Maurizio Belpietro irride alle rivoluzioni del passato, caratterizzate da sangue e violenza, che pure, però, hanno per lo più rappresentato l’esito dell’incapacità dei poteri costituiti a rinnovarsi in modo adeguato. E poi le accosta alle iniziative, fondamentalmente nonviolente, dei millenial volte a contrastare efficacemente i cambiamenti climatici e, più in generale, la deriva autodistruttiva del genere umano.
A me pare, in realtà, che la “rivoluzione verde” promossa dalla generazione “Greta” si ispiri implicitamente a rabbi Hillel, vissuto tra I secolo a.C. e I secolo della nuova era: «Se io non sono per me, chi è per me? E, se io sono solo per me stesso, cosa sono? E se non ora, quando?» (Talmud). Una frase che condensa un universo: l’individuo, la società, il tempo debito.
Già, il kairós, quello dei greci e quello biblico. Come ricorda Giacomo Marramao in un libro-intervista con il giornalista Francesc Arroyo, secondo il Vangelo di Matteo (capitolo 16, versetti 2 e 3), Gesù ebbe a dire, rispondendo ai farisei e ai sadducei: «Quando si fa sera, voi dite: “Bel tempo, perché il cielo rosseggia!” e la mattina dite: “Oggi tempesta, perché il cielo rosseggia cupo”. L’aspetto del cielo lo sapete dunque discernere, e i segni dei tempi non riuscite a discernerli?». E aggiunge il filosofo: «La virtù cardinale della politica sta tutta – appunto – nella capacità di cogliere i segni dei tempi», nell’individuare il tempo opportuno, il kairós.
Ecco, questi ragazzi paiono dirci: se non ora, quando? Se non noi, chi?