Lunedì scorso, alla vigilia di una giornata chiave per gli Stati Uniti – l’11 settembre, anniversario della tragedia delle Twin Towers a New York – il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, sollecitava dal Palazzo di vetro la leadership mondiale (scienziati, imprenditori, politici e tutte le istituzioni) a preoccuparsi in merito al cambiamento climatico in atto, definito «una questione determinante per il nostro tempo», e soprattutto dettava una sorta di road map per i prossimi tre anni. «Siamo di fronte a una minaccia per la nostra stessa sopravvivenza. I cambiamenti climatici si stanno muovendo più velocemente di noi e la loro velocità ha provocato un gigantesco SOS in tutto il mondo».
In un discorso di fronte ai rappresentanti delle Nazioni – appellati con un «Cari Amici del pianeta Terra» –, Guterres ha ricordato come l’impatto del cambiamento si stia già verificando oggi con gli effetti che tutti possiamo constatare di persona o da notizie di cronaca: ondate di calore estreme, incendi, tempeste e inondazioni si susseguono a ritmo incalzante e finiscono per provocare effetti devastanti in particolare sulle popolazioni già impoverite e vulnerabili del pianeta, spesso costrette ad abbandonare la propria terra per trasformarsi in migranti ambientali.
«Cari amici, sappiamo cosa sta succedendo al nostro pianeta. Sappiamo cosa dobbiamo fare. E sappiamo anche come farlo. Ma, purtroppo, l’ambizione della nostra azione è lontanissima da dove deve essere».
La sua analisi si è trasformata in un appello perché ciascuno faccia la sua parte: i governi per rispettare l’attuazione degli Accordi di Parigi COP 21 e tutti i cittadini nelle piccole grandi scelte quotidiane. «Se non cambiamo rotta entro il 2020, rischiamo di perdere il treno con il quale possiamo evitare il cambiamento climatico privo di controllo, con conseguenze disastrose per le persone e tutti gli ecosistemi che permettono la nostra esistenza sul pianeta».
«Cambiare è possibile – ha detto il Segretario generale – ma non possiamo perdere altro tempo: abbiamo la scienza e la tecnologia che ci consentono di scegliere altri modelli produttivi, abbiamo gli strumenti per rendere efficaci le nostre azioni, ciò che ancora ci manca – anche dopo l’accordo di Parigi – è la leadership e l’ambizione per fare ciò che è necessario».
Il cambiamento climatico non si può negare
«Che non ci siano dubbi sull’urgenza della crisi è sotto gli occhi di tutti noi» ha detto Guterres, ricordando che ormai da anni stiamo vivendo temperature da record in tutto il mondo.
Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale, gli ultimi due decenni comprendevano 18 degli anni più caldi dal 1850, quando sono iniziate le registrazioni e quest’anno si preannuncia essere il quarto più caldo di sempre. Ondate di calore estreme, incendi, tempeste e inondazioni stanno lasciando una scia di morte e di devastazione e il Segretario ne ha elencato qualche esempio drammatico.
Il mese scorso lo stato del Kerala in India ha subito una delle peggiori inondazioni monsoniche della storia recente: 400 vittime e più di 1 milione di sfollati.
Nel 2017 l’uragano Maria ha provocato la morte di quasi 3.000 persone a Puerto Rico, uno dei più micidiali disastri meteorologici estremi nella storia degli Stati Uniti. Molte di quelle persone morirono nei mesi successivi alla tempesta per il mancato accesso alla corrente elettrica, all’acqua pulita e ad un’assistenza sanitaria adeguata.
«Ciò che rende tutto ciò ancora più inquietante è che siamo stati avvertiti. Gli scienziati ce lo dicono da decenni. Ancora e ancora troppi leader hanno rifiutato di ascoltare. Troppo pochi di loro hanno agito secondo l’orizzonte che la scienza richiedeva. E adesso ne vediamo i risultati. In alcune situazioni ci stiamo addirittura avvicinando agli scenari peggiori prospettati dagli scienziati».
Solo un esempio: il ghiaccio marino artico sta scomparendo più velocemente di quanto immaginassimo possibile e quest’anno, per la prima volta nella storia umana, una spessa coltre di ghiaccio permanente a nord della Groenlandia ha cominciato a frantumarsi.
Questo drammatico riscaldamento dell’Artico sta influenzando i modelli meteorologici di tutto l’emisfero settentrionale.
Gli incendi durano più a lungo e si propagano sempre più in fretta. Alcuni di questi incendi sono così grandi che diffondono fuliggine e cenere in tutto il mondo, anneriscono i ghiacciai e le calotte polari e li fanno sciogliere ancora più velocemente.
Le acque oceaniche diventano sempre più acide, minacciando dalla base le catene alimentari che permettono la vita. I coralli stanno morendo in grandi quantità, riducendo ulteriormente la loro raccolta, spesso risorsa vitale.
E, sulla terra, l’alto livello di diossido di carbonio nell’atmosfera sta rendendo le colture di riso sempre meno nutrienti, minacciando il benessere e la sicurezza alimentare di miliardi di persone. Con l’intensificarsi del cambiamento climatico, finiremo per trovarci in difficoltà per quanto riguarda l’alimentazione mondiale e sempre più persone saranno costrette a migrare dalle loro case in quanto la terra da cui dipendono diventa sempre meno in grado di assicurare la loro sussistenza.
Nel maggio scorso, l’Organizzazione meteorologica mondiale ha dato notizia che il pianeta ha segnato un’altra tragica pietra miliare: la più alta media mensile mai registrata della quantità di diossido di carbonio. Quattro centinaia di parti per milione sono state a lungo considerate come una soglia critica, ma ora abbiamo superato le 411 parti per milione e la concentrazione continua a crescere. Siamo ormai alla più alta concentrazione in 3 milioni di anni.
Guterres ricordava che, quando i leader mondiali hanno firmato l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici tre anni fa, si sono impegnati a fermare le temperature in aumento al di sotto dei 2 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali e a lavorare per mantenere l’aumento il più vicino possibile a 1,5 gradi. Questi obiettivi erano davvero il minimo indispensabile per evitare gli impatti peggiori dei cambiamenti climatici.
Tuttavia, gli scienziati ci dicono che siamo molto lontani da questo traguardo. Secondo uno studio delle Nazioni Unite, gli impegni presi finora dalle parti dell’accordo di Parigi rappresentano solo un terzo di ciò che sarebbe necessario.
«La montagna di fronte di noi è molto alta, ma non invalicabile. Sappiamo come ridimensionarla. Sappiamo che dobbiamo semplicemente frenare le emissioni di gas serra e orientare le nostre azioni per salvaguardare il clima del pianeta».
La necessità di un’economia “carbon free”
Per frenare le emissioni di gas serra, per la stragrande maggioranza costituiti dal biossido di carbonio, una ricetta l’abbiamo già in tasca, ricordava il Segretario generale. «Dobbiamo spostarci rapidamente dalla nostra dipendenza dai combustibili fossili per sostituirli con energia pulita e rinnovabile proveniente dall’acqua, dal vento e dal sole. Dobbiamo fermare la deforestazione, ripristinare le foreste degradate e cambiare le modalità della nostra agricoltura. Dobbiamo imboccare la strada dell’economia circolare e di una migliore efficienza delle risorse di cui disponiamo».
«Le nostre città e tutto il settore dei trasporti dovranno essere revisionati. Come riscaldare, raffreddare e illuminare i nostri edifici dovranno essere ripensati in modo da sprecare sempre meno energia».
Secondo Guterres, è a questo punto che dovremmo intensificare i nostri sforzi, perché gran parte dei discorsi sul cambiamento climatico si concentra sugli effetti devastanti e sugli scenari più oscuri. Ora, non che gli avvertimenti non siano necessari, ma il timore può paralizzare ogni azione. «Ciò che cattura la mia immaginazione è la vasta opportunità offerta dall’azione a favore del clima. Perché sono enormi i benefici che attendono l’umanità se ci decideremo ad affrontare la sfida climatica. Molti di questi benefici sono economici. Ho sentito spesso l’argomento – di solito frutto di interessi di vario tipo – che affrontare i cambiamenti climatici sarebbe costoso e potrebbe nuocere alla crescita economica (è la tesi più volte enunciata anche dal presidente americano Trump, ndr). Ma io vi dico che è vero tutto il contrario».
Stiamo vivendo enormi perdite economiche a causa dei cambiamenti climatici. Nell’ultimo decennio, le condizioni meteorologiche estreme e l’impatto sulla salute della combustione di combustibili fossili sono costate all’economia americana almeno 240 miliardi di dollari all’anno. Questo costo aumenterà del 50% nel prossimo decennio. Dal 2030, la perdita di produttività causata da un mondo sempre più caldo potrebbe costare all’economia globale 2 trilioni di dollari.
Ampi vantaggi con la “green economy”
Sempre più studi mostrano invece gli enormi benefici dell’azione a favore del clima, ha continuato il Segretario: «La settimana scorsa ero al lancio del rapporto New [Climate] Economy della Commissione globale per l’economia e il cambiamento climatico dove si evinceva che l’azione per il clima e il progresso socioeconomico si sostengono a vicenda, con guadagni stimati in 26 trilioni di dollari previsti entro il 2030 rispetto al businnes as usual (espressione ormai classica per indicare un andare avanti come se niente fosse).
Se continuiamo sulla strada giusta, per fare un esempio, per ogni dollaro speso per il ripristino di foreste degradate, si possono recuperare fino a 30 dollari in benefici economici e riduzione della povertà. Ripristinare terre degradate significa migliore qualità della vita e reddito dignitoso per agricoltori e pastori e, in più, una diminuita pressione per migrare verso le città».
Ma c’è di più: l’approvvigionamento idrico e le strutture igienico-sanitarie resilienti potrebbero salvare la vita di oltre 360 mila neonati ogni anno. E sappiamo che l’aria pulita avrebbe enormi benefici per la salute pubblica.
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro riferisce che le politiche lungimiranti indirizzate a promuovere la green economy potrebbero creare 24 milioni di nuovi posti di lavoro a livello globale entro il 2030. In Cina e negli Stati Uniti, i nuovi posti di lavoro nelle energie rinnovabili creati in questi anni superano quelli creati nelle industrie del petrolio e del gas. E in Bangladesh l’installazione di oltre 4 milioni di pannelli solari domestici ha creato oltre 115 mila posti di lavoro e ha salvato le famiglie rurali da 400 milioni di dollari in combustibili inquinanti. «Quindi, non solo un passaggio all’energia rinnovabile farà risparmiare denaro, ma creerebbe anche nuovi posti di lavoro, inferiore produzione di rifiuti, minore consumo di acqua, aumenterebbe la produzione di cibo e risanerebbe l’aria inquinata che ci sta uccidendo. Non c’è nulla da perdere in questo scenario: c’è tutto da guadagnare».
Guterres però si mostra molto cauto circa le decisioni di alcuni leader mondiali: «Ci sono ancora molti che pensano che la sfida sia troppo grande. Ma sono profondamente in disaccordo con loro. Nella sua storia l’umanità ha affrontato e superato immense sfide, sfide che ci hanno richiesto di lavorare tutti insieme, mettendo da parte divisioni e differenze per combattere una minaccia comune. È anche per questo motivo che sono nate le Nazioni Unite».
«Dobbiamo contribuire a porre fine alle guerre, fermare le malattie, ridurre la povertà globale e risanare il buco dell’ozono. Ci troviamo ad un crocevia esistenziale. Se decidiamo di imboccare l’unica strada ragionevole, dovremo radunare tutte le forze dell’ingegno umano. Ma quell’ingegnosità esiste e sta già fornendo numerose soluzioni».
Numerosi segnali di speranza
Abbiamo un alleato, ha proseguito il Segretario, «la tecnologia è dalla nostra parte nella battaglia per affrontare il cambiamento climatico. L’aumento dell’uso delle energie rinnovabili è stato eccezionale. Oggi è competitivo [con] – o anche più economico – di carbone e petrolio».
E giù una serie di esempi che parlano da soli. L’anno scorso, la Cina ha investito 126 miliardi di dollari in energia rinnovabile, con un aumento del 30% rispetto all’anno precedente. La Svezia è sulla strada per raggiungere quest’anno l’obiettivo 2030 per le energie rinnovabili, ben 12 anni prima.
Nel 2030, energia eolica e solare potrebbero alimentare più di un terzo del continente europeo.
Il Marocco sta costruendo una fattoria solare delle dimensioni di Parigi che alimenterà più di un milione di case entro il 2020 con energia pulita e conveniente.
La Scozia ha aperto il primo parco eolico galleggiante al mondo.
Ma esistono anche molti altri segnali di speranza: i paesi ricchi di combustibili fossili, come gli Stati del Golfo e la Norvegia, stanno esplorando modi per diversificare le loro economie.
L’Arabia Saudita sta investendo molto nelle energie rinnovabili per passare da un’economia petrolifera a un’economia energetica ad ampio raggio.
Ci sono anche altri segnali promettenti che ci raccontano come le aziende si stiano “svegliando” di fronte ai benefici dell’azione per il clima. Più di 130 delle più grandi e influenti aziende del mondo pianificano di alimentare le loro attività con il 100% di energia rinnovabile. Diciotto multinazionali si sposteranno verso flotte di veicoli elettrici, più di 400 imprese svilupperanno obiettivi basati sulle ultime scoperte scientifiche per gestire le loro emissioni. Una delle maggiori compagnie assicurative del mondo – l’Allianz di Monaco di Baviera – ha deciso di smettere di assicurare le centrali elettriche a carbone.
Anche gli investimenti stanno cambiando. Più di 250 investitori, in rappresentanza di 28 trilioni di dollari di attività, hanno aderito all’iniziativa Climate Action 100+ e si sono impegnati a collaborare con gli emettitori di gas a effetto serra più grandi del mondo per migliorare le loro prestazioni climatiche e garantire emissioni pulite.
Guterres ha sottolineato come molti di questi esempi saranno mostrati questa settimana durante l’importante Global Climate Action Summit che è stato convocato a San Francisco dal Governatore Brown in California. «Tutti i pionieri che ho citato hanno intravisto il futuro. Stanno scommettendo sul verde perché capiscono che questa è la via della prosperità e della pace su un pianeta sano. L’alternativa è un futuro oscuro e pericoloso. Questi sono tutti passi importanti. Ma non lo sono ancora abbastanza. La transizione verso un futuro più pulito e più verde deve accelerare. Nel prossimo decennio possiamo ipotizzare che il mondo investirà circa 90 trilioni di dollari in infrastrutture: dobbiamo assicurarci che quell’infrastruttura sia sostenibile o assisteremo ad un futuro pericoloso e altamente inquinante. Ma perché ciò accada, i leader del mondo devono intensificare la loro azione. Il settore privato, per sua natura, è pronto a muoversi, e molti lo stanno facendo. Ma spesso la mancanza di un’azione decisiva da parte dei governi sta causando incertezza nei mercati e preoccupazione per il futuro degli Accordi di Parigi. Non possiamo permettere che questo accada».
Le tecnologie esistenti ci offrono già oggi carburanti più puliti, materiali da costruzione alternativi, batterie migliori e progressi nell’agricoltura e nell’uso del suolo. Queste e altre innovazioni possono avere un ruolo importante nella riduzione delle emissioni di gas serra, quindi, a detta del Segretario, possiamo raggiungere gli obiettivi di Parigi, a patto però che i governi pongano fine alle sovvenzioni dannose nei confronti dei combustibili fossili e istituire invece quello che gli esperti definiscono un “prezzo del carbonio” che rifletta il vero costo delle emissioni inquinanti di gas serra e incentivi la transizione dell’energia pulita. «Amici, ho parlato dell’emergenza che affrontiamo, dei benefici dell’azione e della fattibilità di una trasformazione rispettosa del clima».
“È un dovere morale”
Esiste un’altra ragione per agire e il segretario Guterres non ha dubbi, come già il suo predecessore BanKi-moon: è un “dovere morale”. «Le nazioni più ricche del mondo sono quelle maggiormente responsabili della crisi climatica, eppure gli effetti vengono percepiti, prima e con effetti peggiori, dalle nazioni più povere e dai popoli e dalle comunità più vulnerabili. Constatiamo già questa profonda ingiustizia nell’intensificarsi degli eventi meteorologici estremi e sempre più potenti e nell’aumento di siccità devastante. Le donne e le ragazze, in particolare, pagheranno il prezzo – non solo perché le loro vite diventeranno più difficili, ma perché, in tempi di disastro, le donne e le ragazze devono sempre soffrire in modo sproporzionato. Le nazioni più antiche devono quindi non solo ridurre le loro emissioni, ma agire di più per garantire che i più vulnerabili possano sviluppare la necessaria capacità di resistenza per sopravvivere al grave danno che queste emissioni stanno causando loro. È importante notare che, poiché il biossido di carbonio ha vita lunga nell’atmosfera, i cambiamenti climatici che stiamo già vedendo continueranno a persistere anche nei decenni a venire. È necessario perciò che tutte le nazioni individuino le modalità di adattamento e che i più ricchi assistano i più vulnerabili».
Avviandosi alla conclusione, Guterres condivideva con i presenti alcuni passi futuri: «Amici cari, questo in sintesi è il messaggio che vorrei esplicitare per chiarire l’argomento ai leader mondiali quando li incontrerò questo mese all’Assemblea Generale di New York. Racconterò loro che il cambiamento climatico è la grande sfida del nostro tempo. Grazie alla scienza, ne conosciamo le dimensioni e la natura. Quello che abbiamo in mano sono l’ingegno e le risorse e gli strumenti per affrontarlo. E spetta ai leader guidare la lotta al cambiamento climatico. Abbiamo gli incentivi morali ed economici per agire. Ciò che ancora manca – ancora oggi, anche dopo Parigi – è la leadership, e la consapevolezza dell’urgenza in vista di un autentico impegno per una decisiva risposta multilaterale».
Decisivi alcuni incontri internazionali in attesa di COP24
Il segretario dell’ONU ha ricordato poi i negoziati per gli orientamenti di attuazione dell’accordo di Parigi che si sono conclusi il 9 settembre a Bangkok con alcuni progressi, ma «non ancora abbastanza».
Il prossimo momento chiave è atteso in Polonia a dicembre (COP 24), di qui un appello: «Chiedo ai leader di approfittare di ogni opportunità, da ora in poi, al G7, ai raduni del G20 e alle riunioni dell’Assemblea Generale, della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, per risolvere i punti critici. Non possiamo permettere che a Katowice si ripeta quanto accaduto a Copenhagen nel 2009 (COP 15). È venuto il momento in cui i nostri leader dimostrino di avere a cuore le persone il cui destino è nelle loro mani. Abbiamo bisogno che mostrino loro che si preoccupano del futuro, oltre che del presente. Ecco perché sono così contento di avere una così forte rappresentazione di giovani tra il pubblico di oggi».
«È imperativo che la società civile – i giovani, i gruppi femminili, il settore privato, le comunità di fede, gli scienziati e i movimenti di base in tutto il mondo – chiedano ai loro leader di renderne conto». Poi un’espressione non così scontata: «Chiedo, in particolare, la leadership delle donne. Spesso, quando le donne hanno il potere di guidare, diventano i driver delle soluzioni».
Non c’è niente da cui dipenda il nostro futuro più della sfida climatica: mantenere il riscaldamento del nostro pianeta ben al di sotto dei 2 gradi è essenziale per la prosperità globale, il benessere delle persone e la sicurezza delle nazioni».
Poi l’annuncio della convocazione nel prossimo mese di settembre 2019 di un Vertice delle Nazioni Unite sul clima per portare l’azione sul clima ai primi posti dell’agenda internazionale. Il vertice cadrà esattamente un anno prima della verifica degli impegni climatici nazionali ai sensi dell’Accordo di Parigi.
A tal fine, ci si concentrerà sulle aree che sono al centro del problema – i settori che creano più emissioni e le aree in cui la resilienza degli edifici farà la differenza più grande in modo da offrire ai leader e ai loro partner l’opportunità di dimostrare una reale azione sul clima e mostrare le loro ambizioni. «Riuniremo i protagonisti dall’economia reale e dalla politica reale, inclusi i rappresentanti di trilioni di dollari di attività, sia pubbliche che private. Voglio sapere come fermeremo l’aumento delle emissioni entro il 2020 e come saremo capaci di ridurre drasticamente le emissioni per raggiungere gli obiettivi fissati entro la metà del secolo. Abbiamo bisogno che le città e gli stati passino dal carbone al solare e al vento, dal “bruno” all’energia verde. La nostra grande città ospitante, New York, sta compiendo passi importanti in questa direzione e collabora con altre municipalità per stimolare il cambiamento».
“Occorre agire al più presto”
La strada è tracciata: abbiamo bisogno di maggiori investimenti e innovazione nell’efficienza energetica e nelle tecnologie di energia rinnovabile attraverso edifici, trasporti e industria. E abbiamo bisogno dell’industria del petrolio e del gas per rendere i loro piani aziendali compatibili con l’accordo di Parigi e gli obiettivi di Parigi.
Occorre anche che il sistema alimentare globale possa assicurarci di coltivare il nostro cibo senza limitazioni e occorrono catene di approvvigionamento alimentare sostenibili che riducano le perdite e gli sprechi. È necessario arrestare la deforestazione e ripristinare terre degradate. Accelerare rapidamente la tendenza al finanziamento verde da parte delle banche e degli assicuratori e incoraggiare l’innovazione nei settori finanziario e negli strumenti di debito per rafforzare la resilienza delle nazioni vulnerabili, come i piccoli stati insulari del Pacifico, e rafforzare le loro difese contro i cambiamenti climatici.
Ma, soprattutto, «abbiamo bisogno che governi, industria e società civile leggano la stessa pagina».
Per questo obiettivo Guterres chiama in causa la responsabilità della società civile, e in particolare i giovani, per un’autentica campagna d’azione a favore del clima. «Eleviamo i nostri punti di vista, costruiamo coalizioni e facciamoci ascoltare dai nostri leader. Impegno me stesso e tutte le Nazioni Unite in questo sforzo. Sosterremo tutti i leader che sono all’altezza della sfida che ho delineato oggi».
E, in conclusione, un accorato appello a tutti: «Amici, non è troppo tardi per cambiare rotta, ma ogni giorno che passa significa che il mondo si scalda un po’ di più e il costo della nostra inerzia sale. Ogni giorno in cui non riusciamo ad agire è un giorno che ci avviciniamo un po’ di più verso un destino che nessuno di noi si augura, un destino che si ripercuoterà sulle generazioni a venire per il danno arrecato all’umanità e alla vita sulla terra. Il nostro destino è nelle nostre mani. Il mondo conta su tutti noi per affrontare la sfida prima che sia troppo tardi. Conto su tutti voi».
Solo una considerazione a margine: il segretario generale dell’ONU sembra parlare in parallelo a papa Francesco e alla sua enciclica sociale. Siamo capaci di fare altrettanto nelle nostre comunità?