La Conferenza episcopale tedesca si è detta molto preoccupata del populismo che avanza non solo in Germania, ma anche in altre parti del mondo. Per contrastare questo fenomeno, in particolare quello di destra, i vescovi tedeschi hanno emanato il 25 giugno scorso, un Arbeitshilfe, un sussidio, intitolato Resistere al populismo, come guida per aiutare le comunità a far fronte a questo fenomeno considerato dannoso non solo per la società, ma anche per la Chiesa, che non ne condivide le tendenze né i metodi. Lo strumento è stato preparato con la collaborazione di tre commissioni: la commissione per le migrazioni, quella pastorale e la commissione Justitia et Pax, con il contributo di un gruppo di esperti guidato dal prof. dr. Andreas Lob.
Sono 73 pagine corredate da prospetti e disegni, distribuite in sei capitoli e un’appendice dedicata ai Suggerimenti pastorali. I temi dei sei capitoli sono:
- Quale popolo: approccio al fenomeno del populismo
- Strategie e contenuti dei movimenti populisti di destra
- Fuga e asilo
- Islam e ostilità anti-islamica
- Immagini riguardanti la famiglia, le donne e i rapporti di genere
- Identità e patria
Riprendiamo qui l’Introduzione del sussidio presentata dai presidenti delle Commissioni: mons. Stefan Hesse (Amburgo): Commissione per le migrazioni; mons. Franz-Josef Bode (Osnabrück): Commissione pastorale; mons. Stephan Ackermann (Treviri): Commissione Justitia et Pax.
Ci sentiamo sfidati dall’ascesa del populismo nella nostra società. Per alcuni è un termine troppo diffuso per descrivere un fenomeno molto confuso. Gli uni vedono un populismo di sinistra, altri un populismo di destra; altri ancora deplorano un populismo di centro che si sta diffondendo perfino nei grandi partiti tradizionali del nostro paese. E altri si chiedono: che cosa c’è nel populismo di sconveniente e criticabile? Populismo non vuol dire forse una particolare vicinanza al popolo? E cosa ci sarebbe da dire in contrario se i populisti fanno molta attenzione alle persone, colgono le loro preoccupazioni e i bisogni perché trovino ascolto nella politica e nella società? E non dobbiamo forse noi vescovi, proprio in quanto Chiesa nel suo insieme, essere molto vicini alla gente quando, con il Concilio Vaticano II, riconosciamo: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».
Il volto quotidiano del populismo
Tuttavia, il populismo che oggi ci sfida contraddice in maniera fondamentale questa vicinanza a tutte le persone. E contraddice spesso in particolare la vicinanza ai «poveri e oppressi di tutti i generi».
Quali sono le manifestazioni di questo populismo? Il populismo che ci sfida manifesta quotidianamente il suo volto minaccioso quando, in nome di una «tradizione della cultura tedesca» o di una «difesa delle tradizioni regionali», mette l’accento sull’esclusività e perciò sull’esclusione di tutti coloro che non appartengono a noi da sempre.
In questo modo finiscono con l’essere conculcati i diritti di tutti agli altri. L’egoismo nazionale si espande. Gli stati e le regioni del mondo si allontanano tra di loro. «Prima di tutto il proprio Paese!» – questo slogan impedisce la disponibilità a impegnarsi per il giusto sviluppo di tutte le società e di armonizzare i propri interessi con l’imperativo globale della giustizia e della solidarietà. Il populismo colorato di nazionalismo mette in pericolo la coesistenza giusta e pacifica nella propria società come anche nel mondo intero.
Il populismo che ci sfida mostra ogni giorno il suo volto minaccioso quando semina diffidenze e discordia: tra coloro che, nella nostra società, godono di libertà e sicurezza e coloro che fuggono dalla guerra, dalla persecuzione o dalla miseria, o anche tra coloro che, nella Chiesa e nella società, si impegnano per quanti cercano protezione, e coloro che li guardano con diffidenza e, a volte, persino con aperta ostilità. Il populismo che ci sfida mostra ogni giorno il suo volto minaccioso, perché fa vedere tutto in bianco e nero e con grettezza, nella società e nella Chiesa.
Effettivamente il mondo diventa sempre più complesso ed è indubitabile che questa complessità sia per molti eccessiva. Ma il populismo promette risposte troppo semplici. Divide con giudizi affrettati le persone e gli avvenimenti in buoni e cattivi. Cerca continuamente di trovare consenso nelle reti sociali con affermazioni da far rizzare i capelli. Evita ogni affermazione differenziata. Fake news, menzogne, odio e slogan deprecatori sono all’ordine del giorno. Anche ai più alti vertici politici, i populisti semplificatori giocano una partita pericolosa. E dividono la società e le stesse famiglie.
Risolvere i problemi sociali positivamente e sulla base dell’uguaglianza
Già questi fenomeni concreti indicano che non c’è solo un tipo di populismo o di populisti. Dobbiamo distinguere: tra coloro che fanno ricorso aperto agli strumenti di provocazione, manipolazione e discredito per guadagnare influsso e potere; coloro che li sostengono per frustrazione o protesta o con l’approvazione aperta o con il loro voto elettorale; e i molti che stanno in qualche modo in mezzo e che ripongono le loro diverse ragioni e speranze nei populisti attivi.
Non ci sono società senza conflitti. Fa parte della natura delle società libere che il malcontento possa esprimersi apertamente su sviluppi e su avvenimenti vissuti come ingiusti. In certo senso, anche il populismo fa parte di questo potenziale di protesta. Per quale ragione non si dovrebbe discutere, per esempio, sul problema che il nostro paese tolleri o abbia bisogno di estranei? La cosa che ci preoccupa sono le durezze caustiche che il populismo molte volte provoca con un odio continuo e ferendo coloro che sono aggrediti o emarginati.
I conflitti sociali sono necessari. Tanto diversi sono gli individui, altrettanto diverse sono spesso le vedute politiche riguardanti regolamenti sapienti e significativi, soprattutto se devono risolvere problemi complicati e trovare un equilibrio tra interessi diversi e legittimi. Niente è senza alternativa. Ma noi dobbiamo prendere in considerazione tutte le alternative e le conseguenze che hanno sulle persone interessate.
Per i cristiani la difesa della dignità di ogni uomo costituisce una linea-guida ineluttabile. Questo principio, che ha trovato posto nella Costituzione tedesca, non deve mai essere sospeso neanche di fronte a decisioni politiche difficili. Infatti, come cristiani siamo convinti che «Tutti gli uomini, dotati di un’anima razionale e creati ad immagine di Dio, hanno la stessa natura e la medesima origine; tutti, redenti da Cristo godono della stessa vocazione e del medesimo destino divino: è necessario perciò riconoscere ognor più la fondamentale uguaglianza fra tutti» (GS 29).
Chi la pensa così non può rassegnarsi che ogni anno migliaia di profughi e di migranti anneghino nel Mediterraneo e che il confine dell’Europa diventi un confine di morte. Non potrà rassegnarsi di fronte a coloro che sono bisognosi di protezione e che, a centinaia di migliaia, vengono ammassati nei lager del Nord Africa. Ed è indubbio che anche sui problemi riguardanti la fuga e la migrazione dev’essere possibile un dibattuto pubblico. E bisogna riconoscere esplicitamente che definire alcune regole accettabili sul piano umanitario è un compito difficile, e spesso anche doloroso per i responsabili politici. Ma le conquiste umanitarie fondamentali non devono mai essere messe in discussione.
Il populismo è profondamente radicato nella società e anche nella Chiesa
Il populismo che ci sfida con i suoi tanti volti quotidiani si è inoculato profondamente nella società. Anche i partiti che fanno parte del centro non sono risparmiati dalla tentazione populista. Tuttavia, devono opporsi energicamente agli atteggiamenti e alle richieste populiste. Ma devono spesso riconoscere che le idee populiste sono diffuse anche nel loro elettorato. Questo fatto ci preoccupa.
Ci preoccupa, tuttavia, ancora di più costatare che le vedute e gli atteggiamenti populisti sono presenti nella nostra Chiesa: nelle comunità parrocchiali, nei gruppi e nelle associazioni ecclesiali. Siamo convinti che la nostra fede e la nostra tradizione cattolica in quanto Chiesa universale sono in contraddizione con le caratteristiche basilari del populismo. Pensiamo alla già ricordata assoluta uguaglianza di tutti gli uomini in quanto creature di Dio. Pensiamo al comandamento fondamentale dell’amore al prossimo che si estende anche a coloro che sono forse i più lontani e che, tuttavia, nel loro bisogno di aiuto, diventano nostri prossimi. In quale altro modo, del resto, dovremmo interpretare la parabola di Gesù del buon samaritano? E pensiamo, non da ultimo, all’aiuto indefettibile del nostro buon Dio.
Dall’uscita degli ebrei dall’Egitto fino alla liberazione del popolo di Dio dalle mani del faraone, fin dai tempi antichi, i credenti sono abituati a intraprendere sempre nuove partenze. Occorre abbandonare molte cose che ci erano familiari e che forse erano diventate persino di casa. Tuttavia, continuiamo a metterci in cammino nella fiducia che l’unico Dio, il Dio di Abramo e il Dio di Gesù, ci sostiene e ci guida.
Ma è chiaro che la fiducia in questa presenza salvifica di Dio può anche cedere all’ansia per il futuro. Questa ansia a volte può riguardare il presente. Paralizza, fossilizza. Dobbiamo prendere atto di questa perdita di fiducia. E bisogna chiedersi che cosa ci ha condotto e continua a condurci a tanto. Non andiamo molto lontano con degli appelli roboanti o con rimproveri che disturbano. Dobbiamo incoraggiare e rafforzare le nostre comunità, associazioni e istituzioni a mantenere spazi aperti in cui, oltre «le gioie e le speranze», anche queste forme di «tristezze e angosce» possano essere prese in considerazione.
Accettare le sfide e trasformarle in speranza
Siamo preoccupati per il crescente populismo nel nostro Paese e attorno a noi in Europa e nel mondo intero. Ma siamo anche fiduciosi. Il coraggio ci induce a impegnarci insieme con i cristiani/e, con molti uomini di buona volontà contro le minacce populiste alla nostra convivenza. Questo è un segno della presenza di Dio piena di spirito e di vita in mezzo a noi. Ci basta solo guardare alle nostre diocesi per renderci conto di quanto ricco e fruttuoso sia questo impegno. La pienezza di iniziative incoraggianti che concorrono nel quadro del “Premio cattolico contro la xenofobia e il razzismo” per ottenere un’onorificenza, lascia intravedere che l’impegno cristiano contro le tendenze populiste nella nostra società è in crescita. E si assomma continuamente alle molteplici attività esterne alla nostra Chiesa promosse da alleanze locali o da altri protagonisti della società civile.
Si coalizzano – come ha detto papa Giovanni Paolo II nel centesimo anniversario della dottrina sociale della Chiesa – «per un grande movimento in difesa della dignità umana…» (Centesimus annus, n. 3).
Ma rimane ancor molto da fare, anche all’interno della Chiesa. Per questo ci siamo decisi a pubblicare questo sussidio. Esso vuole stimolare con i suoi principi basilari la discussione sui diversi aspetti del populismo. Nello stesso tempo, con i suoi esempi di “buona prassi”, intende incoraggiare un ulteriore impegno nella nostra Chiesa.
Sappiamo che un numero considerevole di persone nella nostra società non condivide i nostri punti di vista sul pericolo del populismo. Esse percepiscono a volte delle minacce del tutto diverse dalle nostre. Noi avvertiamo la contraddizione anche nella nostra Chiesa – anche da parte di cattolici e cattoliche –; evidentemente la fiducia in questa presenza salvifica di Dio può cedere il passo all’ansia di fronte al futuro.
Con le tendenze populiste noi cerchiamo nelle nostre comunità e associazioni il dialogo, e il sussidio vuole essere un ulteriore incentivo ad approfondire questo dialogo. I diversi punti di vista nella nostra Chiesa non sono qualcosa di insolito o di biasimevole. La Chiesa di Gesù Cristo non è mai stata una comunità uniforme e unitaria. Il fondatore stesso raccolse attorno a sé discepoli molto diversi: persone osservanti e peccatori, pubblicani e zeloti. Ciò che li univa oltre ogni differenza non era l’unicità della loro provenienza o dei loro punti di vista su questa o quell’altra questione, ma l’unicità della missione di Gesù, l’unicità della buona novella del regno di Dio. L’unicità tuttavia è messa in gioco quando diversi punti di vista su problemi politici si scaricano sulle spalle di gruppi di persone innocenti e spesso indifese. Dobbiamo opporci a questo nella Chiesa e nella società.
Ci riusciremo solo se approfondiremo questo interrogativo: per quale ragione alcune persone si scagliano con veemenza contro i profughi o contro gli appartenenti ad altre religioni? Perché hanno nostalgia dei tempi passati che sembravano loro garantire l’ordine e la stabilità, anche se apprezzano, allo stesso tempo, le conquiste di una società moderna? Perché alcune persone ripongono la loro fiducia nei protagonisti del populismo e danno loro il voto come hanno fatto finora con i responsabili politici?
Per evitare ogni malinteso: come tanti nel nostro Paese, anche noi osserviamo gli sviluppi politici con preoccupazione. Nella gestione politica ci sono delle incrostazioni. Ci sono tendenze di lobbysmo e decisioni condizionate che suscitano un senso di impotenza di fronte al processo politico.
Le discussioni pubbliche e le ricerche scientifiche non danno finora alcun quadro chiaro sulla ragione per cui c’è gente aperta alle idee populiste.
Alcuni trovano le ragioni in un atteggiamento di sciovinismo da benessere: i populisti – così pensano – sono contrari semplicemente ad una preoccupante concorrenza che metta in pericolo il benessere da loro raggiunto, per esempio a causa dell’arrivo dei profughi. Non si spiega in altro modo che molti aderenti e sostenitori dei populisti appartengano alla classe media benestante.
Altri, al contrario, vedono un’incertezza profonda che ha pervaso in tutta la sua ampiezza la nostra società. Questa incertezza è alimentata dalle ansie di una perdita sul piano economico, sociale o culturale; dalla violazione di un senso di giustizia; dall’esigenza di poter, negli sconvolgimenti della nostra società, reggere con sufficiente successo.
Dietro a questi fenomeni ci sono sempre persone concrete. Perciò tutti coloro che hanno responsabilità nella Chiesa devono di cercare di comprendere le storie della vita. Quali angustie e preoccupazioni ci sono dietro? La nostra missione è di riuscire a dialogare con tutti coloro che la pensano diversamente.
Capire non è la stessa cosa di comprendere
Noi vogliamo capire. Ma capire non significa automaticamente comprendere. Non possiamo avere nessuna comprensione per una politica fatta sulle spalle di vittime innocenti. A volte i populisti affermano che le loro posizioni concordano con quelle della Chiesa – per esempio per quanto riguarda la protezione della vita, l’attenzione alla famiglia, il significato del cristianesimo nella nostra società o l’apprezzamento della patria. Ma l’apparenza inganna: noi non siamo d’accordo.
Naturalmente noi ci schieriamo in maniera decisa per il diritto alla vita. Il nostro principio basilare dice: ogni uomo è creatura di Dio. Perciò la vita di ogni persona – nata o non nata – merita protezione, a prescindere dal colore della pelle, dalla lingua, dalla religione. Per questa ragione a tutti coloro che hanno delle responsabilità deve stare a cuore di capire le storie concrete. Quali angustie e preoccupazioni ci sono dietro?
Con la stessa decisione sosteniamo il rispetto della famiglia. Essa è la base della società. È il luogo in cui le persone crescono e in cui si sentono accolte e protette, in cui sviluppano la fiducia in se stesse e imparano a sopportare e superare gli shock più gravi della loro vita. Perciò le famiglie devono essere sostenute, non solo quelle tedesche, bensì tutte le famiglie. Il benessere delle nostre sorelle e dei nostri fratelli cristiani in tutto il mondo ci sta a cuore. Già l’apostolo Paolo invita così le prime comunità cristiane: «Non stanchiamoci di fare il bene […]. Poiché ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene, soprattutto verso i fratelli nella fede» (Gal 6,9 ss.). Qui “soprattutto” non vuol dire “esclusivamente”. Piuttosto si tratta, pur con tutta la magnanimità verso ogni essere umano, di non perdere di vista i fratelli e le sorelle nella fede.
L’apostolo Paolo non annulla l’insegnamento di Gesù del buon samaritano e del suo amore verso i lontani, ma ne spiega le conseguenze anche nel modo di comportarci all’interno delle comunità cristiane.
Così è fuor di dubbio che noi, come vescovi, difendiamo l’impronta cristiana della nostra società. Infatti, noi crediamo a ciò che Gesù Cristo ha detto di sé: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Ma ciò non deve significare non apprezzare le altre religioni o tenerle a distanza. Noi apprezziamo e rispettiamo la libertà di religione di ognuno. Con l’ultimo concilio noi facciamo un ulteriore passo avanti. Infatti affermiamo che anche le altre religioni «riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini» (Nostra aetate, 2). Anche questo fa parte del potere efficace di Dio. Come Chiesa, ci comprendiamo come popolo di Dio in cammino nella storia. Non siamo perciò legati ad un luogo. Tuttavia, apprezziamo anche che cosa significa patria per tutti noi: familiarità, sicurezza, e anche un momento importante della nostra identità culturale. In passato si univa la patria anche con un termine oggi antiquato, “l’amor patrio”».
E anche nella nostra Chiesa “l’amor patrio” gode di molta considerazione. «I cittadini coltivino con magnanimità e lealtà l’amore verso la patria» afferma il concilio Vaticano II e aggiunge, «ma senza grettezza d’animo, cioè in modo tale da prendere contemporaneamente in considerazione il bene di tutta la famiglia umana, di tutte le razze, popoli e nazioni, che sono unite da innumerevoli legami» (GS 75). Meglio di così non si può descrivere come l’amor patrio rettamente inteso non debba escludere la solidarietà mondiale, ma piuttosto la implichi.
Non di rado i populisti manifestano un indurimento interiore, un autoriferimento ansioso e fantasie deleterie. La speranza dei cristiani ha un’altra direzione. La nostra fede riguarda la fiducia in un Dio che non diffonde paura e terrore, ma la certezza che, nel risolvere i problemi del nostro tempo, non bisogna lasciarsi prendere da un’ansiosa tensione. «Tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4,13). Chi sa di essere sostenuto da Dio, può applicarsi con serenità al mondo e alle sue sfide. È serio, perché è sensibile ai bisogni e alle preoccupazioni della gente. Sereno, perché sa che il Signore lo accompagna.
Che la parresia evangelica venga esercitata non solo da singoli credenti e da singole autorità, ma da un organismo che esprima collegialmente le esigenze irrinunciabili del Vangelo, è qualcosa a cui in Italia non siamo troppo avvezzi. “Siamo convinti che la nostra fede e la nostra tradizione cattolica in quanto Chiesa universale sono in contraddizione con le caratteristiche basilari del populismo”: è sufficiente una frase di questo genere a far crollare quel castello di carte, quel “muro di fogli e incenso” avrebbe detto don Milani, dietro al quale anche tanti cattolici nascondono le proprie paure, sentendo che nessuno, quando avrebbe dovuto, ne ha avuto cura.