni a sostegno dei due grandi campioni, quando la bicicletta, oltre a essere il principale mezzo di trasporto, era strumento di fatica e di vittoria dello sport allora più amato.
Adesso abbiamo una foto forse destinata a segnare un cambio d’epoca, almeno per il ciclismo (e magari lo diventasse per l’intera società!): un campione in fuga solitaria, ormai lanciato verso il traguardo che lo incoronerà vincitore del Giro, riceve la borraccia da un addetto della sua squadra e la dona a un bambino che a bordo strada è lì a veder passare la corsa e acclamare la maglia rosa. È successo un sacco di volte che, a fine gara, qualche corridore abbia fatto dono della sua borraccia a qualche tifoso (chi scrive ne ha collezionato una serie). Ma che una borraccia appena ricevuta, con una barretta energetica legata da un elastico, passasse immediatamente dal campione alle mani di un bambino è cosa assolutamente nuova.
Il gesto accresce di umanità la statura atletica di Tadej Pogacar: lo pronosticammo cannibale gentile, e la gentilezza ha superato ogni previsione.
Il venticinquenne sloveno, già due volte primo e due volte secondo al Tour de France, era venuto a correre il Giro per ripetere ciò che fu fatto per l’ultima volta da Marco Pantani nel 1989: vestire nello stesso anno la maglia rosa e la maglia gialla, simbolo delle due più importanti corse a tappe. La famosa “doppietta”, riuscita per la prima volta a Fausto Coppi nel 1949 che fece il bis nel ’52 e poi appannaggio di super campioni quali Jacques Anquetil, per tre volte Eddy Merckx, per due volte Bernard Hinault e Miguel Indurain, Stephen Roche e fin qui, ultimo della serie, Pantani.
Sono state confermate le previsioni della vigilia, che davano per certa la vittoria dello sloveno. Forse pensando che, una volta sicuro della vittoria, avrebbe corso al risparmio in vista del Tour e di altre fatiche nella parte finale della stagione.
Così non è stato, oltre al successo finale Pogacar ha conquistato sei tappe, una a cronometro e le altre aggredendo le salite con la sua pedalata agile e talmente efficace da scoraggiare gli avversari fin dal primo allungo.
Ha vinto tante tappe in un solo Giro come Eddy Merckx, ha dato al secondo, il colombiano Martinez, un distacco di poco inferiore a 10 minuti, cosa che non avveniva dalla vittoria di Adorni nel 1965. Volendo cercare il pelo nell’uovo, è mancata soltanto la conquista della prima tappa, con la possibilità di indossare la maglia rosa dall’inizio alla fine, cosa riuscita soltanto a Girardengo nel 1919, a Binda nel ’27, a Merckx nel ’73 e a Gianni Bugno nel ’90. Ma il campione sloveno non se n’è rammaricato troppo, e invece si è dichiarato entusiasta dell’accoglienza ricevuta dagli sportivi italiani e ha lasciato intendere di voler tornare sulle strade del Giro, magari fin dal prossimo anno.
Se verrà, troverà altrettanta e forse più numerosa tifoseria, per il suo entusiasmante modo di correre e di vincere e per la gentilezza del suo modo di rapportarsi ai tifosi e in particolare ai bambini: a uno di loro ha dato il cinque nel corso della stessa tappa della borraccia regalata, a ogni arrivo ha formato autografi a bizzeffe sempre col sorriso sulle labbra.
Davvero un bel Giro
È stato davvero un bel Giro, e non solo per le imprese e la cordialità di Pogacar, ma anche perché ricco di fasi interessanti e di sorprese in tutte le tappe, e soprattutto per quello che hanno saputo fare diversi corridori italiani, soprattutto giovani, che ci autorizzano a sperare per il nostro ciclismo ultimamente in ribasso un’inversione di tendenza.
Prima di tutto grazie ad Antonio Tiberi (classe 2001) che ha conquistato la maglia bianca come primo dei giovani ed è stato quinto assoluto; ma poteva concludere sul terzo gradino del podio senza i minuti persi per incidente meccanico alla prima tappa. È stato uno dei pochi a tentare qualche attacco all’inattaccabile maglia rosa, ha confermato buona disposizione per le frazioni a cronometro e ha mostrato tenuta atletica nell’ultima settimana di corsa; ha alimentato la speranza che, nel giro di pochi anni, un italiano possa puntare alla vittoria finale.
Ancora più giovane di Tiberi, Giulio Pellizzari (classe 2003) è l’altro nostro aspirante campione: ha provato a tenere in salita il passo di Pogacar e addirittura ad anticiparlo, andando in fuga solitaria per concludere secondo nella penultima tappa, quella della doppia ascensione del Monte Grappa. E secondo anche nella classifica degli scalatori, altro trofeo con cui Pogacar ha coronato la corsa rosa. Al pari di Tiberi, ha corso le ultime tappe con ancora energie da spendere, rivelando la stoffa dello scalatore di vaglia.
Oltre a ricordare l’altra tappa italiana del generoso Andrea Vendrame, i tre successi del velocista belga Merlier nonché la vittoria e le numerose fughe del francese Alaphilippe, resta da dire di Filippo Ganna, finalmente tornato alla vittoria nella seconda tappa a cronometro di questo Giro, e di Jonathan Milan, che ha conquistato la maglia ciclamino della classifica a punti. Tre volte primo e tre secondo, in parte per inesperienza e per la sfortuna nera, quando ha dovuto cambiate la bici a pochi chilometri dal traguardo sui sampietrini del carosello finale sulle vie di Roma antica. Il giovane friulano (classe 2000) ha davanti a sé una carriera da grande sprinter, potremmo aver trovato un nuovo Petacchi o a un nuovo Cipollini. Alle vittorie di Milan ha fatto da apripista Simone Consonni, e proprio su Consonni, Milan e Ganna, con l’aggiunta di Francesco Lamon (assente al Giro) la nazionale azzurra fa affidamento per riconquistare la medaglia d’oro nell’inseguimento alle prossime olimpiadi di Parigi.
E tra poco il Tour de France che nasce italiano
Finito il Giro, tra poco più di un mese ecco il Tour! Che parte da Firenze, dalla città di Gino Bartali. Uno dei grandi italiani che conquistò due volte la maglia gialla. Adesso il ciclismo che conta riparte da Pogacar, dal suo dichiarato obiettivo di conquista nello stesso anno dei due giri più importanti. Tadej il Tour l’ha già vinto due volte, ma poi ha trovato sulla sua strada un forte danese che, per due anni, lo ha relegato al secondo posto: Jonas Vingegaard.
La cui partecipazione al Tour è purtroppo incerta, a causa di una grave caduta pochi mesi fa. Ma non mancheranno fior di competitori: Evenepoel, Van Arden, Roglic, Van Der Poel, Bernal, il nostro Ciccone. La corsa della maglia gialla si annuncia entusiasmante, fin dalle prime tre tappe italiane. In particolare la seconda, che prenderà il via da Cesenatico – nel ricordo di Marco Pantani – per concludersi a Bologna, dopo la doppia durissima salita al santuario di San Luca. Sarà Pogacar-show?