La questione del velo femminile come attestazione della propria appartenenza islamica attraversa l’Europa e ravviva i sospetti. Eppure il capo femminile coperto può avere molti significati (cf. Il velo e oltre; Dal burkini agli avverbi su SettimanaNews). Una serie di pubblicazioni e inchieste, in Francia e altrove, indicano alcuni punti di interpretazione, in particolare per le giovani musulmane che vivono in Europa.
Sotto il velo non c’è soltanto una pressione sociale di periferie e quartieri abitati in prevalenza da musulmani o degli usi familiari che obbligherebbero le giovani a uniformarsi alla tradizione. Vi è dell’altro.
Dimensione religiosa e identitaria
Anzitutto una dimensione religiosa. Contrariamente a quanto succede per le altre fedi (in particolare cristianesimo) le giovani generazioni musulmane, in modo specifico le donne, attestano di una riscoperta del cammino spirituale e del Corano. Vi è un desiderio di ritrovare Dio e di vivere la propria fede, anche in famiglie largamente secolarizzate e non frequentanti.
In secondo luogo vi è una protesta identitaria. Vi sono giovani che hanno indossato il velo a partire dalla tendenza sociale anti-islamica avviata dalle stragi del 2001 e quelle successive. Rispetto alla pressione sociale il velo costituisce un segno di resistenza: non tutte siamo terroriste e non dismettiamo la nostra storia né la nostra identità. In terzo luogo è una affermazione di sé. Davanti alla colpevolizzazione generalizzata dell’islam la giovane protesta la propria indipendenza: non è vero che sono sottomessa, io sono me stessa.
Segno di riscatto
Ma non basta. Talora il velo costituisce una sorta di bilanciamento. Le giovani conoscono la scolarizzazione di tutti, hanno davanti a sé le attese di riuscita professionale e di integrazione che le precedenti generazioni non potevano avere. Sono brave e spesso meglio di altre coetanee autoctone, perché conoscono la fatica del riscatto. Per loro il velo è una specie di contrappeso alla volontà di piena integrazione.
Il velo costituisce anche un denuncia di un pansessualismo che segna la comunicazione pubblica in Occidente. Attraverso il foulard le giovani musulmane protestano contro pratiche sessuali troppo disinvolte e pubbliche, una libertà di costumi che mette in questione la differenza fra uomini e donne e, indirettamente, fa riemergere una nuova schiavitù.
Segnale all’Europa
Simili letture e interpretazioni arrivano a fare del velo un segnale dell’islam europeo, un elemento della nuova identità delle generazioni musulmane che declinano in maniera personale la fede, si sentono parte dell’Occidente, ma non rinunciano alla propria identità.
Suonano un po’ datate e deboli le affermazioni di un testo dell’Osservatorio della laicità francese – peraltro molto equilibrate – pubblicato il 3 ottobre. Nella dichiarazione si dice: «I cittadini possono meglio riconoscersi reciprocamente e accettare le loro differenza quando aderiscano ai valori della Repubblica. La laicità connette e rafforza l’unità della nazione. Essa si oppone a tutto ciò che divide e separa. È un fattore di unione e di concordia nazionale e contribuisce così all’ideale repubblicano della fraternità». Le distanze non sembrano ancora colmate.