Molti sono gli stimoli per pensare al dopo Covid-19, non ultimo l’articolo di Fabrizio Mandreoli Ripartire, alcune priorità (pubblicato su Settimana News il 26/04/2020). La mia prospettiva in questo contributo sarà più legata alla dimensione sociale, che è comunque essenziale per l’evangelizzazione, come ci ricorda papa Francesco[1].
La richiesta che ci viene dalla sua esortazione Veritatis gaudium è quella di offrire alla Chiesa “in uscita” dei luoghi dove iniziare a «cambiare il modello di sviluppo globale e ridefinire il progresso: il problema è che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade»[2].
La pandemia legata al Covid-19 rende tale processo di transizione non solo urgente ma necessario. Per portare il Regno in mezzo a noi si deve infatti coinvolgere il popolo intero, non solo il singolo e la sua relazione personale con Dio[3].
Tre ambiti, nuovi processi
La parabola degli operai inviati alla vigna di Matteo 20 presenta il padrone con un unico obiettivo: dare l’opportunità a tante più persone possibile di avere una vita degna attraverso il loro lavoro; il finale presenta l’incapacità di godere della felicità degli altri: un fallimento notevole. Per l’attuale crisi ne derivano due obiettivi: rendere la vita altrui più degna, con ogni risorsa; saper godere della felicità altrui.
Non è scontato che il ritornello Tutto andrà bene si realizzi. Gli attuali leader sapranno interpretare correttamente il loro ruolo? riusciremo a vivere la solidarietà sempre? Sembriamo molto toccati dal dolore oggi, solo perché ora è anche nostro. Nella storia recente gli eventi traumatici sono serviti alle élites per consolidare il loro potere e le loro ricchezze[4]. Tutto andrà bene anche per le emergenze migranti o la guerra in Siria?
Dovremo cambiare modo di vivere, di rapportarci, di amarci, di lavorare. Tre sono gli ambiti in cui attendersi nuovi processi da avviare: economia, politica e ambiente.
Economia
Iniziando con l’economia[5], non vorrei sbilanciarmi troppo sulle cifre, ma è ipotizzabile che il PIL italiano nel 2020 diminuisca di oltre il 10% e che la disoccupazione nazionale arrivi almeno al 15%. Le intuizioni di un pensatore geniale come Bernard Lonergan ci offrono alcuni elementi preziosi per ricostruire:
- Il profitto deve diventare un dividendo sociale; è una scelta morale.
- Il problema più grande non è l’avidità ma l’ignoranza: «Occorrono uomini attenti, intelligenti, ragionevoli e responsabili»[6], protesi alla democrazia e toccati da una guarigione soprannaturale e da uno sforzo educativo ampio e di lungo periodo. La storia si trasforma solo «con la nostra libera cooperazione nella forma della creatività umana»[7].
- «Si deve radicalmente trasformare l’auto-interesse illuminato, da egoismo calcolatore presente anche nell’interesse personale rettamente inteso di Tocqueville, in amore di sé rettamente ordinato e aperto al dono dell’amore di Dio»[8].
- «La persona umana in società è fine di tutta l’attività economica, del sistema produttivo»[9].
Se il profitto deve essere interpretato come dividendo sociale, allora anche la tassazione dev’essere totalmente ricompresa; anzi, ribaltata. Il punto è definire quanto (e come!!!) deve essere investito per vite dignitose (istruzione, salute, casa, lavoro) e impostare le aliquote in base a questo livello di spesa. Non possiamo lasciare la spesa per il welfare ai livelli di un’entità residuale. Promettere di abbassare le tasse è un inganno: si aiutano i ricchi e si condannano i poveri a vite non custodite. Le tasse devono aumentare come ammontare complessivo, e l’aumento deve essere a carico dei più ricchi e dei possessori di capitale.
Gli Stati e l’Europa
Se al centro va collocata la persona, ogni sforzo deve essere fatto non solo per fornire mezzi per vivere, ma anche per offrire la possibilità di contribuire al bene comune col proprio lavoro. L’attuale globalizzazione ha distrutto esistenze[10]; neppure lo Stato nazionale è esente da responsabilità gravissime; è necessario ricomprendere il rapporto locale-globale alla luce di nuovi paradigmi, che tengano conto delle condizioni economiche e sociali di ogni regione[11]. L’Unione Europea, un mercato vastissimo ma ancora chiamato a far sviluppare le singole regioni, dev’essere un esperimento cui si possa guardare per come vive e interpreta solidarietà e collaborazione.
L’Europa deve invertire la rotta nelle politiche di austerità le quali, come dimostrano i fatti, si basano su un fraintendimento economico di fondo e hanno sempre ritardato se non impedito la ripresa, cancellando investimenti pubblici fondamentali. La politica di bilancio è molto più efficace per favorire la crescita di tutte le manovre consuete delle banche centrali, come ridurre il tasso di interesse o l’allentamento quantitativo[12].
L’indebitamento degli Stati deve essere reinterpretato: essendo in presenza di una crisi sia di domanda sia di offerta occorre uno stimolo e un aiuto senza precedenti. La crisi contemporanea di domanda e offerta è un caso quasi unico nella storia: «In tale contesto, l’iniezione di liquidità è tanto necessaria quanto insufficiente. […] Solo lo Stato, perciò, può creare nuovi posti di lavoro capaci di assorbire la massa di dipendenti che, quando usciranno finalmente di casa, scopriranno di aver perso il lavoro»[13]. Ogni Stato dovrà capire dove è più opportuno creare posti di lavoro.
Occorre, quindi, ricomprendere il ruolo della spesa pubblica (anche nell’UE), uscendo dall’ideologia che la relega ai margini dell’economia. Lo Stato moderno è il motore dell’innovazione in molti settori. L’economista Mariana Mazzucato invoca uno Stato imprenditore, banche di investimento pubbliche capaci di fornire capitali pazienti di lungo periodo, investimenti in progetti di infrastrutture e innovazione a più alto rischio[14]. Le privatizzazioni, infatti, hanno creato oligopoli e lobby, indebolendo la democrazia economica. Occorre tornare a spendere per la salute, la scuola, la ricerca e l’Università; e anche per tutte le infrastrutture che sono necessarie, a partire dalle telecomunicazioni fino ai trasporti.
Altro capitolo dell’economia è la lotta alle disuguaglianze; è chiaro che la disuguaglianza soffoca l’economia, abbattendo i consumi[15].
Va studiato inoltre che cosa significhi lavorare oggi: un lavoro per tutti, come si desiderava nell’Italia degli anni Cinquanta, è oggi impensabile. E non solo per le tecnologie che distruggono posti di lavoro[16]. Bisogna consentire, a chi lo desidera, di vivere la cura dei propri familiari con retribuzioni adatte. Se più famiglie fossero state nelle condizioni di ospitare in casa i propri anziani, non avremmo avuto gli scandali di persone arricchitesi con le RSA e di persone morte per incuria nelle stesse strutture.
Va, inoltre, definito, cosa possa significare affrontare la crisi con livelli di disoccupazione terribili: ogni risorsa va spesa per creare lavoro. Bisogna aiutare a sviluppare imprenditorialità diffusa e sociale[17].
Politica
Per quanto riguarda la politica, è evidente la differenza qualitativa dei dibattiti pubblici, rispetto agli anni della Costituente. La formazione dei politici non è a livello della crisi odierna; e soprattutto nessuno ha davvero la percezione del bene comune; ogni difficoltà è usata per infangare e lucrare rendite elettorali. Abbiamo anche bisogno di una seria riflessione sulla democrazia; tante persone hanno nostalgia di dittature del nostro passato, e si percepisce anche l’invidia per paesi che affrontano le emergenze con controlli più stringenti e severi, dove si abdica ai diritti sulla privacy per ottenere più sicurezza.
È un bivio molto pericoloso. Anche in Italia si è persa, in qualche misura, la percezione della bellezza e l’importanza della democrazia, forse perché sembrano più potenti Stati non democratici (Cina, Turchia, Russia e forse USA), forse perché le democrazie liberali alla fine non riescono davvero a tutelare i diritti dei più poveri.
Anche la nostra Costituzione (probabilmente per i ritocchi successivi, come la riforma del Titolo V) permette che qualcuno sia dimenticato, che le disuguaglianze crescano, che il welfare non sia adeguato, che la frattura Nord/Sud sia sempre più insopportabile: abbiamo bisogno di un costruire la democrazia sostanziale, non solo nella lettera, ma soprattutto nel cuore e nella mente di tutti i cittadini[18].
Ambiente
Infine, l’ambiente: in questi giorni stiamo contemplando ovunque mari puliti e cieli tersi, aria respirabile e il ritorno di animali in luoghi improbabili. Ma la ripresa economica non terrà conto dell’ambiente, perché si dovrà fare in fretta e a costi bassi. Torneremo a un inquinamento più devastante di prima.
Tra l’altro, il prezzo del petrolio drasticamente ridotto distrugge ogni appetito verso il passaggio alle energie rinnovabili. Con le nostre scelte abbiamo la possibilità di reimpostare lo stile di vita su temi come il cibo, l’acqua, l’energia e i trasporti; pensavamo di poter essere la mattina a Parigi, la sera a New York e il giorno dopo a Pechino. Che le fragole a marzo fossero necessarie. Eppure…
Quindi una transizione è possibile. Molte imprese del petrolio sono in crisi: accompagniamole alla chiusura (con tutte le attenzioni ai dipendenti, meno verso i detentori di capitale) e disegniamo un nuovo modo di vivere la casa comune. È obbligatorio.
Concludo citando un articolo della nostra Costituzione che potrebbe essere come un monito riassuntivo: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica [33, 34]. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione» (art. 9). È un articolo che intreccia il passato (cultura), il presente (paesaggio) e il futuro (ricerca) e delinea per l’Italia la prospettiva di uscita da molte difficoltà che incontreremo.
Questi ambiti sono quelli in cui si potrebbero creare (facendo crescere il bene comune) molti posti di lavoro (ad esempio, col turismo). Ma tutti sappiamo che sono tra i capitoli di spesa su cui abbiamo fatto più tagli, assieme alla salute. È ora di scegliere politici e politiche che avviino processi inversi e contrari. Possibilmente ostinati.
[1] Cf. Evangelii gaudium, 176
[2] VG, 3.
[3] Cf. Evangelii gaudium, 180
[4] Cf. N. KLEIN, Shock Economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri, Rizzoli, Milano 2008.
[5] Cf. M. PRODI, Per una nuova umanità, Cittadella, Assisi, 2018 e M. PRODI, Rigeneriamo il mondo, Cittadella, Assisi 2019. Lo dico con un certo sgomento: alcune cose necessarie le sapevamo già: peccato.
[6] F.G. LAWRENCE – N.A. SPACCAPELO – M. TOMASI, Il teologo e l’economia. L’orizzonte economico di B. Lonergan, Armando, Roma 2009, 133.
[7] F.G. LAWRENCE – N.A. SPACCAPELO – M. TOMASI, Il teologo e l’economia, 135.
[8] Ivi, 135-136.
[9] Ivi, 169.
[10] Alcuni temi (salute e ambiente) dovranno sempre più essere oggetto di decisioni globali.
[11] Su questo, ad esempio, cf. D. RODRIK, Dirla tutta sul mercato globale. Idee per un’economia mondiale assennata, Einaudi, Torino 2019.
[12] Cf. L.R. WRAY – Y. NERSISYAN, Capire la moneta e la politica macroeconomica, in M. MAZZUCATO e M. JACOBS, Ripensare il capitalismo, Laterza, Bari-Roma 2017.
[13] G. GIRAUD, «Per ripartire dopo l’emergenza Covid-19», in Civiltà Cattolica, Quaderno 4075 (2020), 7-19.
[14] Cf. M. MAZZUCATO, «L’innovazione, lo Stato e i capitali pazienti», in M. MAZZUCATO – M. JACOBS, Ripensare il capitalismo, Laterza, Bari-Roma 2017. Gli investimenti pubblici hanno un effetto leva sui capitali privati, aumentano la crescita e l’occupazione e abbattono il debito pubblico.
[15] Cf. J. STIGLITZ, Il prezzo della disuguaglianza. Come la società divisa di oggi minaccia il nostro futuro, Einaudi, Torino 2014.
[16] Bisogna mettere in conto che alcuni problemi derivanti dal virus potrebbero essere risolti con la sostituzione di uomini con robot; forse questo incrementerà un fenomeno già in atto.
[17] Cf. M. YUNUS, Un mondo a tre zeri. Come eliminare definitivamente povertà, disoccupazione e inquinamento, Feltrinelli, Milano 2018.
[18] Cf. G. DOSSETTI, Democrazia sostanziale, Zikkaron, Marzabotto (BO) 2017.