Con un proprio messaggio papa Francesco ha indetto la prima Giornata mondiale dei poveri per il 19 novembre 2017 (33ª del tempo ordinario).
I motivi che hanno indotto il pontefice a indire questa nuova giornata sono indicati nella stessa lettera: sono esplicitamente religiosi. Cita la prima lettera di san Giovanni che esorta ad amare Dio «non a parole, ma con i fatti e la verità».
Ricorda il Dio misericordioso al quale si rivolge il povero che Dio ascolta (Sal 34,7). Fa riferimento al celebre passo degli Atti degli apostoli che narra la prassi della condivisione dei beni della primitiva comunità (At 2,45) e alla lettera di Giacomo: «Se la [fede] non è seguita dalle opere, in se stessa è morta» (Gc 2,17).
Indicando san Francesco d’Assisi come esempio di atteggiamento verso i poveri, usa il linguaggio nuovo dell’incontro con i poveri che diventa “condivisione”, perché diventi stile di vita; «Se vogliamo incontrare realmente Cristo, è necessario che ne tocchiamo il corpo in quello piagato dei poveri, come riscontro della comunione sacramentale ricevuta nell’eucaristia. Il corpo di Cristo, spezzato nella sacra liturgia, si lascia ritrovare dalla carità condivisa nei volti e nelle persone dei fratelli e delle sorelle più deboli».
Il messaggio descrive con parole lapidarie l’atteggiamento di povertà «che impedisce di pensare al denaro, alla carriera, al lusso come obiettivo di vita e condizione per la felicità».
Come rispondere alla povertà
Il pontefice conosce bene il volto della povertà che descrive dettagliatamente: «Eppure, essa ci interpella ogni giorno con i suoi mille volti segnati dal dolore, dall’emarginazione, dal sopruso, dalla violenza, dalle torture e dalla prigionia, dalla guerra, dalla privazione della libertà e della dignità, dall’ignoranza e dall’analfabetismo, dall’emergenza sanitaria e dalla mancanza di lavoro, dalle tratte e dalle schiavitù, dall’esilio e dalla miseria, dalla migrazione forzata. La povertà ha il volto di donne, di uomini e di bambini sfruttati per vili interessi, calpestati dalle logiche perverse del potere e del denaro. Quale elenco impietoso e mai completo si è costretti a comporre dinanzi alla povertà frutto dell’ingiustizia sociale, della miseria morale, dell’avidità di pochi e dell’indifferenza generalizzata!».
Di fronte a tanta ingiustizia non si può restare inerti e tanto meno rassegnati. «Benedette, pertanto, le mani che si aprono ad accogliere i poveri e a soccorrerli: sono mani che portano speranza. Benedette le mani che superano ogni barriera di cultura, di religione e di nazionalità versando olio di consolazione sulle piaghe dell’umanità. Benedette le mani che si aprono senza chiedere nulla in cambio, senza “se”, senza “però” e senza “forse”: sono mani che fanno scendere sui fratelli la benedizione di Dio».
Il messaggio continua invitando nella domenica della regalità di Cristo a incontrare i poveri, a celebrare l’eucaristia con loro, a “pregare” insieme con loro, considerandoli «ospiti privilegiati», impegnandosi nella vera condivisione.
Tre passaggi significativi
Leggendo e rileggendo il messaggio colpiscono tre passaggi.
Il primo è il riferimento diretto alla parola di Dio. Essa è ispiratrice dell’atteggiamento nei confronti della povertà. Non è accompagnata dalla riflessione biblica, morale, pastorale, sociale, economica, politica. Il povero, citando Paolo VI nel Discorso di apertura della II sessione del concilio ecumenico Vaticano II, del 29 settembre 1963, appartiene alla Chiesa «per diritto evangelico». Sono così superate tutte le mediazioni che rischiano di collocare i poveri come destinatari di carità e non invece soggetti da rispettare con dignità.
Anzi la povertà sia ispiratrice – secondo passaggio – di uno stile di vita. Oltre l’elemosina e il volontariato, la povertà evangelica è conversione del cuore per una vita lontana dalla cupidigia, dalla ricchezza, dagli onori. Uno stile essenziale che colloca i beni materiali al loro giusto significato. Un richiamo forte contro le derive di mondanità e di leggerezza di cui la Chiesa non è esente.
Infine, l’appello alla preghiera (rivolta anche ai poveri) colloca all’interno della spiritualità cristiana la riflessione sulla povertà. Il messaggio ricorda la preghiera del Padre nostro: «Non dimentichiamo che il Padre nostro è la preghiera dei poveri. La richiesta del pane, infatti, esprime l’affidamento a Dio per i bisogni primari della nostra vita. Quanto Gesù ci ha insegnato con questa preghiera esprime e raccoglie il grido di chi soffre per la precarietà dell’esistenza e per la mancanza del necessario. Ai discepoli che chiedevano a Gesù di insegnare loro a pregare, egli ha risposto con le parole dei poveri che si rivolgono all’unico Padre in cui tutti si riconoscono come fratelli».
Un appello teologico che supera tutte le discussioni tra ricchezza e povertà. La povertà è un distintivo dell’essere cristiani; per questo la fraternità cristiana si misura sul rispetto e sulla condivisione, così da superare la distorsione di chi è reso povero.